Egitto, Iran, Giordania, Libano e Turchia ospitano insieme più di 5.5 milioni di rifugiati siriani, che diventano così il gruppo di rifugiati più grosso al mondo
L’UNHCR, l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, ha allertato sulle condizioni ormai insostenibili per i rifugiati siriani dislocati in Medio oriente, il cui 80% già prima dello scoppio della pandemia viveva in condizioni drammatiche, ben al di sotto della fascia di povertà, .
La diffusione pandemica del Covid-19 non ha fatto che peggiorare la situazione, aumentando di oltre 200,000 unità il numero di persone che cercano rifugio in paesi confinanti con la Siria.
“Il numero di rifugiati vulnerabili che mancano delle risorse necessarie per vivere in esilio è aumentato drammaticamente a causa dell’emergenza sanitaria” ha dichiarato Andrej Mahecic, portavoce UNHCR.
La mancanza di fondi, oltre che di un fronte compatto internazionale per gestire al meglio l’emergenza, sta portando in Giordania a una situazione in cui solo 17,000 dei 49,000 nuovi rifugiati siriani può effettivamente ricevere un aiuto economico dall’UNHCR.
E le conseguenze della mancanza di fondi iniziano a farsi sentire: secondo i rapporti ONU, molte famiglie dividerebbero i pasti, saltandoli o distribuendoli, facendo lo stesso con le medicine. Razioni dimezzate di cibo e farmaci aumentano le possibilità che si diffondano malnutrizione e patologie, che renderebbero la situazioni più drammatica.
In Giordania, solo il 35% dei rifugiati siriani ha un lavoro a cui tornare appena le restrizioni dovute al diffondersi del Covid-19 si allenteranno.
Timori che si alzano anche per i gruppi più vulnerabili di siriani rimasti all’interno del territorio statale e che combattono contro situazioni estreme di povertà.
Aiutare le comunità di rifugiati significa non solo favorire al meglio l’integrazione nei nuovi territori, evitando di ostracizzare persone senza lavoro né dimora, ma permette anche di mantenere sotto controllo l’emergenza sanitaria.
Secondo il portavoce UNHCR, è fondamentale che i rifugiati siano inclusi nelle politiche di salute pubblica, oltre che ovviamente avere accesso ai servizi necessari per la sopravvivenza e a quelli educativi.
“È importante che i rifugiati, gli sfollati all’interno del proprio paese, gli apolidi siano inclusi nelle politiche nazionali di salute pubblica. Solo se tutti sono sotto controllo e al sicuro, possiamo dirci tutti al sicuro”.
Chiara Nobis