Decine di migliaia di palestinesi sono tornati nel nord di Gaza lunedì mattina, dopo che Israele ha riaperto i checkpoint militari che per oltre un anno avevano separato la Striscia in due. Il ritorno dei palestinesi ha segnato la fine di un lungo esilio forzato da case e affetti, un destino che molti temevano potesse diventare definitivo.
All’alba, i gruppi che avevano atteso lungo le strade per tutta la notte hanno iniziato il lungo cammino verso le loro abitazioni, o ciò che ne è rimasto. Le persone hanno camminato avanzando tra le macerie di Gaza e nelle zone devastate più a nord.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, oltre 80.000 edifici sono stati danneggiati o distrutti. Immagini satellitari catturate tra ottobre 2023 e gennaio 2025 evidenziano la portata della distruzione nella zona. Tuttavia, nonostante lo scenario desolante, il ritorno dei palestinesi ha assunto un carattere quasi festoso. Bambini che suonavano tamburelli camminavano accanto a persone che portavano con sé animali domestici.
Alcuni spingevano grandi barili d’acqua, un chiaro segno dell’intenzione di rimanere, nonostante le difficili condizioni che li aspettano. A un altro checkpoint, più a est, migliaia di auto erano in fila, in attesa dei controlli necessari prima di proseguire verso il nord. Dopo il ritiro delle forze israeliane, testimoni hanno riportato che appaltatori egiziani, assistiti da una società di sicurezza privata americana, si occupavano delle verifiche per armi.
Molti dei palestinesi che si dirigono a nord sanno di trovare solo macerie, ma preferiscono costruire rifugi temporanei sulla loro terra, piuttosto che restare nei sovraffollati campi di sfollati nel sud.
“Il mio cuore batte forte. Pensavo che non sarei mai più tornato,” ha dichiarato Osama, un funzionario pubblico di 50 anni e padre di cinque figli. “Che il cessate il fuoco funzioni o meno, non lasceremo mai più Gaza e il nord. Nemmeno se Israele mandasse un carro armato per ognuno di noi. Mai più sfollamenti.”
Per alcune famiglie, il ritorno dei palestinesi è stato anche l’occasione per cercare i propri cari, rimasti a nord durante gli scontri, quando l’esercito israeliano aveva ordinato l’evacuazione verso sud, subito dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Sui social media si sono moltiplicati i video di commoventi riunioni familiari, genitori e figli che si ritrovano dopo oltre un anno di separazione. Altri, invece, si sono messi alla ricerca di corpi ancora sepolti sotto le macerie, sperando di offrire una degna sepoltura ai propri defunti.
Le cause del ritardo del ritorno dei palestinesi a Gaza
Il ritorno dei palestinesi, inizialmente previsto per domenica, è stato ritardato di 24 ore a causa di una crisi nella fragile tregua in corso. Israele aveva accusato Hamas di non rispettare l’accordo, che prevedeva il rilascio prioritario delle donne civili trattenute come ostaggi. Solo dopo intense negoziazioni è avvenuto il rilascio lunedì mattina.
Durante i giorni precedenti, alcune dichiarazioni hanno alimentato la tensione. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, aveva avanzato l’ipotesi di trasferire fino a 1,5 milioni di palestinesi in paesi arabi vicini, un’idea accolta favorevolmente da alcuni esponenti dell’estrema destra israeliana, come il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, noto per le sue posizioni a favore di una completa occupazione di Gaza.
Nonostante le difficoltà, il ritorno dei palestinesi ha rappresentato un momento simbolico di resistenza. L’ambasciatore palestinese nel Regno Unito, Husam Zomlot, ha definito la lunga fila di persone che tornano a casa “una risposta chiara e inequivocabile a chi ancora trama per sradicarci dalla nostra terra”. Ha aggiunto: “Dopo un secolo di oppressione e spostamenti forzati, il nostro cammino può essere solo verso la liberazione e il ritorno.”
La crisi umanitaria nella Striscia
La zona settentrionale della Striscia, però, presenta enormi sfide per coloro che vi fanno ritorno. Dopo mesi di blocco quasi totale, le condizioni di vita sono estremamente difficili. Secondo Jonathan Crickx, responsabile delle comunicazioni di UNICEF Palestina, i bisogni sono immensi. “Le famiglie tornano con ciò che possono portare, ma è davvero poco. Non ci sono servizi di base e l’acqua è una risorsa scarsa.”
Il ritorno dei palestinesi non è privo di rischi. Israele ha avvertito la popolazione di evitare le forze armate, che continuano a controllare una zona cuscinetto lungo il confine e il corridoio di Netzarim, che per oltre un anno ha diviso Gaza in due.
Nonostante le difficoltà e le incertezze, il ritorno dei palestinesi rappresenta una testimonianza della loro determinazione a reclamare la propria terra e il proprio futuro. Questo movimento di massa ha mostrato non solo il desiderio di tornare, ma anche la volontà di affrontare qualsiasi ostacolo per ricostruire ciò che è stato distrutto.