Rilascio di metano nell’artico: andrebbe incluso nei modelli climatici

ghiacciai Svalbard

Ogni volta (o quasi) che si annuncia che è uscito uno studio che sottolinea l’urgenza di includere un fattore nei modelli climatici non è una buona notizia, tanto per cambiare non lo è nemmeno stavolta.
La notizia della pubblicazione la troviamo sul sito della Geological society of America mentre lo studio lo troviamo su Geology.
La cattiva notizia è che il rilascio di metano nell’artico, una volta intrappolato stabilmente nei sedimenti sul fondo marino,  diventeranno sempre più frequenti.
La notizia è molto semplice da schematizzare:
1) il metano è un gas serra dieci volte più “efficiente” dell’anidride carbonica nell’intrappolare il calore solare.
2) nei fondali artici c’è tanto metano, intrappolato in maniera stabile grazie alla pressione degli strati di ghiaccio che si propaga fino al fondale marino.
3) lo scioglimento dei ghiacci sta mettendo in pericolo questa stabilità, scatenando rilasci di grandi riserve di metano come quelle avvenute in passato nelle ere inter-glaciali.

La metodologia dello studio è stata quella di prendere in esame passati eventi climatici, in particolare l’attenzione di Pierre-Antoine Dessandier (dell’Universita norvegese dell’artico e autore principale dello studio)  e dei sui collaboratori si è appuntata su un periodo interglaciale conosciuto come Deglaciazione Aemiana (tra 130000 e 115000 anni fa) e su un altro denominato Ultimo massimo glaciale.



La diminuzione dei ghiacci nel primo periodo fu paragonabile a quella che l’artico sta sperimentando oggi.
Le prove di eventuali rilasci anomali di metano i ricercatori le hanno cercate tracciando gli isotopi di carbonio nei fossili di foraminifera nei sedimenti marini,
Le foraminifere sono minuscoli organismi marini dotati di conchiglia, quando muoiono il “guscio” va a far parte del sedimento marino.
Fisicamente la raccolta è stata fatta estraendo due carote dai fondali del mare artico nell’arcipelago delle Svalbard (Norvegia).
Nei due periodi di deglaciazione (ovviamente a un massimo segue un ritiro dei ghiacci), raccontano i dati raccolti, ci furono sicuramente emissioni di metano, in forma di sbuffi violenti o di rilascio più graduale, ma più probabilmente in una combinazione dei due.
Quanto metano effettivamente arrivò nell’atmosfera e quindi quanto contribuì all’effetto serra non è però possibile stabilirlo, il punto è che ci sono creature marine che invece di rilasciare metano se ne nutrono, in effetti per qualcuno di questi organismo quel periodo deve essere stato una pacchia. Una volta che lo scioglimento dei ghiacci fu completato le emissioni cessarono perché si era raggiunto un nuovo equilibrio.
Il punto è che il rilascio di metano nell’artico è successo e probabilmente succederà ancora e vista l’efficienza di questo gas come gas serra i modelli climatici dovrebbero non trascurare l’eventualità.

Roberto Todini

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