Plutone torna a far parlare di sé e stavolta la notizia è sensazionale. Prima declassato a “semplice” stella, poi riclassificato con il ruolo di pianeta nano dieci anni fa, ci riserva oggi una incredibile scoperta.
Il pianeta del nostro sistema solare presenta una sorpresa sotto la superficie: un oceano!
Secondo lo studio di Noah Hammond della Brown University, pubblicato sulla rivista scientifica Geophysical Research Letters, e le informazioni fornite dalla sonda New Horizons della NASA, che risalgono esattamente a un anno fa, sotto la sua crosta Plutone avrebbe, o avrebbe avuto, un oceano, fatto che spiegherebbe anche le spaccature sulla sua superficie, che appaiono in effetti come provocate da un’azione interna: probabilmente un oceano in via di congelamento.
Facendo seguito ai dati trasmessi, raccolti appunto nel luglio del 2015, le ricerche si sono orientate verso il determinare se sul pianeta nano siano ancora presenti residui di acqua.
Plutone è il pianeta più grande tra quelli cosiddetti nani e, viste le ultime indicazioni, è un pianeta ancora attivo. Sia lui che Caronte, la sua luna, presentano varie caratteristiche morfologiche, con paesaggi particolari come le pianure di azoto ghiacciato, di Sputnik Planum, sempre in movimento a causa dello spostamento dei blocchi di ghiaccio. Lo spostamento dei blocchi è dovuto anche all’influenza della luce solare e, per quanto riguarda l’attività geologica ancora attiva, dobbiamo tener presente che per esistere, tale dinamismo presuppone una fonte di calore interna al pianeta ed anche un apporto radioattivo.
Sulla superficie di Sputnik Planum, che copre quasi tutta la parte nord di Plutone, gli scienziati, tra cui Oliver White, ricercatore e autore di The geology of Pluto and Charon through the eyes of New Horizons, hanno individuato più pozzi derivanti dalla sublimazione del ghiaccio, cioè dal passaggio di questo allo stato gassoso. Successivamente l’azoto gassoso, depositandosi di nuovo, ricopre con l’elemento luminoso visibile la superficie.
A ovest sono invece presenti delle catene montuose alte chilometri, che potrebbero essere dei blocchi di acqua ghiacciata spaccati dall’azoto ghiacciato. Dato che il ghiaccio composto dall’acqua ha una densità inferiore rispetto a quello formato dall’azoto, questi blocchi possono galleggiare nel materiale più denso, creando appunto delle montagne.
Sul pianeta nano sono presenti anche dei vulcani, più esattamente dei criovulcani, possibilmente creati da eruzioni di ghiaccio.
Gli scienziati sono all’opera, per cercare di carpire quante più informazioni possibili dai dati arrivati fino a noi grazie a New Horizons. Intanto, aspettando conferme o smentite, muoviamo un altro passo verso l’ignoto, continuando a sognare un mondo migliore o, semplicemente, la nostra vera origine.
Paola Bianchi