La rivalutazione delle pensioni è un argomento di rilievo nella Legge di Bilancio 2024 del governo: tema fondamentale all’interno del panorama economico italiano, riguarda l’adeguamento degli importi pensionistici seguendo l’inflazione e altri fattori economici.
Si tratta di un processo volto al mantenimento di un potere d’acquisto per i pensionati adeguato al momento storico-economico. L’argomento è di una certa rilevanza per alcuni fattori: principalmente si tratta di sostenibilità economica ed equità sociale, questo è essenziale per assicurare una stabilità finanziaria ai pensionati e per tentare di ridurre le disuguaglianza, specialmente per quanto riguarda le pensioni minime. Non bisogna dimenticarne l’impatto politico: le decisioni sulla rivalutazione delle pensioni possono avere ripercussioni politiche di un certo livello.
Di cosa si tratta
La rivalutazione delle pensioni è il processo secondo cui gli assegni pensionistici vengono aggiornati ogni anno in base al tasso inflazionistico registrato dall’Istat. La legge n. 388 del 2000 prevede un adeguamento per le pensioni al 100% fino a tre volte il trattamento minimo, mentre per le fasce superiori la rivalutazioni si aggira tra il 90% e il 75% per gli assegni superiori a cinque volte il minimo.
Secondo i dati ISTAT la rivalutazione ruoterà intorno all’1,6% e per gli assegni più alti le riduzioni saranno più limitate e proporzionali. Per le pensioni tra 4 e 5 volte il minimo, tra i 2.100 e 2.600 euro al mese la rivalutazione sarà al 90%; per quelle tra 5 e 6 volte il minimo, 2.600 e 3.100 il 70%; per le pensioni superiori a 6 volte il minimo, quindi oltre i 3.100, la rivalutazione è prevista al 50%.
Nel 2025 ci si aspetta che la rivalutazione tenga conto di eventuali riforma o modifiche legislative: è importante, perciò, seguire le comunicazioni ufficiali dell’INPS per dettagli precisi, aggiornamenti e eventuali spiegazioni sulla modalità di applicazione.
Impatto Economico
L’impatto economico può essere analizzato sotto vari aspetti.
Come già detto, la rivalutazione delle pensioni è fondamentale perché i pensionati mantengano un certo potere d’acquisto: in un contesto di inflazione, un adeguamento insufficiente delle pensioni può portare ad un aumento della povertà tra le fasce più sensibili della popolazione.
Bisogna considerare l‘impatto sul consumo e una determinata fetta di questo, particolarmente rilevante, nei settori come il commercio al dettaglio e i servizi dove gli anziani rappresentano una parte importante della clientela; inoltre le attese possono influenzare la fiducia dei consumatori e degli investitori, questo può migliorare la loro fiducia economica e incoraggiare il consumo.
Le pensioni in Italia
Cerchiamo di fare chiarezza sul complesso sistema pensionistico italiano, conoscerlo è un buon modo per orientarsi tra le riforme future e la disinformazione, non solo per comprenderne l’importanza, ma anche le sue applicazioni in una società dove per i giovani c’è poco spazio.
Nato intorno al XX secolo con Il Regio Decreto 1898, che istituì il primo ente previdenziale per i lavoratori, ma soltanto dopo la Seconda Guerra Mondiale il sistema ha iniziato a strutturarsi. Sarà con la Costituzione del 1948 che verrà sancito il diritto alla previdenza sociale, riconoscendo l’importanza del welfare per uno sviluppo equo, almeno nella teoria, includendo diverse categoria di lavoratori, sia pubblici che privati.
Il sistema pensionistico italiano è fondamentalmente diviso in tre parti: Pillar I, II e III.
Pillar I – Sistema Pubblico di Previdenza, è il sistema obbligatorio basato su un modello di ripartizione: i contributi versati dai lavoratori attivi finanziano le pensioni attuali. Pillar II – Fondi Pensione Complementari, si tratta di fondi facoltativi che permettono ai lavoratori di integrare la pensione pubblica gestiti o da contratti collettivi, quindi di tipo negoziale, o individuali. Pillar III – Pensioni Private, riguarda le forme di risparmio personale, assicurazioni o conti di risparmio. Quest’ultimo, per ovvie ragioni, è meno diffuso dei primi due.
Negli ultimi anni è celebre la riforma Fornero del 2011, che ha aumentato l’età pensionabile, ridotto i benefici per le pensioni anticipate e ha introdotto nuove modifiche al sistema di calcolo, con lo scopo di tutelare e garantire la sostenibilità del sistema previdenziale.
Il Covid-19 ha messo ancora più in risalto la fragilità del sistema previdenziale italiano, con un aumento della disoccupazione e della precarietà, oltre ad una maggiore pressione per garantire, appunto, un adeguato sostengo ai pensionati.
Le sfide del sistema pensionistico
Forse il problema principale del nostro sistema pensionistico è la sostenibilità a lungo termine: considerando la situazione demografica del paese, quindi l’alto tasso di invecchiamento della popolazione e il calo della natalità, ci sono sempre più pensionati rispetto a lavoratori attivi. Ragionamento base, dunque, non ci sono, e in futuro sarà ancora più drastico, abbastanza persone per pagare tutte le pensioni che, invece, andranno pagate.
Come se non bastasse la situazione demografica, la disoccupazione giovanile, per tornare al discorso del poco spazio che i giovani hanno in questo paese, e la precarietà lavorativa, sempre legata alla stessa categoria, hanno portato ad un abbassamento non indifferente dei contributi pensionistici versati, creando, e qui il misfatto, preoccupazioni per il futuro delle nuove generazioni.
La domanda più diffusa: noi giovani andremo mai in pensione o continueremo a pagarle senza beneficiarne mai?
Di fatto molti giovani lavoratori non sono in grado di accumulare contributi sufficienti, quando pagati, per garantirsi una pensione vagamente dignitosa. Per questo sono necessarie riforme che guardino alla sostenibilità del sistema, soprattutto nei riguardi di quelle fette di popolazione più vulnerabili e delle generazioni future.
Il sistema pensionistico è un fondamento cruciale della nostra società per la sicurezza e il benessere dei cittadini, e come tale richiede un attento bilanciamento tra esigenze attuali e una sostenibilità a lungo termine.
Non resta che incrociare le dita.