Michele Marsonet
Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova, docente di Filosofia della scienza e Metodologia delle scienze umane
Il mandato presidenziale di Volodymyr Zelensky, in carica dal 20 maggio 2019, è scaduto lo scorso 31 marzo. Occorrerebbe quindi indire nuove elezioni, quanto meno per appurare se il popolo è ancora con lui. Tuttavia, rinviate le elezioni in Ucraina, Zelensky si è trincerato dietro la legge marziale rinnovata il 10 maggio per altri tre mesi.
Il mandato presidenziale di Volodymyr Zelensky, in carica dal 20 maggio 2019, è scaduto lo scorso 31 marzo. Occorrerebbe quindi indire nuove elezioni, quanto meno per appurare se il popolo è ancora con lui.
Il leader ucraino, tuttavia, le ha rimandate sine die trincerandosi dietro la legge marziale rinnovata il 10 maggio per altri tre mesi. Il che ha indotto parecchi giuristi e parlamentari a manifestare sospetti circa le reali intenzioni dell’attuale presidente.
Vi sono ovviamente dei motivi che spiegano il rinvio. In primis la difficoltà di organizzare i seggi elettorali un Paese che subisce costanti bombardamenti, i quali colpiscono soprattutto i civili. Ma i sospetti persistono.
Zelensky è circondato da un ristretto gruppo di fedelissimi e, in più occasioni, non ha esitato a “licenziare” membri dell’esercito e dell’intelligence che avevano espresso dubbi circa la sua strategia politica.
In particolare il rifiuto di intavolare qualsiasi trattativa con la Federazione Russa per porre termine alla guerra che sta letteralmente dissanguando la nazione. Zelensky ha sempre ribadito di voler recuperare tutti i territori occupati dai russi.
Obiettivo che, vista l’attuale situazione sul terreno, appare quanto mai problematico. Gioca a sfavore il rallentamento degli aiuti militari occidentali, che ha causato notevoli danni alla strategia difensiva ucraina.
E’ anche diminuito il consenso popolare per il presidente, che resta alto ma è adesso ben lontano dall’80% registrato nelle fasi iniziali del conflitto. I giuristi ucraini sono divisi. L’ex parlamentare Hryhoriy Omelchenko, membro della commissione che elaborò la Carta costituzionale a metà degli anni Novanta, ha scritto una lettera a Zelensky pregandolo di “non usurpare i poteri statali”, e invitandolo a dimettersi per consentire che vengano indette nuove elezioni.
Lo scorso agosto il presidente della Camera aveva avviato il dibattito sull’opportunità di votare. A quel tempo Zelensky, forte di un appoggio popolare ancora consistente, non aveva escluso l’ipotesi. Salvo poi fare marcia indietro quando i sondaggi registrarono il calo del suo consenso. Dal canto suo il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, ha affermato che l’Ucraina sta diventando simile alla Russia, dove tutto dipende dalla volontà di un solo uomo.
I partiti ucraini non hanno finora manifestato la volontà di ricorrere alla Corte costituzionale, anche se le spinte in tale direzione stanno aumentando. Il presidente ha comunque definito ipotesi di quel come “narrativa ostile” ispirata da Mosca.
Critiche sono pervenute anche dall’Unione Europea e da alcuni senatori Usa, soprattutto repubblicani. Critiche che mettono in discussione la legittimità della permanenza al potere di Zelensky senza un chiaro mandato popolare.
Cresce insomma, tanto all’interno quanto all’estero, l’imbarazzo per l’involuzione politica di un Paese che aspira a entrare tanto nell’Unione Europea, quanto nella Nato.