Rischio di povertà in calo: i dati ISTAT del 2023

rischio di povertà in calo

L’anno 2023 si è rivelato un asse temporale cruciale nella storia economica italiana, disegnando una narrazione inaspettata e incoraggiante. Dallo scorso anno infatti, emerge la registrazione dei dati ISTAT di un quadro di cambiamenti significativi che hanno sfatato alcuni pregiudizi consolidati. La riscossa economica del rischio di povertà in calo ha gettato una nuova luce sulla Penisola, dimostrando che, contrariamente alle prospettive tradizionali, l’Italia è in grado di affrontare le sfide con successo e adottare strategie innovative per plasmare un futuro economico più robusto.

La diseguaglianza economica è stata valutata, dall’istituto ISTAT, attraverso l’indice statistico Gini, che ha registrato un passaggio dal 31,9% al 31,7%; per quanto riguarda il rischio di povertà invece, è passato al 18,8% dal 20%. Con un calo di 1,2 punti percentuale, si può quindi affermare che la situazione in Italia sia in leggero movimento verso un miglioramento economico: l’obiettivo sarebbe quello di raggiungere la piena distribuzione delle ricchezze e dei redditi.

La diminuzione del rischio di povertà è dovuta anche alle novità della politica economica statale, che ha introdotto e modificato l’assegno unico, anche se è stato eliminato il reddito di cittadinanza. Totalmente diverso si è quindi dimostrato il cambiamento strutturale nell’approccio al debito pubblico, dimostrando che una maggiore spesa pubblica può coesistere con una riduzione del debito.

Riscossa economica e inversione di rotta: il 2023 dell’Italia sotto una nuova luce

L’anno 2023 ha segnato una svolta significativa per l’Italia, con importanti cambiamenti nell’andamento economico che hanno contribuito a sfatare alcuni stereotipi consolidati. Uno sguardo approfondito ai dati del rapporto Istat sulla redistribuzione del reddito rivela trasformazioni sorprendenti legate alle politiche adottate dall’attuale Governo, delineando una prospettiva inedita per la Penisola: il rischio di povertà è effettivamente diminuito durante lo scorso anno, secondo la registrazione dei dati ISTAT.

Le misure riconducibili al rischio di povertà in calo sono dovute, in primo luogo, alle modifiche che sono state apportate all’assegno unico e universale per i figli in carico. L’ISTAT ha registrato un miglioramento economico per le famiglie con l’assegno unico: circa il 93% di queste ha notato e confermato aumenti degli importi per nuclei.

La diminuzione del rischio di povertà viene quindi in sostegno alle famiglie più povere che – secondo l’ISTAT – equivalgono ai due quindi più indigenti della popolazione italiana. Da questo punto di vista, si può quindi dire che vi è un aumento significativo e un beneficio nella distribuzione. 

Rischio di povertà in calo e disuguaglianze in diminuzione: le mosse vincenti dell’Assegno unico e del taglio del cuneo contributivo

Contrariamente alle previsioni, il rischio di povertà per le famiglie italiane è sceso di 1,2 punti percentuali, passando dal 20% all’18,8%. Le disuguaglianze, misurate dall’indice di Gini, hanno registrato un lieve calo, scendendo dal 31,9% al 31,7%, dimostrando l’efficacia dell’Assegno unico e universale e del taglio del cuneo contributivo a favore dei dipendenti.

Queste politiche, mirate a sostenere le famiglie e a ridurre le disuguaglianze sociali, hanno influenzato positivamente il panorama economico nazionale. Il sostegno finanziario agli strati più vulnerabili della popolazione ha ridotto il divario tra i redditi e ha contribuito a creare un ambiente economico più inclusivo.

Un’altra registrazione significativa è stata quella del rapporto tra debito pubblico e PIL: tra il 2023 e il 2022 abbiamo assistito ad un calo di 3,2 punti percentuali – da 140,5% a 137,3%.

Reddito di cittadinanza in difficoltà: le criticità delle modifiche introdotte dal governo Meloni

Il Reddito di cittadinanza (Rdc), invece, ha vissuto un periodo di difficoltà a causa delle modifiche apportate dal governo Meloni. Circa un milione di famiglie ha subito una diminuzione o la cancellazione del sussidio rispetto al 2022. Le nuove regolamentazioni hanno comportato una perdita media di 1.663 euro, colpendo principalmente le famiglie più vulnerabili.

Le sfide legate al Reddito di cittadinanza hanno portato il governo a rispondere prontamente, introducendo il Supporto per la formazione e il lavoro. I dati indicano però che l’impatto potrebbe essere inferiore alle aspettative, con solo una parte delle famiglie aventi diritto che ne ha fatto richiesta. Il governo è chiamato a valutare ulteriori strategie per garantire un efficace sostegno a coloro che ne hanno bisogno.

Le sfide del Rdc e le risposte del governo al rischio di povertà: supporto per la formazione e il lavoro

Il Rdc, concepito per durare sette mesi nel 2023 in previsione della sua cancellazione operativa nel 2024, ha visto una riduzione della platea dei beneficiari. Il governo ha risposto introducendo il Supporto per la formazione e il lavoro, indirizzato a individui tra i 18 e i 59 anni con Isee inferiore a 6mila euro. Sebbene l’Istat stimi che circa 100mila famiglie potrebbero beneficiare di questa misura, i dati dell’Inps indicano solo 27mila domande accolte e 350 euro di indennità mensile erogata.

Questi passi dimostrano la necessità di un approccio attento e mirato per affrontare le sfide associate al Rdc. È fondamentale non solo implementare nuove misure di sostegno, ma anche valutare l’efficacia di tali politiche nel lungo termine per garantire una stabilità economica duratura.

Il quadro completo: assegno unico e universale, esonero contributivo e impatto sulle famiglie

L’Assegno unico e universale per i figli a carico fino a 21 anni è emerso come protagonista positivo del 2023. Con il 92,3% delle famiglie che ne hanno usufruito, ha portato un aumento medio di 719 euro annui, influendo positivamente sui redditi familiari e riducendo le disuguaglianze.

L’esito positivo dell’Assegno unico dimostra come politiche di sostegno alle famiglie possano avere un impatto significativo sulla riduzione delle disuguaglianze e sull’aumento del reddito disponibile. La sua applicazione mirata ha favorito i ceti più bisognosi, contribuendo a creare una società più equa e solidale.

Debito pubblico e rischio di povertà in calo e cambiamenti strutturali nell’economia italiana

In un contesto più ampio, l’Italia ha registrato un calo significativo nel rapporto tra debito pubblico e Prodotto interno lordo (PIL). Mentre il PIL è cresciuto dell’1,75%, il debito pubblico è sceso al 137,3% nel 2023, dimostrando un netto miglioramento rispetto al 2022.



Questo declino del rapporto debito/PIL è accompagnato da cambiamenti strutturali nell’economia italiana. L’aumento del deficit e la diminuzione del debito pubblico sfatano le teorie economiche improntate all’austerità, dimostrando che una maggiore spesa pubblica può coesistere con una riduzione del debito e con le aspettative del rischio di povertà in calo.

Nuova prospettiva: l’Italia tra virtuosismo economico e sfide future

Questi dati sorprendenti, contrari alle narrazioni tradizionali, dipingono un’Italia in grado di affrontare le sfide economiche con successo. La diminuzione del rapporto debito/PIL, nonostante un aumento della spesa pubblica, sfida le teorie anti-keynesiane e ribalta lo stereotipo di un Paese irresponsabile nella gestione dei conti pubblici. Inoltre, l’acquisizione significativa di BTP da parte delle famiglie denota un cambiamento strutturale nell’approccio italiano al debito pubblico.

Bisogna comunque filtrare sempre questi dati, sebbene reali, in quanto la diminuzione del rischio di povertà può essere fraintesa come il lungo lavoro – di soli due anni – del governo Meloni: è in realtà un passo, il primo, significativo in atto dagli anni precedenti al governo di destra.

Il 2023 segna una svolta positiva per l’Italia, evidenziando la rilevanza delle politiche adottate e aprendo nuove prospettive per il futuro economico del Paese. La combinazione di interventi mirati e cambiamenti strutturali promette di plasmare un panorama economico più robusto e resiliente.

L’Italia, con la registrazione di tale diminuzione del rischio di povertà, si posiziona come uno dei paesi più floridi economicamente a livello europeo. Ed è tutto dire. L’ISTAT afferma infatti che il belpaese gode di un avanzo economico superiore a tutti gli altri paesi dell’Eurozona, avendo speso meno delle sue entrate. Ad oggi, in una classifica del Fondo Monetario Internazionale, l’Italia si posiziona all’undicesimo posto.

Lucrezia Agliani

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