Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il 95% dei paesi non ha mai attivato politiche per ridurre il consumo di sale da cucina. Eppure, l’assunzione eccessiva di sodio è un fattore di rischio noto da tempo.
I dati confermano che, mediamente, si consumano 10,8 grammi al giorno di cloruro di sodio, mentre l’OMS raccomanda un quantitativo non superiore ai 5 grammi. Per questa ragione l’Organizzazione chiede di implementare i “Best Buys” così da ridurre il consumo di sale a livello globale e il rischio di contrarre malattie cardiache, ictus e morte prematura.
Le diete malsane sono una delle principali cause di morte e malattia a livello globale e l’eccessiva assunzione di sodio è uno dei principali colpevoli.
Lo afferma Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, il quale invita caldamente tutti i paesi ad attuare quanto prima politiche di riduzione del sodio. Se così non fosse, sarà impossibile raggiungere il quarto obiettivo del Piano d’azione per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili. Infatti, l’eccessivo utilizzo di sale determina un aumento della pressione sanguigna e del rischio di eventi di natura cardiovascolare come infarto e ictus.
I dati sul consumo di sale
“Sulla riduzione dell’assunzione di sodio” , il primo Report pubblicato su questa delicata problematica, afferma che siamo ampiamente lontani dal raggiungere l’obiettivo globale di ridurre l’assunzione di sodio del 30% entro il 2025. Infatti, ad oggi, solo il 5% degli Stati membri dell’OMS ha già adottato più politiche obbligatorie volte a ridurre il consumo di sale. I paesi modello sono al momento nove: Brasile, Cile, Repubblica Ceca, Lituania, Malesia, Messico, Arabia Saudita, Spagna e Uruguay, rispetto ai 194 che ne fanno parte.
I dati, aggiornati ad ottobre 2022, sostengono inoltre che il 62% dei paesi ha attuato almeno una misura volontaria e/o politica per raggiungere l’obiettivo, mentre un 29% ha optato per un impegno politico mirato alla riduzione del sodio. Guardando all’Italia, attualmente non è stato fissato un limite al contenuto di sodio nel cibo.
Quanto sale consumiamo?
Sebbene non ci siano attualmente delle politiche mirate, in Italia uno studio svolto tra il 2018-2019 ha calcolato il consumo medio dei nostri cittadini. Dai risultati è emerso che, in media, gli uomini consumano 9,5g al giorno e le donne 7,2g, mentre solo il 9% dei maschi e il 23% delle donne assumono una quantità minore a 5g.
Se confrontati con quanto emerso nell’arco temporale 2008-2012, tali dati evincono un miglioramento, ma rimane indubbia la necessità anche nel nostro paese di intervenire a livello istituzionale per tutelare la salute pubblica.
7 milioni di vite
Se le istituzioni si mobilitassero il prima possibile nell’attivare e/o implementare le politiche volte a ridurre il consumo di sale, si potrebbero salvare 7 milioni di vite entro il 2030: un obiettivo indubbiamente difficile, ma non impossibile. Ad oggi, si stima che 1,89 milioni di persone muore per cause legate all’alimentazione e una componente importante di questo numero è rappresentata da coloro i quali assumono una quantità eccessiva di cloruro di sodio.
Il sale, un nutriente essenziale
In chimica si chiama cloruro di sodio (NaCl) ed è un minerale fondamentale per il buon funzionamento dell’organismo. Infatti, un suo corretto utilizzo regola l’equilibrio acido-base e il bilancio idrico, ovvero la distribuzione dei liquidi nel corpo. Inoltre, ha un ruolo attivo nella contrazione muscolare e nella trasmissione dell’impulso nervoso.
In genere il sale viene assunto attraverso l’alimentazione, in quanto in cucina si usa per insaporire, conservare e disidratare. Conosciuto ormai in tutto il mondo, è presente su tutte le tavole e può avere origini diverse, tra cui le più diffuse sono:
- sale marino, che si ottiene dall’evaporazione dell’acqua del mare in strutture idonee, prima di procedere alla raffinazione per eliminare le impurità;
- salgemma o sale di rocca, che si estrae dalla roccia e non necessita di trattamenti particolari, poiché già ricavato in forma pura.
In termini di sapore non ci sono particolari differenze, mentre la composizione è diversa. Infatti, il sale marino è povero di iodio, una sostanza fondamentale per il corretto funzionamento della tiroide. Purtroppo i trattamenti di raffinatura determinano la perdita di gran parte di questo componente, motivo per cui viene poi addizionato in un secondo momento.
Best Buys
Così soprannominati, definiscono i quattro interventi urgenti per ridurre il consumo di sale nel minor tempo possibile. Raccomandati dall’OMS, possono essere così riassunti:
- abbassare il contenuto di sodio nei prodotti alimentari;
- implementare l’etichettatura sulla parte anteriore delle confezioni per aiutare i consumatori a selezionare prodotti alimentari a basso contenuto di sodio;
- condurre campagne sui mass media per modificare il comportamento dei consumatori sul consumo di sodio;
- incentivare politiche di approvvigionamento alimentare, per limitare gli alimenti ricchi di sodio serviti nei luoghi pubblici come ospedali, scuole, luoghi di lavoro e case di cura.
Sodium Country Score Card
Nel rapporto dell’OMS è stata definita una tabella che ha l’obiettivo di valutare in ogni paese l’implementazione di politiche volontarie e/o obbligatorie, volte a ridurre il consumo di sale. Il punteggio attribuibile va da 1, il peggiore, a 4, il migliore, e viene assegnato sulla base di una serie di fattori da monitorare.
Nello specifico, le linee guida affermano:
- punteggio 1 – impegno ad adottare politiche nazionali di riduzione dell’assunzione di sodio;
- punteggio 2 – adozione di misure volontarie per ridurre l’apporto di sale negli alimenti, incoraggiando i consumatori a fare scelte alimentari più sane;
- punteggio 3 – sviluppo di misure obbligatorie sia per ridurre l’assunzione di sodio sia per promuovere l’adozione di un modello di profilo nutrizionale che implementi efficacemente le misure. Ad esempio, è previsto l’inserimento dell’obbligo di dichiarare nelle etichette degli alimenti preconfezionati il contenuto di sodio;
- punteggio 4 – almeno due misure obbligatorie per la riduzione dell’assunzione di sodio e l’obbligo di dichiarare nelle etichette degli alimenti preconfezionati il contenuto di sodio. In ultimo, l’implementazione di tutti e quattro i “best buys” di riduzione del consumo di sale.
In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità già da tempo lavora con l’intento di sensibilizzare i cittadini sulla problematica, educando anche i produttori all’immissione sul mercato di prodotti che aiutino i consumatori nel migliorare la loro alimentazione. Inoltre, sono già attivi su tutto il territorio nazionale diversi progetti per monitorare il consumo di sale e l’insorgenza di malattie correlate.
In qualche modo il paradosso assomiglia al sale per gli alimenti. Il cibo senza sale è insipido. Ma troppo sale trasforma qualsiasi alimento in qualcosa di incommestibile.
“La sostanza divina” in Omero e “l’oro bianco” per i Romani, il sale accompagna la storia dell’umanità sin dai tempi più antichi. Infatti, conosciuto sin dal Neolitico, ha incentivato lo sviluppo di civiltà stabili, consentendo loro di conservare gli alimenti.
Compreso fin da subito il suo inestimabile potenziale, il sale è diventato il protagonista di una storia che trasversalmente attraversa la realtà del commercio, del potere, dei mito e della superstizione, arrivando sino ai giorni nostri, alle nostre tavole imbandite, che stimolano il palato, ma minacciano il nostro cuore.
E dunque se in passato ha garantito la sopravvivenza dell’uomo, oggi ne compromette la salute per un eccesso figlio, almeno in parte, di un benessere che non riusciamo più a gestire.