Il 3 ottobre 1990, trent’anni fa, i cinque Länder della Germania orientale aderiscono formalmente alla Repubblica Federale Tedesca. È la riunificazione: dopo quarantuno anni di divisione, la nazione tedesca torna ad essere un unico stato.
È soprattutto a causa dei mutati equilibri internazionali della Guerra Fredda che è stato possibile attuare la riunificazione tedesca.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale
Nell’estate del 1945 gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, il Regno Unito e la Francia si riuniscono un’ultima volta con la Conferenza di Potsdam. Durante questo incontro le grandi potenze decidono il finale della Seconda Guerra Mondiale e progettano l’assetto politico del dopoguerra, con particolare interesse circa la situazione della Germania. Gli Alleati dividono l’ex Terzo Reich in quattro zone di occupazione militare: i francesi a sud – ovest, gli inglesi a nord – ovest, gli americani a sud e i sovietici a est. Anche la capitale Berlino, in quanto sede del Consiglio di controllo alleato, viene divisa in quattro settori. L’obiettivo generale è quello di evitare che la Germania ritorni unita, potente e bellicosa.
La guerra fredda e le due Germanie
Questo equilibrio precario crolla con lo scoppio della guerra fredda. La differenza di vedute politiche ed economiche dà origine a due sfere di influenza. Da una parte, quella occidentale e democratica, guidata dagli Stati Uniti. Dall’altra, quella orientale e comunista, con a capo l’Unione Sovietica. La tensione crescente si riflette anche sull’assetto imposto alla Germania.
Nel 1949 i tre settori occidentali si uniscono e formano la Repubblica Federale Tedesca, filo – americana. Viceversa, la zona orientale diventa la Repubblica Democratica Tedesca (DDR), filo – sovietica.
Durante gli anni ’50, sia Stalin che i governanti occidentali propongono tentativi di riunificazione, sempre fallimentari. Si sviluppano così due nazioni. Quella occidentale adotta una politica democratica ed un’economia di mercato. Quella orientale instaura un governo autoritario ed un’economia pianificata di stampo sovietico. Il crescente divario economico tra le due nazioni porta un numero sempre maggiore di tedeschi dell’Est a fuggire ad Ovest, attraverso la porta di Berlino. Per questo motivo, nel 1961 la DDR decide di erigere una linea di confine: è il Muro di Berlino.
Verso la riunificazione tedesca: dalla Ostpolitik al crollo del Muro
I rapporti tra la DDR e la Germania occidentale restano tesi fino al 1969. Nasce la Ostpolitik: in quell’anno il governo di Bonn inizia ad avvicinarsi alla DDR, nel nome del motto “due stati tedeschi in una nazione tedesca”. I due Stati avviano rapporti diplomatici fra di loro e nel 1973 entrano a far parte delle Nazioni Unite.
Nello stesso periodo mutano anche gli equilibri della guerra fredda. Dopo la “corsa alle armi” dei primi anni ’80, nel 1985 il Partito comunista sovietico ha un nuovo segretario: Michail Gorbačëv. Con lui inizia un periodo di riforme (la perestrojka) che apre la porta alla proprietà privata ed agli investimenti esteri. Gorbačëv introduce anche la glasnost’, “l’apertura”, nel tentativo di aumentare la libertà di stampa e la trasparenza e di ridurre l’autoritarismo del governo.
È grazie a tutto questo che diventa possibile ripensare ad una riunificazione della Germania. Nell’estate del 1989 l’Ungheria è il primo paese del blocco orientale che apre le sue frontiere all’Occidente. Entro settembre più di 13.000 abitanti della DDR lasciano il paese passando attraverso l’Ungheria. È lo stesso Gorbačëv, durante una visita a Berlino in occasione del 40° anniversario della DDR, a spingere il governo dell’Est ad attuare le riforme, ma senza successo.
Il malcontento aumenta e il 18 ottobre 1989 il presidente del Consiglio Stato, Erich Honecker, si dimette, mentre la fuga verso ovest non si arresta. Il 7 novembre si dimette anche il nuovo governo: due giorni dopo il Muro di Berlino è aperto.
La riunificazione tedesca
Subito dopo l’apertura del Muro di Berlino si comincia a progettare la Germania unita. Helmut Kohl, Cancelliere della repubblica Federale, già il 28 novembre lancia un piano in 10 punti per l’unificazione pacifica delle due Germanie.
Ad est invece, si cerca per un po’ cercare di mantenere “l’alternativa socialista” della DDR, pensando al più ad una confederazione. Il primo ministro Hans Modrow, alla guida di un governo DDR di transizione, propone agli inizi del 1990 una Germania unita e neutrale. L’idea è respinta da Kohl e dai paesi occidentali, che vogliono una Germania unita all’interno della NATO, cioè all’interno del blocco occidentale. Nel frattempo, le prime elezioni libere della DDR vedono la vittoria dei cristiano – democratici guidati da Lothar de Maizière. Lo scopo del suo governo sarà quello di unirsi alla Germania Ovest.
Il primo passo è quello dell’unione monetaria, sancita il 18 maggio 1990. Con un “atto di generosità politica” (come lo ha definito Maizière), Kohl converte i marchi dell’Est (di valore inferiore) in marchi dell’Ovest alla pari. Salari e pensioni vengono equiparati per legge, ma la valuta della Germania Est è scambiata con il marco dell’Ovest con un rapporto di 4 a 1. Infine nell’estate dei mondiali di calcio, dopo la vittoria della Germania dell’Ovest, il 23 agosto la DDR approva l’annessione alla Repubblica Federale. La riunificazione tedesca viene formalizzata il 3 ottobre 1990.
Le conseguenze della riunificazione
La riunificazione è stato uno degli eventi più importanti del XX secolo, ma anche uno dei più controversi.
Per prima cosa, non tutti volevano una Germania unita. I ricordi dell’ultima guerra e la paura di un ritorno del pangermanesimo (il desiderio di riunire in un unico stato i territori di lingua tedesca) hanno influenzato l’opinione di molti politici.
La riunificazione tedesca ha inoltre causato delle importantissime conseguenze a livello economico.
Innanzitutto, è costata all’economia tedesca circa 2000 miliardi di euro. Uno dei primi provvedimenti è l’introduzione nel 1991 della Solidaritätszuschlag. La tassa Soli è finalizzata alla creazione di fondi per la ricostruzione della ex DDR. Al momento della riunificazione, infatti, essa versava in una situazione di inferiorità economica rispetto alla sua gemella occidentale. Grazie alla tassa Soli diventa possibile lanciare una serie di investimenti (in particolare per la costruzione di infrastrutture) e di aiuti.
Nonostante ciò, per la Germania dell’Est la ripresa è stata lenta e difficile. Nel 1990 l’economia orientale non è, in realtà, sull’orlo della bancarotta, ma è comunque molto fragile. Le aziende dell’Est sono meno competitive e molte vengono privatizzate, ma molte altre non reggono. Buona parte della ex DDR subisce una forte de-industrializzazione si stima che dopo il 1990 ad un certo punto circa il 20% dei tedeschi orientali si sia trovato senza lavoro. Tutto ciò ha contribuito ad aumentare la “fuga” (ormai legale) verso l’Ovest.
Anche l’unificazione monetaria ha avuto pesanti conseguenze. Il cambio del marco causa una crescita del livello di prezzi e salari reali nella ex DDR del 340% in pochissime settimane. Per la Germania è uno shock e la Bundesbank (la banca nazionale) correi ai ripari. Con una serie di politiche monetarie restrittive ed un aumento dei tassi di interesse si cerca di arginare la spinta inflazionistica. Questa è stata una delle cause della crisi del Sistema Monetario Europeo (SME) del 1992.
E oggi?
In trent’anni 1,9 milioni di persone hanno abbandonato la ex DDR, dove ora in generale l’età media della popolazione è superiore a quella della media nazionale. I salari medi sono molto al disotto della media nazionale e in generale il reddito pro capite è inferiore. Nessuna delle grandi industrie tedesche ha la sua sede principale ad Est.
I Länder orientali sono anche diventati zona di crescita del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD), che ad Est ha raggiunto il 25% dei consensi. Dopo la crisi dei migranti, le elezioni del 2019 hanno fatto emergere un malessere socio – culturale vecchio di trent’anni. Ancora oggi i tedeschi dell’Est si sentono cittadini di seconda categoria. Molti hanno vissuto sulla propria pelle la riunificazione del 1990, che per certi versi è stata un evento traumatico, che ha costretto in molti a ripensare alla propria vita.
Il difficile processo di transizione ha rappresentato l’inaugurazione di un nuovo stato (con un’economia di mercato e democratico), ma anche la perdita di quarant’anni di storia. Il fatto, poi, che le promesse di prosperità non si siano subito avverate, ha portato quasi subito ad una rivalutazione di valori e prodotti della vecchia DDR. È anche su questo sentimento di ostalgie che si basa la propaganda dell’estrema destra.
Ad oggi si può dire che l’opera di ricostruzione ha avuto in parte dei risultati, soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture e la qualità della vita. È servito del tempo: ancora oggi è in vigore la tassa Soli, costituita dal 5,5% del reddito di ogni cittadino tedesco e solo a partire dal 2021 essa sarà abbuonata al 90% circa dei tedeschi. In conclusione, la Germania da trent’anni è di nuovo una nazione unita, ma servirà ancora del tempo affinché siano uniti anche i suoi cittadini.
Rachele Colasanti