A.P.E. InFo – Associazione Psicologi Europei In Formazione
È il 5 Dicembre quando al Pincio, a Roma, circa 400 ragazzi si danno appuntamento per prendersi a botte.
Il 12 Dicembre succede lo stesso a Villa Borghese.
Qualche giorno dopo, a Venezia una quarantina di adolescenti si rendono protagonisti dei medesimi atti.
L’8 Gennaio, a Gallarate, in provincia di Varese, di nuovo un centinaio di ragazzi si scontrano per regolare i conti di un litigio nato giorni prima.
Lo schema è sempre lo stesso: l’appuntamento viene dato tramite social network e i ragazzi si ritrovano, spesso senza mascherine e armati di mazze, coltellini e bottiglie, nei centri città.
Quali sono le cause di questi gesti? Che messaggio nascondono?
Sarebbe facile definire questi ragazzi come senza speranza, come “mele marce” da buttare e dire che i loro genitori non sono stati sicuramente in grado di crescerli correttamente.
“Ne hanno prese troppe poche da piccoli!”: questa è una delle ipotesi che si leggono sotto i post dei vari articoli giornalistici ed è eloquente il fatto che, ancora oggi, si pensi che sia necessaria la violenza per insegnare la non violenza.
Per analizzare questi fenomeni nella maniera più corretta possibile, non si può dimenticare che l’adolescenza è un momento di vita estremamente complesso e delicato.
Lo conferma Erikson, psicoanalista del ‘900 specializzato in tematiche adolescenziali, che definisce questa fase come costellata di eventi critici (Erikson, 1995, “Gioventù e crisi d’identità”).
Il compito che l’adolescente deve portare a termine è definire la propria identità, scoprirsi come individuo e testarsi nel mondo sociale in quanto tale.
Per trovare il proprio posto nel mondo è necessario prendere le distanze dai propri genitori, trovare uno scopo, porsi obiettivi, ma anche sentirsi riconosciuti e legittimati dai coetanei.
Alla luce di ciò, risulta facile comprendere perché questo periodo sia caratterizzato da difficoltà, sofferenze, errori, gesti rischiosi, impulsivi e, talvolta, immorali.
Ascoltando un genitore parlare del figlio adolescente, probabilmente si otterrebbero aggettivi come “incomprensibile, irriconoscibile, imprevedibile”, proprio a causa del processo di emancipazione che quest’ultimo mette in atto: un adolescente è effettivamente diverso e ha bisogno di esserlo.
Il bisogno di libertà e spazio, l’allontanamento, il cambiamento, sono aspetti di una “malattia normale” sana e funzionale rispetto a questo delicato momento di vita: il compito del genitore, allora, è quello di accompagnare il figlio durante il processo, sopportandone il distacco a favore del suo sviluppo personale.
Il peso che la socializzazione riveste in questo passaggio è enorme, le relazioni sono un vero e proprio laboratorio sociale in cui sperimentarsi, una zona sicura in cui esprimersi senza essere giudicati, un riferimento normativo per conoscere e applicare nuove regole e confrontarsi con gli altri. (Confalonieri, Grazzani, Gavazzi, 2005, “Adolescenza e compiti di sviluppo”)
Questi elementi spiegano e concretizzano la complessità dell’argomento trattato.
Se l’opinione pubblica si divide tra chi pensa che queste risse siano opera di delinquenti, chi pensa che siano causate dalla maleducazione e chi trova che si tratti di semplici ragazzate, l’obiettivo per evitare che determinati scenari si ripresentino è quello di capire cosa stia succedendo ai giovani, piuttosto che cercare a tutti i costi un capro espiatorio.
Esprimere un giudizio risulta sempre più semplice rispetto al comprendere, che dovrebbe essere l’obiettivo.
Come si possono capire gesti così violenti? Ricordandosi, in primis, che comprendere non significa in alcun modo giustificare, ma dare un senso.
O almeno provarci.
È utile sforzarsi di guardare al fenomeno con occhi “neutri”, senza schierarsi con gli adolescenti inquisiti, né con il gruppo di adulti che è spettatore di questi fenomeni.
Questa è una generazione persa, fragile, che per quanto si ostini a voler crescere in fretta è ancora bambina e ha bisogno di una guida adulta.
I ragazzini faticano ad essere compresi dai propri genitori, dal sistema scolastico, dalla società.
Un adolescente ha bisogno che nella propria vita ci sia una guida che contenga le sue ansie e ispiri i suoi più grandi progetti, che creda in lui e nei suoi sogni, che lo stimoli a diventare l’adulto migliore che possa aspirare ad essere.
I giovano sono ormai “contenitori vuoti” che hanno bisogno di sentirsi vivi e gli adulti si ostinano a cercare di riempirli con nozioni piuttosto che tentare accenderli come fuochi.
La cura rappresenta la chiave.
“Curare” significa interessarsi in maniera premurosa e attiva: gli adolescenti hanno bisogno di sentirsi guardati, non semplicemente visti, ed oggi, inoltre, si trovano schiacciati dal peso enorme di una pandemia che sta rubando anni, esperienze, momenti che non torneranno più.
Questa malattia sta portando con sé conseguenze che, è vero, a volte sono tragiche e nessuno è esente, ma è necessaria una riflessione: cosa caratterizza l’adolescenza?
E’ un periodo di cui si portano dietro, e dentro, le nuove esperienze, l’entusiasmo, le scoperte, la scuola, gli insegnanti, i compagni, le giornate infinite dietro ai compiti.
Gli appuntamenti in piazza alle 15.00.
Chi ha avuto la sfortuna di essere un adolescente nel 2020, invece, avrà i ricordi di banchi a rotelle e schermi di computer, di divieti di uscire a vivere la propria età.
È giusto riflettere prima di puntare il dito contro qualcuno o pensare di avere risposte corrette, non si può guardare ad un’intera generazione e ritenerla “bruciata” senza preoccuparsi però di essere per loro una guida, un esempio, un aiuto.
I genitori sono la base dell’educazione di un figlio, ma la scuola ha su di essi un grandissimo impatto ed è sempre più asettica e impersonale.
Gli insegnanti sono adulti essenziali nella vita di un adolescente e sono lontani dai loro alunni, spesso a livello umano, ma ora anche fisicamente per colpa della pandemia.
Nessuna idea può essere considerata giusta o sbagliata a priori, ognuno ha il diritto e il dovere di informarsi riguardo a questi eventi, ma, allo stesso modo, ha il dovere di sforzarsi a guardare questo mondo caotico e distrutto con gli occhi di chi, in questo mondo, sta cercando di costruirsi come essere umano.
Solo prendendosi cura dei più fragili è possibile trovare una via di fuga dalla distanza che questi mesi difficili stanno imponendo e riscoprire un mondo, forse, addirittura migliore.