I rifugiati afgani in Pakistan tra la negazione dei diritti umani e la sicurezza interna

rifugiati afgani in Pakistan

A seguito della decisione presa dal Governo di Islamabad il giorno 3 ottobre 2023 e annunciata dal ministero dell’interno Sarfraz Bugti, tutti gli immigrati che vivono in Pakistan senza status legale hanno 28 giorni di tempo per andarsene in maniera volontaria oppure verranno rimpatriati. Tuttavia questa decisione riguarda soprattutto i rifugiati afgani in Pakistan.


I migranti in Pakistan

I migranti in Pakistan sono prevalentemente di origine afgana, sia a causa della conformazione geografica, essendo i due stati confinanti, sia per ragioni storiche. Negli anni settanta la popolazione afgana iniziò a migrare spinta dalla ricerca di un maggiore benessere economico. Successivamente un’ulteriore spinta migratoria si verificò quando l‘Unione Sovietica occupò l’Afghanistan negli anni ottanta, seguita poi da una invasione statunitense negli anni duemila. Un altro fattore che contribuì a generare questa tendenza, fu l’instaurarsi del regime talebano, prima negli anni novanta e successivamente nel 2021.  L’UNHCR (l’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite che tutela i diritti e il benessere di quest’ultimi in tutto il mondo) riporta che attualmente gli afgani in Pakistan sono 3.7 milioni e che di questi, circa 700 mila, sono arrivati a seguito del ritorno dei talebani nell’agosto 2021 e si stima che 1.7 milioni di afgani non abbiano un permesso regolare per poter soggiornare. Dopo l’annuncio del governo migliaia di afgani si sono diretti verso il confine, circa 200 mila, in una corsa contro il tempo, tempo che è scaduto ieri.

Diritti umani e questione securitaria in Pakistan

La polizia pakistana ha il diritto di arrestare chi è sprovvisto di uno status legale e di rimpatriarlo con la forza. Tuttavia lo scenario è molto più complesso: l’Afghanistan sta già affrontando una crisi umanitaria e il regime talebano non garantisce quei diritti ritenuti fondamentali, praticando una forte discriminazione di genere.

Le organizzazioni umanitarie hanno sottolineato come queste espulsioni violino il diritto internazionale consuetudinario di non respingimento, sancito dalla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, all’articolo 33.  Il governo di Islamabad tuttavia afferma che la decisione è stata presa per questioni di sicurezza interna, poiché i cittadini afgani hanno preso parte ad azioni rivolte contro il governo, tra cui gli attentati suicidi di quest’anno. Vedremo nelle prossime settimane se fare appello alla questione securitaria sarà un escamotage vincente o fallimentare da parte del Governo pakistano.

Matthew Saltmarsh, portavoce dell’UNHCR, ha esortato il Governo pakistano di “continuare la sua protezione di tutti gli afgani vulnerabili che hanno cercato sicurezza nel paese e potrebbero essere a rischio imminente se costretti a tornare”.  Mentre l’Human Rights Watch  (organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani) denuncia la decisione del governo in materia di immigrazione irregolare, che sta già producendo una serie di abusi nei confronti dei profughi afgani, come arresti, violazioni di domicilio e una serie di interventi puramente arbitrari.

La situazione delle rifugiate afgane

Una situazione critica riguarda soprattutto le donne afgane rifugiate in Pakistan, poiché con l’istaurarsi  in Afghanistan del nuovo regime talebano sono aumentati gli abusi e le discriminazioni di genere. Alle donne gli è stato fatto divieto di studiare, lavorare, talvolta di muoversi e nell’accesso all’assistenza sanitaria.  Infatti molte famiglie avendo a cuore l’educazione e la vita delle proprie figlie hanno preferito rimanere in Pakistan, andando in contro a possibili arresti e deportazioni forzate. Molte delle donne rifugiate in Pakistan erano attiviste che hanno militato per i diritti della donna e furono costretto a fuggire a seguito di minacce e e ritorsioni, come la tortura. L’Afghanistan è anche nel pieno di una crisi economica e umanitaria che ha lasciato buona parte della popolazione in una pericolosa insicurezza alimentare, con conseguenze notevolmente più drastiche per le famiglie guidate dalle donne.

Diritti negati ai rifugiati afgani in Pakistan?

L’articolo 33 statuisce:

“Divieto d’espulsione e di rinvio al confine”.

Da quanto prescritto dall’articolo 33, il principio di non respingimento si traduce nell’obbligo di non rimpatriare o trasferire in maniera diretta o indiretta, un rifugiato o un richiedente asilo in un luogo nel quale la sua vita o la sua libertà sarebbe in pericolo. Nel nostro caso il Governo pakistano sta facendo una pressione indiretta sui profughi, mettendo un limite temporale entro il quale poter tornare volontariamente nella propria madre patria. Qualora questo tempo finisca, ed è finito il 1 novembre 2023, la polizia è autorizzata a incarcerare e espellere coloro che non possiedono i requisiti per soggiornare, facendo così una pressione indiretta e violando pertanto l’articolo 33. 

La ratio di questa legge consiste in un bilanciamento di interessi: la sicurezza interna dello stato e la protezione della vita e delle libertà individuali. Il Pakistan fa leva su questo conflitto di interessi per far prevelare la propria posizione, tuttavia come visto in precedenza un rimpatrio per molti dei rifugiati afgani, come nel caso delle donne, metterebbe la loro vita in pericolo.  Quindi la questione rimane aperta: per quanto ancora il Governo di Islamabad potrà perpetrerà condizioni così denigranti per i rifugiati afgani in Pakistan? Le organizzazioni umanitarie, ora che la polizia pakistana ha il via libera per gli arresti e le deportazioni, che strategie useranno per provare a invertire la rotta del governo e dare ai profughi i loro diritti?

Riccardo Andrea Ghidetti

 

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