Robosexual: fare sesso coi robot e innamorarsene

robosexual

robosexual, conosciuti anche come digisexual, rappresentano l’emergente orientamento sessuale verso gli oggetti tecnologici e digitali. Un movimento che continua a crescere e proporre nuovi modi di vivere la propria sessualità e affettività.

E già si inizia a parlare di diritti per i robosexual, queste persone che apparentemente non hanno bisogno dei loro simili per dare un senso alla propria esistenza. Proviamo a capire da dove nasce questa nuova tendenza, partendo da lontano e andando per ordine:

1968

Partiamo dal rivoluzionario 1968, anno di commercializzazione del primo vibratore. 

1997

Arriva la RealDoll, la prima bambola sessuale gonfiabile, diventata poi una vera e propria tendenza tra uomini particolarmente timidi o con difficoltà di socializzazione. Fu un successo, tanto che alcuni clienti soddisfatti iniziarono a portarsi dietro la propria dappertutto, persino in vacanza. Diventò molto di più che un gadget sessuale e finì per sostituire o affiancare i normali rapporti affettivi con una compagna, come fotografato da quel piccolo capolavoro di Lars and the real girl.

1998

Su un giovanissimo internet, iniziarono a spuntare le prime sex cam, che permisero per la prima volta nella storia dell’umanità di avere una relazione intima con qualcuno in tempo reale attraverso il computer. 

2007

l’I-phone ha dato il via al sexting, la pratica dello scambio di messaggi a sfondo sessuale, comprese le malfamate dick picks (foto dei propri genitali maschili). 

2012

Viene lanciata la app di appuntamenti Tinder, che facilita la comunicazione tra gli utenti interessati a stabilire una relazione o semplicemente fare sesso occasionale.

SEX ROBOTS

2017 

Nasce Harmony, la prima sex-bot, una macchina modellata sul corpo femminile con la capacità di parlare e assumere espressioni facciali. I modelli aggiornati sono fatti di silicone, al tatto molto simile alla pelle umana, e possono simulare un orgasmo – esattamente come una donna in carne ed ossa. Si può anche ordinare la propria versione personalizzata: bionda o mora, alta o bassa, grassa o magra, c’è ne per tutti i gusti.

2018 

Si registra la comparsa della prima sex doll per le donne, Henry, un sex-bot dal bell’aspetto virile, fisico perfetto e dotato di basi linguistiche tanto solide da poterci persino dialogare. Il sex-bot è provvisto di un pene bionico, a detta dei produttori meglio di un vibratore, che a differenza di un uomo potrà andare avanti fino a quando si vuole. Quante soddisfazioni la parità di genere. 

NUOVE FRONTIERE 

Un tizio in Cina non riusciva a trovare moglie, così se ne è costruito una e l’ha sposata. Una storia simile è stata scovata in Francia: una donna ha spiegato di non essere attratta da maschi umani perché la ripudia il contatto pelle a pelle. L’unico suo oggetto di desiderio sono i robot di sesso maschile, così se l’è costruito su misura con una stampante 3d ed ora sono fidanzati. Una donna tedesca dice di essersi innamorata di un Boeing 737– sì, avete capito bene, si è innamorata di un aereo – si “frequentano” da 5 anni e lei sta programmando il matrimonio. In Giappone un uomo di 35 anni è sconfinato nell’immaterialità, sposando l’ologramma di una cyber celebrity.

E’ QUESTO IL FUTURO? 

A questo punto si può parlare di evoluzione della macchina tecno-digitale da oggetto sessuale, atto a soddisfare il mero desiderio fisico, a oggetto affettivo. Si tratta di un legittimo tentativo di riempire il vuoto emotivo lasciato dalle relazioni umane con un compagno di vita artificiale? O è davvero possibile, come sostenuto dai robosexual, provare amore genuino per le macchine? 

Il fenomeno robosexual è in continua ascesa e man mano che si evolve solleva sempre più profonde questioni filosofiche ed etiche. Innanzitutto, è moralmente giustificabile “usare” queste macchine così simili a noi umani a scopi sessuali e affettivi? 

Ma soprattutto, è questo ciò che ci aspetta in futuro?

Gloria Cadeddu

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