Roma. A pochi metri dalla Basilica di San Giovanni, per 60 giorni, sarà possibile visitare La Scala Santa, tornata alla bellezza delle origini.
Finalmente, i gradini della Scala Santa, sono stati liberati da terra e croste, grazie al restauro curato dai Musei Vaticani. Ventotto gradini di marmo proveniente dall’oriente, bianchi con venature grigie, scavati da tutti quei fedeli che le hanno percorse per secoli in ginocchio. Fino al 9 giugno, Pentecoste, sarà possibile ammirarli. Poi torneranno sotto l’apposita protezione in legno. Chiunque vorrà visitarli, dovrà procedere nell’unico modo consentito: in ginocchio.
La Tradizione
Secondo la tradizione, quei gradini furono percorsi da Gesù nel momento in cui Pilato lo condannò a morte. Poi, furono trasportati a Roma dalla madre dell’Imperatore Costantino, Sant’Elena.
Papa Innocenzo XIII nel 1723, decise di proteggere quei gradini così speciali con una copertura di legno. Sono rimasti nascosti sotto quel legno per trecento anni. Oltre alla Santa Scala, anche gli affreschi del cinquecento, voluti da Sisto V, hanno ripreso vita.
«I gradini erano molto consumati, un solco li attraversava tutti, tranne l’ultimo. La spiegazione è che i fedeli, salendo in ginocchio, spingevano con la punta del piede sul gradino sottostante e li hanno erosi pian piano, ad esclusione appunto di quello finale»
Ha spiegato Padre Francesco Guerra, Rettore della Scala Santa.
Il dolore fisico e morale
Nel secondo e nell’undicesimo gradino sono state ritrovate due croci. Nell’undicesimo, il gradino più consumato, Gesù cadde rompendo il marmo con il ginocchio e lasciando, così, una piccola traccia di sangue.
«per i fedeli toccare dove è passato Gesù è un modo per toccare Dio. Salendo in ginocchio i 28 gradini si entra in contatto con il dolore fisico ma soprattutto morale che logora». Continua a raccontare il rettore.
Sulla Scala Santa
«un punto molto forte della temperatura religiosa di Roma. Tutto il mondo nel Medioevo veniva a Roma per osservare le reliquie. Quando Sisto V decise di conservarla, la tradizione era già radicata. Quel Papa, che cambiò completamente il volto della città, chiamò un esercito di pittori per decorare il Santuario. Chi saliva la Scala Santa non solo sentiva solo la sofferenza ma alzando lo sguardo riceveva una efficace catechesi degli sguardi. Se chiudiamo gli occhi ci sembrerà di essere tornati nel Medioevo».
Giulio Cornini, delegato scientifico dei Musei Vaticani.
«Abbiamo messo in evidenza migliaia di dettagli per gli storici dell’arte per documentare la tecnica dei singoli artisti e come incidevano la parete partendo dai cartoni. Sulle pareti sono apparse migliaia di scritte votive. Quando abbiamo tolto il legno è stato emozionante trovare sui gradini coperti da centimetri di terra bigliettini, monete, foto, richieste di grazie ed ex voto lasciati dagli anni Cinquanta in poi da fedeli e pellegrini. Scavando con le mani abbiamo trovato le croci. In quel momento ci è parso chiaro che la Scala dovesse essere mostrata a tutti».
Paolo Violini, coordinatore della squadra impegnata nei restauri.
Sono già migliaia i fedeli, gli autobus, i giornalisti provenienti da tutto il mondo in fila per la Scala Santa. Un avvenimento unico.