Riforma della Giustizia: cosa prevede il Ddl Nordio

Cosa prevede il Ddl Nordio

Nella giornata di ieri 15 giugno, il governo meloni ha dato l’ok al disegno di legge, otto articoli in tutto, presentato dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio. Tra le principali novità spiccano l’abolizione del reato d’abuso d’ufficio, un depotenziamento delle misure cautelari e la depenalizzazione del Traffico d’influenze. Ma vediamo cosa prevede nel dettaglio il Ddl Nordio.

Nella giornata di ieri, il governo meloni ha approvato la riforma sulla giustizia che porta la firma del Ministro Carlo Nordio e l’ha dedicata a Silvio Berlusconi. Il disegno di legge, che consta di otto articoli totali, deve ancora iniziare il percorso in Parlamento ma ha già ricevuto numerose critiche come quella mossa dall’associazione nazionale magistrati che ne ha denunciato la mancanza di equilibrio e bilanciamento. Sul fronte della maggioranza, invece, la bozza ha messo tutti d’accordo, inclusa la lega che ha definitivamente superato le proprie riserve sull’abolizione dell’abuso d’ufficio, in vista di una riforma complessiva dei reati contro la pubblica amministrazione. Ma vediamo nel dettaglio cosa prevede il nuovo Ddl Nordio.

Il Ministro della Giustizia ha difeso il suo testo e rivendicato le singole misure introdotte, ribadendo che non ci sono rischi per i cittadini, dal momento che l’Italia, sul piano della tutela delle garanzie  costituzionali, è  l’arsenale il più agguerrito d’Europa. Ovviamente, Nordio ha portato in Cdm solo le misure su cui è sicuro di trovare subito convergenza, promuovendo così il suo progetto di “rivoluzione della giustizia in senso garantista”, annunciata sin dal suo insediamento a Via Arenula.

Collegialità e misure cautelari: cosa prevede il Ddl Nordio

Tra le sue novità, il Ddl Nordio si propone di introdurre la competenza di un organo collegiale, formato da tre giudici, per l’adozione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere mentre fino ad ora era stata sempre disposta dal giudice monocratico.  Inoltre, la riforma prevede che prima di disporre la misura cautelare, l’indagato dovrà essere avvertito, con almeno 5 giorni di anticipo. La collegialità riguarderà soltanto la più grave delle misure cautelari, quella in carcere; ciò significa che non verrà estesa ad un’ordinanza per arresti domiciliari.

Questa novità introdurrà dei vantaggi per i cittadini? Piccolo spoiler, no. Innanzitutto, per quel che concerne l’impatto sull’organizzazione dei Tribunali, soprattutto per le incompatibilità dei tre giudici rispetto alle successive fasi del processo,  l’introduzione della collegialità prevede un aumento dell’organico con 250 nuovi magistrati, da destinare alle funzioni giudicanti. Ragion per cui, l’entrata in vigore della misura è stata differita di due anni. Questo significa che nei piccoli tribunali, che già faticano a fronteggiare la normale amministrazione, sarà praticamente impossibile fare arresti.  I tre giudici che decidono una misura cautelare non potranno, infatti, partecipare ad altri gradi di giudizio, pena la ricusazione.


Giustizia a corrente alternata

Ma la cosa più eclatante, e ovviamente assurda, riguarda l’introduzione del cosiddetto principio del contraddittorio preventivo che prevede che il giudice convochi l’indagato alla presenza del suo difensore per interrogarlo prima di decidere se arrestarlo. Prima ci si chiedeva, giustamente, quali fossero i vantaggi per i cittadini riguardo a questa novità introdotta dal Ddl Nordio, e la risposta è stata un perentorio no. Adesso, alla luce di queste premesse, è possibile rispondere che i vantaggi effettivamente ci saranno ma non per i cittadini onesti, bensì per gli indagati ai quali sarà servita su un piatto d’argento la possibilità di tagliare la corda evitando così di finire dietro le sbarre.

Inoltre, il fatto che la misura non riguarderà le situazioni d’urgenza (quelle per cui sussiste pericolo di fuga o di inquinamento delle prove, reiterazione di gravi reati come mafia e terrorismo, reati commessi con armi o violenza fisica) non è una rassicurazione, anzi. Poiché, a questo punto è chiaro che gli indagati avvisati della possibilità di essere arrestati saranno ovviamente tutti i colletti bianchi e non certamente le persone comuni. 

L’abuso d’ufficio non sarà più un reato

Nel Ddl Nordio è prevista poi l’abolizione del reato che punisce l’abuso d’ufficio, obiettivo storico del ministro della giustizia condiviso (guarda caso) anche da Forza Italia e dal duo Renzi-Calenda del (fu) Terzo polo, e ultimamente anche da Carroccio e Fratelli d’Italia che inizialmente erano propensi soltanto all’introduzione di ulteriori limitazioni del campo di applicazione della norma.

L’abolizione dell’articolo 323 del codice penale è uno degli aspetti più controversi della riforma, anche perché contrasta con la regolamentazione dell’Unione europea e dell’Onu.  Ma il Guardasigilli, per correre ai ripari e continuare ad attuare indisturbato la propria missione rivoluzionaria della giustizia umana in senso garantista, ha espressamente indicato la possibilità di introdurre altre previsioni per sanzionare la condotta, con formulazioni più precise e in base alle indicazioni euro-unitarie.

Ma se le cose stanno in questi termini, la domanda sorge, come si suole dire, spontanea. Perché introdurre nuove misure per sanzionare lo stesso reato, quando esiste già uno strumento messo a disposizione dal codice penale? L’abolizione del reato d’abuso d’ufficio, che dovrebbe avere come principale vantaggio quello di velocizzare la macchina burocratica, renderà non più perseguibili comportamenti che fino a ieri attenevano perfettamente alla condotta illecita in questione e che adesso sono miracolosamente passati nell’alveo della legalità.  Inoltre, l’abuso d’ufficio è sempre stato considerato un reato  “grimaldello” perché consentiva agli investigatori di scoprire reati ben più gravi come quello per corruzione, mentre adesso c’è il rischio di lasciare una vera e propria lacuna nel sistema della giustizia italiana.

Traffico di influenze illecite ridotto ai mini termini

La riforma Nordio, tra le altre cose, mira a ridimensionare notevolmente anche la fattispecie di reato introdotta dalla legge Severino e riguardante il traffico di influenze illecite. Verrà di fatto depenalizzato il reato di millantato credito (inglobato poi nel traffico di influenze dalla legge Spazzacorrotti).

Con l’entrata in vigore del Ddl Nordio, la punibilità del nuovo reato dipenderà da questi specifici requisiti: intenzionale sfruttamento delle relazioni con il pubblico ufficiale, relazioni esistenti e non più solo asserite, utilità economica (data o promessa) e versamento a fine remunerativo. In breve, vuol dire che saranno punibili solamente quei soggetti che che, sfruttando reali relazioni con un pubblico ufficiale, vengono ricompensati in denaro per una mediazione illecita, mentre ad esempio verrà lasciato fuori lo scambio di favori per il quale non si riproduce lo schema di reato previsto dalla riforma.

La stretta sulle intercettazioni e il trionfo dell’impunità

Per quanto riguarda il capitolo intercettazioni,  oltre all’estensione del divieto di pubblicazione, la riforma prevede che non potranno più essere diffuse, nemmeno in modo parziale, le intercettazioni non riprodotte dal giudice nelle motivazioni o utilizzate nel dibattimento. In questo modo si contribuisce a realizzare uno dei sogni più audaci di Berlusconi: di rendere perfettamente legale la possibilità di nascondere le prove delle proprie malefatte, equiparando garantismo e berlusconismo in un solo abbraccio mortale.

Ma non finisce mica qui, perché il ministro Nordio nella sua epocale riforma esclude anche che copia degli atti possa essere rilasciata se la richiesta “è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dei loro difensori”.  Il disegno di legge stabilisce, infatti, che “è dovere del giudice di stralciare le intercettazioni includendovi, oltre ai già previsti dati personali sensibili, anche quelli relativi a soggetti diversi dalle parti, fatta salva l’ipotesi che essi risultino rilevanti ai fini delle indagini”.

Il mondo alla rovescia

Con la nuova riforma targata Carlo Nordio tutto sembra dunque possibile e a portata di mano: l’impunità è pronta a diventare la  giustizia del più forte e il garantismo sinonimo naturale di Berlusconismo.  Anche questa volta, dopo pochi giorni dalla morte del fondatore di Forza Italia, il governo meloni, alla costante e disperata ricerca di nuove e sincere manifestazioni di affetto nei confronti del caro estinto,  si è superato, dedicando al compianto leader perfino la riforma della Giustizia. Come dimenticare, infatti, le innumerevoli battaglie combattute  dal Cavaliere  nel nome del rispetto delle istituzioni e della libertà del potere giudiziario da quello politico? Ma, si sa, nella vita gli affetti sono l’unica cosa che conta. Perciò non esiste onore più grande da poter rendere a coloro i quali non vivono più con noi, che provare a realizzare su questa terra ciò che a loro non è stato concesso di portare a termine. Se soltanto potesse vederli, Berlusconi sarebbe senza dubbio fiero di ognuno di loro.

Tommaso Di Caprio

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