Negli States si contano diverse città con il nome di Rome – e molte più persone che di Roma non conoscono neanche l’esistenza.
Per esse probabilmente Roma antica è unicamente rappresentata dalle figurine da cartoon dell’antico romano con toga oppure lorica e spadino di ordinanza – figurine che molti americani collocano in una dimensione in cui abitano anche gli eroi di Star Trek e magari Topolinia.
Ma questo non c’entra nulla.
Fatto è che la storia del West, che è una storia di occupazione di spazi quasi disabitati e depredazione di ricchezze enormi (che è poi la storia degli Usa) si fa concludere e culminare nel 1889.
Con la corsa alla terra dell’Oklahoma, che vide la partecipazione di 100.000 persone in competizione per una quantità di lotti di terra messi in palio appositamente.
Diversi concorrenti, soprattutto quanti avevano mezzi finanziari a sufficienza e adeguata insufficienza di scrupoli, ingaggiarono squadre di sgherri per accaparrarsi i terreni in anticipo o per strapparli a coloro che li avevano regolarmente preceduti.
Come spiega Wikipedia, è da queste circostanze che deriva il nomignolo dell’Oklahoma, cioè The Sooner State (lo Stato di quelli che sono arrivati prima).
Ci vorrebbe un Wenders, peraltro, per raccontare il senso profondo della vita, malinconica e senza rotta, ma esposta a tante noiose disavventure, del Far West in cui si è trasformata la Roma di questi anni.
Ma se il West è o meglio, è stato raccontata nel cinema americano, come lo spazio simbolico (e reale?) in cui la Legge si è affermata sulla forza bruta – proprio attraverso la forza bruta e la fede nella giustizia – allora esso parla anche ai romani di oggi.
Si veda la questione dei “ragazzi del cinema America”.
Essi, sull’esempio di tanti altri che li avevano preceduti, hanno – a mio vedere molto meritoriamente – reagito alla trasformazione della città di Roma in un luna park della speculazione, perseguita tenacemente da decenni di governo delle sinistre.
Hanno infatti prima occupato e vivacizzato con tante attività sociali gli spazi del vecchio e cadente cinema America, nel cuore di Trastevere.
In seguito, hanno ottenuto uno spazio più piccolo nelle vicinanze, l’ex cinemino di quartire che ora si chiama Sala Troisi di cui di recente hanno meritato la gestione.
Parallelamente, da 4 anni organizzano proiezioni cinematografiche e trasmissioni di partite di calcio nella piazza di San Cosimato, nella stessa zona storica della città.
Tutto quanto, all’insegna di slogan venati di libertarismo, anarchismo, anticapitalismo, e in contestazione della sinistra postideologica o sedicente tale, rappresentata dal Pd.
Insomma: se il gioco del capitalismo è truccato, perché i governi (e le sindacature) sono soltanto “comitati d’affari della borghesia” – e se di sale come quelle del cinema America si voglion fare alberghi di lusso, centri commerciali o sale slot ovverosia luogo dove spacciare ludopatie – allora gruppi come i ragazzi del cinema America infrangono le regole e si trasformano in tanti Robin Hood.
O se continuiamo nella metafora western: in tanti cavalieri liberi e selvaggi – per non dire, in tanti Geronimo irriducibili e ribelli.
Infatti Roma per come è oggi – con tutti i suoi problemi, con tutti i suoi malumori – è il risultato di una gestione dissenata portata avanti da sinistre e destre negli ultimi decenni.
Pensiamo alla gestione dei servizi.
In tante situazioni, nel campo delle attività culturali, come nell’ambito delle gare d’appalto per strade e infrastrutture, o per la cura del verde, o perl’affidamento di servizi sociali, il cancro che ha divorato la vita della città di Roma è partito proprio dall’amministrazione.
Che non procedeva a bandire gare pubbliche e trasparenti, ma ad affidamenti diretti, opachi, minati dai conflitti d’interesse degli amministratori.
Si veda l’esperienza di Buzzi e Mafia capitale : in cui gente svelta di lama e pistola e cazzotti, metteva in opera le strategie di occupazione degli spazi e di erosione dei beni comuni progettata da politici e soprattutto dirigenti senza vergogna.
Il cambio di governo è arrivato come una piena irrefrenabile, e adesso in Campidoglio ci sta Virginia Raggi.
Non staremo a citare le infinite polemiche che riguardano lei e la sua gestione, ma notiamo che ben pochi riconoscono che un tratto distintivo della nuova amministrazione – in coerenza col programma elettorale – è rappresentato dal voler mettere a bando qualsiasi affidamento o concessione.
Compresi gli spazi di san Cosimato, in cui l’associazione “Piccolo cinema America” organizzava – in modalità svincolate da molti parametri amministrativi – le attività di cui sopra.
Ora quello spazio, come altri, sono stati inseriti nel bando generale dell’Estate Romana, pubblicato per impulso del vicesindaco e assessore alla Cultura Luca Bergamo.
Figura che nessuno può accusare di rozzezza dialettica e culturale, e peraltro già protagonista della vita culturale e amministrativa in epoca rutellian-veltroniana.
Ma ecco che scoppia la polemica : il gruppo dell’America, nella persona del suo leader Valerio Carocci, contesta la decisione e rifiuta di partecipare la bando.
Sostiene che si tratti di una sorta di scippo, infatti.
E che il Comune agisca con malanimo e malafede.
Pretendendo che la piazza di san Cosimato venga assegnata direttamente alla loro associazione che già da 4 anni organizza eventi in quel luogo.
Ora, io non starò neanche a menzionare, fra le tante cose, il principio di buona amministrazione per cui l’affidamento di servizi e spazi dovrebbe essere governato anche dal criterio della rotazione- proprio per non favorire il consolidarsi di situazioni di forza e vantaggio.
Che poi è proprio il modo in cui, in ogni contesto, funziona il capitalismo.
Cioè: mi ganantisco una posizione di forza, e da lì mi avvantaggio in vista di ulteriori acquisizioni sempre più irresisitibili – in spregio al bene comune e ai più deboli.
Però mi domando: l’atteggiamento dei ragazzi dell’America, non è un atteggiamento larvatamente predatorio, proprietario, in definitiva molto più vicino alla condotta di coloro che essi affermano di combattere, che a coloro cui invece dichiarano di ispirarsi?
Insomma: a leggersi le dichiarazioni rilasciate da Carocci e compagni in merito alla vicenda, sembra che considerino san Cosimato roba loro.
3000 anni di storia, non si possono però appaltare in toto, a seguito di 4 estati di eventi pubblici, per quanto molto belli.
A questo, si aggiunge che obiettivamente essi, nel tentativo di appoggiarsi all’opposizione rappresentata in Campidoglio dal Pd, rischino di farsi strumentalizzare proprio da coloro che in precedenza sembravano voler contestare e tacciare di “tradimento” dei valori della sinistra.
Dell’ autentica sinistra.
Ma insomma, veniamo al vero tema di questo articolo: quali sono questi valori?
Libertà ed uguaglianza.
La libertà del Far West, in cui non c’era uguaglianza, perchè era la libertà di arrivare per primi e prendersi tutto;
o l’uguaglianza che nasce dal sentimento che esistono cose che sono di tutti, comuni a tutti, in primis le piazze storiche, e le regole della vita civile?
Valori e beni che sono da conisderare garanzie per chi non riesce, o non vuole, fare una corsa per arrivare “per primo”.
Gemma Guerrini, consigliera grillina in commissione Cultura, ha stigmatizzato il comportamento del cinema America, pubblicando su Facebook un discorso piuttosto confuso.
E’ stata pertanto indotta alle dimissioni, per aver messo in difficoltà il suo partito in una fase delicata come questa, soprattutto in quanto ha definito lo schieramento del mondo cinematografico italo-romano, tutto dalla parte dell’associazione del cinema America(con dichiarazioni di Verdone, Bertolucci e via di seguito), una maniera di porsi sostanzialmente “feticista”.
Il feticismo si dimostrerebbe nello sdilinquirsi di fronte alla serie di eccellenti proiezioni di film classici da parte di quell’associazione.
Vecchi film che sostanzialmente una certa sinistra pregia, oltremodo, senza considerare il contorno (per esempio, a suo dire, il chiasso e l’invivibilità che caratterizzano la piazza in quelle serate).
Un modo così rozzo di porsi non poteva che comportare un dazio pesante – la dissociazione dei grillini dalla consigliera in questione.
Ma a ben vedere, io credo che dietro un modo di esprimersi così involuto ed emotivo, esista una logica.
Portremmo dire che : porre di fronte ad ogni altra considerazione (come quelle che abbiamo illustrato poc’anzi) il solo fatto che dei ragazzi abbiano con intraprendenza e competenza, messo in opera una valorizzazione del grande cinema dell’epoca d’oro della nostra storia, pregiare quell’unico fattore in spregio ad ogni altro valore, sia un tratto distintivo di una certa sinistra – non solo politica, ma intellettuale – che non riconosce più la città e il mondo in cui effettivamente vive.
Davvero, fra le parole, gli slogan, i valori sbandierati – e i fatti o i comportamenti concreti, sembra esserci una grande distanza.
Così come fra i valori intrinseci dell’attività culturale, e il contesto sociale ed economico in cui tale attività si colloca.
E’ diventato un refrain quello per cui il distacco fra sinistra (o addirittura, valori democratici e di progresso) e popolo, sia dovuto a ragioni di arretratezza intellettuale del medesimo popolo.
Insomma, in soldini: gli ignoranti non votano più a sinistra, proprio perché è di sinistra essere intellettuali – mentre è del popolo essere ignoranti e retrogradi.
Ma se invece fosse proprio il mondo intellettuale ad aver smarrito le ragioni più profonde, più squisitamente politiche, dell’impegno culturale? E sia invece per questo che la sinistra, identificata col mondo dell’arte e della culturae della scienza, non riesca più a mantenere un filo di comunicazione e anzi una vera egemonia, nei confronti dei ceti popolari?
Ridurre tutto alla formula del radical-chic vorrebbe dire dar ragione a intellettuali, non a caso, di destra come Tom Wolfe e i suoi successori.
Ma sentir dire, come capita da tempo, che in buona sostanza gli ignoranti non dovrebbero poter votare, ricorda le destre che ben prima di ogni Tom Wolfe comandavano : all’epoca in cui solo pochi, colti e abbienti, potevano votare.
Non occorre andare troppo indietro: si parla dell’Italia del 1912.
Pensiamo davvero che ripristinare quel regime politico rappresenti un progresso?
Quando si dichiara che Roma dovrebbe bandire una gara, ma per reclutare un nuovo assessore, non si dimentica forse che quell’assessore è stato scelto proprio da un sindaco uscito vincitore da una libera elezione popolare?
E che il principio di mettere tutto a bando era nel programma di quel sindaco?
Non è questo vero disprezzo per la democrazia, e per quelle periferie tanto decantate, dove i 5 stelle hanno riscosso masse di voti?
Insomma: Gemma Guerrini ha dimostrato una rozzezza indifendibile.
E, paradosso dei paradossi, è stata la rozzezza di una paleografa professionista – quindi, un intellettuale, come tale al di sopra di ogni sospetto, a sentire quei molti che considerano il potere degli ignoranti come il primo problema del mondo moderno.
Ma forse, si è trattata di una rozzezza dell’espressione, e non del concetto, perché il paradosso di cui sopra potrebbe guidarci alla realtà più inconfessabile: la cultura, per la sinistra di oggi, o sedicente tale, è davvero solo un feticcio.
Per il movimento progressista e illuminista, la cultura era uno strumento a vantaggio, indovinate di chi, proprio degli ignoranti.
E la sinistra, contrariamente alla destra, ha individuato nell’ignoranza non una realtà in sé, ma il risultato di qualcosa che la precedeva e spiegava: la povertà, l’ingiustizia e lo sfruttamento.
Se ora invece la cultura diventa (ritorna!) una maniera per stigmatizzare le masse, forse assistiamo realmente a un fenomeno ben considerato dalla psicoanalisi.
E se il feticismo consiste nel rivolgere su un oggetto inanimato l’amore che idealmente si indirizza ad un soggetto con cui non si può o forse non si vuole entrare in contatto – come il cavaliere della Tavola Rotonda che entra in orgasmo a sfiorare il pettine appartenuto ad una dama lontana e intoccabile – allora, nel suo guardare solo alla cultura in quanto tale, all’evento culturale in sé e per sé, senza considerazione per il contesto in cui si colloca : la sinistra di oggi è veramente una sinistra feticista.
Essa quindi si esalta, identificandosi col cavaliere libero e selvaggio del western americano – ma nei fatti si disinteressa dei pellerossa, di cui ruba la terre, perché essi sono non ne sono degni,
a suo dire.
E la conversione ad un capitalismo inconsapevole, e di Roma nell’Oklahoma selvaggio, grazie ai ragazzi del cinema America rischia di essere completata.