Mentre le fiamme divoravano milioni di ettari di foreste siberiane (incendio ancora in atto), l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) ha pubblicato un dossier per analizzare il rapporto tra l’uso del suolo agricolo e il riscaldamento climatico.
Ieri, 8 agosto 2019, 107 scienziati del clima, provenienti da 52 paesi diversi, hanno firmato il documento dell’Onu sul cambiamento climatico, studiando in particolare la relazione tra modello agricolo e riscaldamento globale. Secondo questo rapporto, nel nostro pianeta è in corso un processo di desertificazione, che non lascia scampo alla produzione agricola. Temperature più alte e aree desertificate rendono meno redditizia, in termini di produzione, l’attività agricola, pregiudicano nel tempo l’apporto di cibo globale e la sicurezza alimentare.Infatti, per il report, la sicurezza alimentare e la sua stabilità calerà all’aumentare degli eventi atmosferici estremi come tempeste, alluvioni, ondate di calore e siccità, compromettendo anche la qualità degli alimenti.
Non solo il riscaldamento globale contribuirà all’impoverimento agricolo, ma lo farà anche l’aumento di CO2 nell’atmosfera terrestre.
A pagarne le spese saranno ancora una volta le popolazioni delle aree più povere di Africa e Asia, costrette a spostarsi in massa verso zone ritenute più verdi, inconsapevoli che anche il Mediterraneo è a rischio desertificazione e incendi. Secondo gli esperti, il riscaldamento globale finirà per aumentare il flusso migratorio verso l’Europa. E’ quindi anche nell’interesse dei partiti sovranisti combattere la deriva del clima.
Gli scienziati forniscono alcuni strumenti che, se non fermeranno il riscaldamento globale, quantomeno lo ridurranno. Alcune risposte che i governi potrebbero varare per mitigare il cambiamento climatico sono: produzione sostenibile del cibo, gestione intelligente delle foreste, riduzione della deforestazione, ripristino e conservazione degli ecosistemi naturali e riduzione dell’emissioni di gas serra e anidride carbonica CO2.
Trasformare la produzione agricola e industriale in un modello ecosostenibile deve diventare una questione prioritaria per i governi, che potrebbero trattare e discutere un accordo con tutte le aziende private in ogni settore produttivo. Le misure con più alta efficacia, perché dall’impatto immediato, sono le pratiche di conservazione di ecosistemi che catturano al suolo grandi quantità di CO2, come le zone paludose, le foreste e perfino i pascoli. L’agricoltura, secondo quanto delineato dal report, non è solo vittima del riscaldamento climatico, ma può anche fungere da spinta risolutiva, a patto che sia verde ed ecosostenibile.
Questo è ciò che possono fare i governi, ma noi abitanti della quotidianità cosa possiamo fare nel concreto per combattere il riscaldamento climatico?
Innanzitutto, limitare il consumo di carne che è la principale causa del riscaldamento globale. Ci sono alternative migliori per il clima: le proteine si possono ottenere anche mangiando legumi, per esempio. Anche smaltire coscienziosamente i rifiuti nella raccolta differenziata, prediligere prodotti ecosostenibili (dal cibo ai vestiti) a costo di pagarli di più, è una buona pratica quotidiana. Un’ulteriore contributo alla lotta climatica può arrivare dall’ingegneria e dalla tecnica. Sistemi di micro-irrigazioni, pratiche eco-sostenibili e recupero di gas inquinanti possono contenere gli effetti della chimica umana sul terreno.
Concludendo, la politica si può e si deve muovere contro il riscaldamento climatico, ma noi cittadini abbiamo il dovere di accompagnarla e guidarla attraverso le nostre scelte quotidiane, nel nome della sostenibilità ambientale. Ne va della nostra sopravvivenza.
Axel Sintoni