Innanzitutto calma e sangue freddo, se state già pensando di prenotare alla Total recall sappiate che dovrete aspettare ancora a lungo per farvi impiantare i ricordi artificiali della vostra vacanza da sogno, non fate scadere il passaporto.
La notizia uscita in un articolo pubblicato su Science da Rafael Yuste, Luis Carrillo-Reid e altri colleghi della Columbia University, riguarda un piccolo ma promettente ed eccitante passo avanti compiuto da questi ricercatori nel campo dell’optogenetica, un nuovo campo della ricerca sul cervello di cui abbiamo parlato in un articolo pubblicato a fine giugno.
Le basi concettuali per la creazione di ricordi artificiali
Yuste, il coautore dello studio Carrillo-Reid e colleghi hanno utilizzato le tecniche dell’optogenetica per applicare e verificare le teorie di Donald Hebb, uno psicologo che nel 1949 propose un’ipotesi su come si comportano i neuroni nel cervello durante il processo di apprendimento.
In parole povere i neuroni che si accendono insieme (per via di uno stimolo) stabiliscono una connessione tra loro e rimangono collegati, inoltre la ripetizione rafforza il legame, ecco perché la ripetizione rafforza e fissa l’apprendimento.
Nel 1982 il neuroscienziato John Hopfield sviluppò la teoria di Hebb aggiungendo che dopo aver creato l’insieme di neuroni stimolarne uno accende tutto il gruppo.
Cosa hanno fatto i ricercatori della Columbia
I ricercatori hanno utilizzato un laser a due fotoni per stimolare coppie di neuroni nella corteccia visiva di un topo che erano stati modificati per reagire alla luce. Il risultato è stato esattamente quello previsto da Hebb e Hopfield, stimolare un solo neurone di quelli stimolati insieme in precedenza “accende” tutto il gruppo. Nei topolini dell’esperimento questo gruppo di neuroni rimane collegato per alcuni giorni.
Quindi gli autori hanno dimostrato che è possibile inscrivere “esperienze” nella corteccia cerebrale. Questo fenomeno di un neurone (o alcuni neuroni) appartenenti a un insieme che se stimolati accendono anche tutti gli altri, fornisce una spiegazione plastica a livello di funzionamento delle connessioni neurali di quel fenomeno per cui un odore o un suono può scatenare una catena di ricordi collegati.
La strada per i ricordi artificiali è ancora lunga
I ricercatori sono molto prudenti, anche perché, come da loro stessi puntualizzato, per eccitanti che siano i loro risultati ancora non hanno nemmeno dimostrato che effettivamente è così che funzionano l’apprendimento e la creazione dei ricordi nel cervello, loro hanno “solo” dimostrato che davvero neuroni stimolati insieme creano connessioni durature, il prossimo passo sarà dunque proprio dimostrare che come teorizzato da Hebb è davvero in questo modo che il cervello apprende e crea ricordi.
Roberto Todini