Rino Gaetano contro i “politici imbrillantinati”, ieri come oggi

Rino Gaetano

Rino Gaetano apprezzato dalla Meloni e si accendono le polemiche. Addentriamoci nella straordinaria visione d’avanguardia di questo autore.

Alla chiusura del comitato elettorale, Giorgia Meloni e i suoi fedelissimi hanno deciso di festeggiare la vittoria alle elezioni con una delle canzoni più celebri interpretate da Rino Gaetano: A mano a mano. La famiglia di Rino non ci sta e suo nipote, Alessandro Gaetano, si è sfogato con Repubblica, spiegando come la musica di Rino non debba essere strumentalizzata né dalla destra né dalla sinistra.

Come può un partito di destra usare una canzone di Rino Gaetano?

Stona, ma può. Rino non si può catalogare, è un artista meraviglioso e inafferrabile al tempo stesso. Purtroppo, proprio la difficoltà di attribuirgli una definizione ha spesso portato a grandi equivoci. I brani di Rino richiedono uno sforzo, un’analisi del testo tutt’altro che superficiale. C’è bisogno di uno studio storico, culturale, giornalistico e popolare. Capite facilmente quindi, quanto sia molto più facile canticchiare un motivetto con leggerezza, piuttosto che addentrarsi nei significati e nei perché delle canzoni. Ma il cielo è sempre più blu ha una melodia allegra e scanzonata, per questo viene spesso utilizzata come canzone di buon auspicio per il futuro, anche se in realtà cela un’immagine cinica e vera della società. Per questo, siamo convinti che la battaglia di Alessandro Gaetano sia giusta più che mai.

Se proprio dovesse scegliere, in quale partito si riconoscerebbe oggi Rino Gaetano?

Nel corso della storia, molti si sono interrogati sulle sue idee politiche. Sembra impossibile collocare una mente così anarchica e rivoluzionaria in una precisa ideologia politica. È lui stesso, in vita, a rifiutare ogni sorta di etichetta, respingendo anche la concezione di canzone come strumento di lotta. La politica appariva ai suoi occhi come qualcosa da cui discostarsi, perché spesso fautrice del potere e dei soprusi. Rino gioca da sempre una partita a sé, dando voce agli ultimi, ai dimenticati, agli emarginati, infatti molti dei suoi personaggi sono membri del proletariato. Come non citare ad esempio Agapito Malteni il ferroviere che vive il dramma dell’emigrazione o l’alienazione de L’operaio della Fiat (la 1100) legato alla catena di montaggio.

I tabù da sfatare

Rino Gaetano è un autore fuori dal tempo che ha saputo dar voce a temi a cui l’Italia non era pronta all’epoca (e forse non lo è ancora oggi). In Sei ottavi parla, neanche troppo implicitamente, di masturbazione femminile e fantasie sessuali. Lo fa però con una delicatezza estrema, come in una ballata romantica. Rino abbatte il tabù della sessualità, concepita soltanto come qualcosa di sporco e volgare. Come possiamo non considerarlo all’avanguardia, pensando che queste tematiche scotterebbero ancora oggi?

Altri esempi si rivedono in Berta che filava con Mario e Gino o Gianna, una ragazza che “non perdeva neanche un minuto per fare l’amore”. La donna appare quindi emancipata e lontana dalla visione patriarcale, proposta ancora oggi da alcuni partiti conservatori come quello di Giorgia Meloni. Il mondo a cui auspica l’autore è “un mondo diverso, ma fatto di sesso” e alla tradizione cristiana e dogmatizzata risponde così:

La castità (nun te reggae più)
La verginità (nun te reggae più)
La sposa in bianco, il maschio forte

L’anarchia di Rino non è però visibile solo nelle tematiche che tocca. Il dibattuto ‘no sense’, che attribuirono al suo stile, finisce per sminuire la sottile scelta linguistica presente nei testi. Un linguaggio ricco di ironia, allusioni, ripetizioni e giochi di parole. La pomposità dei registri formali della politica e della burocrazia italiana sono gli obiettivi della satira di Rino, in quanto costituiscono uno strumento di oppressione e controllo perpetrato dalle istituzioni. Volutamente decostruisce la sintassi e crea disordine e sovversione. Si scaglia contro quella società malata, dove gli ultimi non trovano spazio, ma allo stesso tempo la celebra. Infatti, la sua è un’Italia contradditoria e sublime, bella e orrenda al tempo stesso. Nella canzone Aida dipinge l’Italia del Novecento, ma potrebbe essere benissimo anche quella del 2022.

Marce, svastiche e federali, sotto i fanali l’oscurità. E poi il ritorno in un paese diviso, nero nel viso, più rosso d’amore. Aida come sei bella. Aida le tue battaglie, i compromessi, la povertà, i salari bassi, la fame bussa, il terrore russo, Cristo e Stalin. Aida la costituente, la democrazia, e chi ce l’ha.

Le sue canzoni rappresentano tutte le contraddittorietà e i fallimenti del Bel Paese. Cita titoli di giornali, storie vere e personaggi contemporanei, spesso facendo nomi e cognomi dei diretti interessati.

“I politici imbrillantinati”

Non è facile capire se oggi Rino riuscirebbe a identificarsi in uno dei partiti italiani. Sicuramente non lo vediamo votare Meloni, ma neppure la sinistra di oggi, spesso radical chic. Insomma, la critica sferzante che muoveva ai “politici imbrillantinati” nelle sue canzoni sarebbe oggi ancora più aspra. Non è difficile immaginare una canzone dove critica Salvini, Berlusconi o Letta mettendo in luce le loro goffe caricature.

Il sentimento attuale di sfiducia collettiva degli italiani e il forte astensionismo porta a pensare che la politica italiana sia diventata qualcosa di lontano dal popolo. Vogliamo quindi lasciarvi con degli interrogativi, più che con delle risposte. Non sappiamo chi avrebbe votato, ma sicuramente si sarebbe scagliato contro chi sfrutta gli ultimi e nega diritti alle minoranze.

                                                                                                                             Giulia Sofia Fabiani

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