Roe v. Wade, la sentenza che, il 22 gennaio 1973, sancì il diritto di abortire per libera scelta.
Siamo negli Stati Uniti, ove, in quegli anni, non esisteva ancora una legislazione federale per l’aborto. La sentenza Roe v. Wade della Corte Suprema divenne quindi un caso, dando vita ad un dibattito che dura ancora oggi.
Nello stato del Texas l’aborto era legale in caso di stupro o incesto. Norma Leah McCorvey, sposata ad un uomo violento e già madre di due figlie, aspettava il terzo figlio, frutto, appunto, di uno stupro. Non esisteva però nessun rapporto della polizia in merito alla violenza subita, di conseguenza il fatto non era legalmente dimostrabile.
Pare che Norma, divenuta poi Jane Roe durante il processo per ragioni di privacy, abbia anche in un secondo momento negato le violenze subite, in cambio di denaro.
Nonostante questo, le avvocatesse Linda Coffee e Sarah Weddington presentarono ricorso alla Corte Distrettuale del Texas, facendosi portavoce dei sostenitori del diritto della donna di abortire per libera scelta. La difesa venne assunta dal procuratore distrettuale Henry Wade. Egli, uscendo sconfitto dal dibattimento, non si arrese e fece ricorso alla Corte Suprema.
Il risultato fu appunto la sentenza Roe v. Wade, del 22 gennaio 1973.
Con 7 giudici a favore e due contrari, anche la Corte Suprema si espresse a favore del diritto della donna. La motivazione della sentenza fu una particolare ma non nuova interpretazione del XIV Emendamento.
Questa riguarda il diritto alla privacy, inteso come diritto alla libera scelta per quanto riguarda le questioni della sfera intima di una persona. In tal senso, il potere di intervento dello Stato nei confronti della persona stessa non è, di conseguenza, illimitato.
Con la sentenza furono enunciati due principi di base.
Il primo di questi due principi stabilisce che l’aborto è possibile per qualsiasi ragione la donna lo voglia, fino al momento in cui il feto non sia in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero materno. Il secondo, invece, che la donna possa decidere di abortire anche dopo la sopravvivenza del feto al di fuori dell’utero, nel caso in cui ci siano pericoli per la sua salute.
I due principi restano tutt’ora validi.
Oggi l’aborto è legalizzato, ma può essere limitato dai vari Stati in diversi modi. Pare, ad esempio, che l’87 per cento delle contee non abbia strutture adatte a questa pratica. Inoltre alcuni programmi sanitari statali possono, a causa dell’Hyde Amendement, non prevedere la copertura di fondi federali per l’aborto negli stanziamenti annuali del Dipartimento della Salute.
Nonostante la Roe v. Wade abbia ormai compiuto quasi 50 anni, ancora si levano voci che si oppongono al diritto della donna di abortire.
Mariarosaria Clemente