Riprendono i rapporti tra Marocco e Israele. A farne le spese sono i Sahrawi e i Palestinesi

rapporti tra Marocco e Israele

Il Marocco è il quarto paese arabo a normalizzare i rapporti con Israele

Dopo gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein e il Sudan, il Marocco diventa il quarto paese arabo nel giro di qualche mese a normalizzare i rapporti con Israele. Fino alla firma degli Accordi di Abramo promossi dagli USA gli unici paesi della regione a riconoscere lo Stato ebraico erano Egitto e Giordania. Come nei casi precedenti, si tratta di un successo della strategia di persuasione messa in campo da Donald Trump. Persuasione ottenuta concedendo ai paesi in questione significativi riconoscimenti, sia materiali che simbolici. Nel caso degli Emirati Arabi, ad esempio, a pesare come moneta di scambio è stata la promessa di sospendere le rivendicazioni di sovranità di Israele su alcune zone della Cisgiordania (piano che, con ogni probabilità, sarebbe comunque fallito).  Ma anche il ben più prosaico acquisto di aerei F-35 statunitensi che, si sa, possono essere un’ottima arma di negoziazione.

La questione del Sahara occidentale

Rabat ha invece ottenuto un grande successo diplomatico con il riconoscimento da parte degli USA della sovranità marocchina sul Sahara occidentale. Si tratta di un’ex colonia spagnola spartita nel 1976 tra Marocco e Mauritania (quest’ultima rinunciò alla sovranità nel 1979), a seguito della Marcia verde. Da allora il territorio è conteso dal governo marocchino e dal Fronte Polisario, che fondò sempre nel 1976 la Repubblica Democratica Araba Sahrawi, e il suo status giuridico rimane problematico. Il Fronte Polisario, movimento armato indipendentista sostenuto dall’Algeria, controlla una porzione desertica e quasi disabitata del territorio a Est del muro costruito dal Marocco. Gli Stati Uniti saranno il primo paese a riconoscere la legittimità della sovranità marocchina sul Sahara occidentale.

I rapporti tra Marocco e Israele serviranno davvero a stabilizzare il Medio Oriente?

Lo Stato ebraico, per parte sua, non ha dovuto cedere nulla a Rabat e può dirsi ben contento di aggiungere un altro tassello al suo progetto di alleanze e di scambi economici. D’altronde si tratta di un riconoscimento simbolico, giacché rapporti semiufficiali tra i due stati esistono da più di venticinque anni. Inoltre la nutrita comunità di ebrei di origine marocchina in territorio israeliano (circa il 15% della popolazione) ha sempre mantenuto forti legami con il paese di provenienza e beneficerà dei nuovi collegamenti aerei tra i due stati.

Gli ebrei marocchini non sono i soli a gioire. La stampa israeliana si è quasi uniformemente allineata su un grido di giubilo per quella che il Primo Ministro Netanyahu ha definito una “pace calorosa”.

La pace, così come sembra intenderla il governo israeliano, sta diventando sempre più simile ad un mercato in cui comprare amicizie e accordi economici e commerciali allo scopo di escludere sempre di più il nemico iraniano.




A nessuno importa più niente della Palestina

Quando gli USA decidono di muovere le pedine sullo scacchiere medio-orientale sono quasi sempre le popolazioni locali a rimetterci. Su tutte quella palestinese, che nel giro di pochi mesi ha dovuto assistere al voltafaccia di quattro “paesi amici”. Non stupisce che Hamas abbia definito la decisione del Marocco un “peccato politico” e un “servizio gratuito” a beneficio di Israele. Il governo marocchino ha tuttavia ribadito il suo sostegno alla causa palestinese, dichiarandosi favorevole alla soluzione dei due Stati.

Anche nel regno di Mohammad VI non sono mancate le proteste contro questa decisione. Alcuni importanti movimenti islamisti del paese hanno infatti condannato duramente la ripresa dei rapporti tra Marocco e Israele definendola “deplorevole” e “una pugnalata alla spalle della causa palestinese”. D’altronde, lo stesso partito di governo (Partito della Giustizia e dello Sviluppo), d’ ispirazione islamista, ha cercato di minimizzare sulla questione della causa palestinese per non perdere il consenso dei suoi sostenitori.

La triste verità è che la risoluzione del conflitto tra Israele e Palestina appare sempre più lontana. E la causa che in passato aveva unito ideologicamente (e militarmente) i paesi arabi viene ora svenduta in cambio di benefici economici e diplomatici.

Trump vuole uscire di scena in grande stile

Con uno dei suoi consueti iperbolici tweet Trump ha annunciato trionfalmente la notizia della normalizzazione dei rapporti tra Marocco e Israele. Il Presidente uscente sembra intenzionato a sfruttare il suo mandato fino all’ultimo giorno per portare avanti la sua battaglia diplomatica a favore dello Stato ebraico.
Da questa prospettiva, il vero successo sarebbe riuscire a portare anche l’Arabia Saudita al riconoscimento di Israele. A tale proposito Jared Kushner, genero e consigliere di Trump ha affermato che questo risultato non tarderà ad arrivare.

Anche se dovrà cedere il comando tra poche settimane, Trump non può che trarre beneficio da quelli che considera dei grandi successi diplomatici. Il prestigio e gli appoggi politici così ottenuti potranno tornargli utili quando dovrà lasciare la Casa Bianca.

I rapporti tra Marocco e Israele rischiano di far esplodere conflitti interni

Il governo marocchino ignora da anni i diritti e le richieste del popolo Sahrawi, comportandosi di fatto come se facesse parte del suo regno. Questo accordo segna un ulteriore passo indietro nel processo di risoluzione del conflitto. I Sahrawi attendono da decenni un referendum per l’autodeterminazione. Con la presa di posizione statunitense a favore di Rabat le possibilità di vedere realizzata l’indipendenza del territorio sono drasticamente ridotte. La prospettiva molto più realistica e imminente è quella di un focolaio di proteste che il governo marocchino ha cercato finora di sedare con finanziamenti e incentivi economici.

Tuttavia, ciò non ha impedito lo scoppio degli scontri, circa un mese fa, quando l’esercito marocchino è penetrato nella zona cuscinetto di Guerguerat per interrompere il blocco al traffico imposto dai Sahrawi. Il riconoscimento da parte degli USA della sovranità di Rabat sul Sahara occidentale non fa che gettare benzina sul fuoco in una regione già turbolenta.

È inoltre l’ennesima conferma di quanto i diritti umani e l’autodeterminazione dei popoli siano facilmente sacrificabili di fronte agli interessi economici e geopolitici di Washington e dei suoi alleati.

 

Giulia Della Michelina

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