È stata approvata il 2 aprile 2019 la proposta di legge per la riforma del rito abbreviato.
Volta ad esclude, per i delitti puniti con l’ergastolo, l’applicazione del rito abbreviato e le riduzioni di pena. Un ennesimo voto di pancia contrario ai suggerimenti degli avvocati e dei magistrati, un voto che va nella direzione opposta a qualsiasi ragionamento logico, spinto solo dalla ricerca di consensi. Un’ennesima dimostrazione della direzione politica sulla riforma penale, dopo il voto sulla legittima difesa.
Il rito abbreviato è (era) un importante strumento deflattivo, e sparisce così proprio da quei procedimenti che più subiscono il peso della macchina giustizia.
Uno strumento cruciale non soltanto per la rapidità dei tempi, ma anche per la “semplicità” del processo. Nei casi “da ergastolo” nel 2016 erano il 68% i procedimenti definiti con l’abbreviato, 79% nel 2017 e più dell’80% ad oggi. Uno strumento che funzionava, che dava certezza e rapidità, ma a cui si è preferito il consenso popolare. Ora invece con la sua eliminazione e con l’affidamento di tali casi esclusivamente alla Corte d’Assise le pratiche potranno subire ritardi di anni. Oltre al pericolo di sovraccaricare le corti in questione.
Il rito abbreviato, previsto dagli articoli 438 e seguenti del c.p.p.,
è quel procedimento speciale previsto dal sistema italiano caratterizzato, in sintesi, dall’omissione del dibattimento. Col quale il giudice decide esclusivamente in base agli atti contenuti nel fascicolo del P.M.
Le modifiche apportate dalla legge (formata da 5 articoli) sono rilevanti e pericolose, almeno secondo tutti gli esperti, per il sistema giudiziario.
Il provvedimento modifica gli articoli 429, 438, 441-bis e 442 del codice di procedura penale:
Non si prevede più il giudizio abbreviato per delitti da ergastolo, la cui richiesta dovrà essere dichiarata inammissibile dal giudice dell’udienza preliminare. Consente all’imputato di rinnovare la richiesta fino alle conclusioni, nel corso dell’udienza preliminare. Prevede che se il giudice riconosce che era possibile il rito abbreviato, egli debba comunque applicare al condannato la riduzione di pena prevista quando si procede con il rito speciale (diminuzione di un terzo della pena).
Oltre al rischio di sovraccarico delle Corti d’Assise, questa legge va contro a tutti gli obbiettivi che le camere penali e le associazioni di magistrati si erano posti. Gli obiettivi erano la riduzione dei tempi, la depenalizzazione, l’alleggerimento del carico di processi ai magistrati, l’estensione dei poteri del gup.
Il 6 febbraio il Consiglio superiore della magistratura aveva emanato un proprio parere in cui sottolineava le pericolose ricadute che una tale scelta poteva avere sulle corti d’assise e sulla macchina della giustizia. Tuttavia la politica criminale di questo governo è improntata al consenso elettorale, e ignora sistematicamente i suggerimenti e le statistiche degli esperti.
Leandro Grasso