La notizia della proposta di riclassificazione della cannabis avanzata dalla DEA ha provocato un turbinio di reazioni in tutti gli ambienti USA: dai mercati azionari, all’industria della cannabis, dal mondo della ricerca scientifica, ai piani alti del Congresso. È un’operazione simpatica di Biden in vista delle presidenziali di novembre? E, soprattutto, in cosa consiste la riclassificazione della cannabis?
Riclassificazione della cannabis significa legalizzazione?
Riconoscere gli usi medici della cannabis e il minore potenziale di rischio sulla salute rispetto alle droghe più pesanti: è quanto prevede la riclassificazione della cannabis. Una proposta che la Drug Enforcement Administration (DEA) degli Stati Uniti sottoporrà al vaglio dell’Ufficio di gestione e bilancio della Casa Bianca (OMB).
Per ora è poco più che un pour parler: dal punto di vista tecnico e burocratico il processo è lungo. Dopo l’eventuale approvazione da parte dell’OMB, la proposta dovrà essere sottoposta a un periodo di commento pubblico e infine essere revisionata da un giudice amministrativo. Solo allora l’agenzia federale potrà pubblicare la norma finale.
Norma che, è bene chiarirlo, non andrebbe a legalizzare completamente l’uso ricreativo della marijuana. L’intenzione della DEA è quella di riclassificare la cannabis, cioè spostarla dalla Tabella I -dove dal 1971 si trova al pari di metanfetamina, eroina e LSD- alla Tabella III, che include ketamina, Tylenol, codeina e alcuni steroidi anabolizzanti. I farmaci della Tabella III sono ancora sostanze controllate e soggette a norme e regolamenti e le persone che le trafficano senza permesso potrebbero ancora essere perseguiti penalmente a livello federale.
Xochitl Hinojosa, direttore delle relazioni pubbliche del Dipartimento di Giustizia (di cui fa parte la DEA) ha dichiarato in una nota:
«Oggi il procuratore generale ha fatto circolare una proposta per riclassificare la marijuana dalla Tabella I alla Tabella III. Una volta pubblicato dal Federal Register, avvierà un processo normativo formale come prescritto dal Congresso nella legge sulle sostanze controllate».
Che il procuratore generale del Dipartimento di Giustizia Merrick Garland sia favorevole alla riclassificazione della cannabis testimonia l’importanza che questo passaggio riveste per l’amministrazione Biden.
Una mossa politica?
Alle porte delle elezioni midterm, nell’ottobre del 2022, Joe Biden aveva chiesto una revisione della legge federale sulla marijuana e si era mosso per graziare migliaia di americani condannati a livello federale per semplice possesso della droga. Aveva anche invitato i governatori e i leader locali ad adottare misure simili per cancellare le condanne per marijuana e a dicembre di quell’anno aveva dichiarato:
«I precedenti penali per uso e possesso di marijuana hanno imposto inutili barriere all’occupazione, all’alloggio e alle opportunità educative. Troppe vite sono state sconvolte a causa del nostro approccio fallito alla marijuana. È ora di correggere questi errori».
Oggi, in vista delle elezioni presidenziali di novembre, l’apertura alla cannabis da parte dell’amministrazione Biden sembra avere la stessa motivazione politica. Sembra infatti che il vecchio presidente democratico non goda di particolare sostegno presso gli elettori più giovani. A questo si deve aggiungere un sondaggio che di certo non è passato inosservato all’amministrazione: il 70% degli adulti sostiene la legalizzazione, il livello più alto mai registrato dall’istituto di sondaggi e più del doppio rispetto a circa il 30% che la sosteneva nel 2000.
Un passo importante per aiutare la ricerca
Poiché la marijuana rientra nella Tabella I, è stato molto difficile negli anni condurre studi clinici autorizzati che comportassero la somministrazione del farmaco. La riclassificazione della cannabis consentirebbe ai ricercatori di condurre studi su larga scala della cannabis per determinare specifici benefici medici. Attualmente gli scienziati si affidano ai resoconti delle persone stesse sul loro uso di marijuana.
I farmaci della Tabella III sono, invece, più facili da studiare, anche se la riclassificazione non annullerebbe immediatamente tutte le barriere allo studio.
L’industria della marijuana
Negli anni è arrivato a 38 il numero di stati che hanno legalizzato la marijuana medica e sono 24 quelli che ne hanno legalizzato l’uso ricreativo. Ciò ha contribuito ad alimentare la rapida crescita dell’industria della marijuana, con un valore stimato di quasi 30 miliardi di dollari.
Ma secondo il codice fiscale federale, le aziende coinvolte nel “traffico” di marijuana o di qualsiasi altro farmaco della Tabella I o II non possono detrarre l’affitto, le buste paga o varie altre spese che altre aziende possono cancellare. I gruppi industriali affermano che l’aliquota fiscale spesso arriva al 70% o più.
Queste normative fiscali così stringenti non si applicano invece ai farmaci della Tabella III, quindi la riclassificazione della cannabis proposta dalla DEA ridurrebbe sostanzialmente le tasse delle aziende produttrici di cannabis.
La reazione dei mercati azionari
Le azioni delle società di cannabis americane sono salite martedì pomeriggio: Cronos Group, Tilray Brands e Canopy Growth sono aumentate tra il 10,9% e il 52%. L’ETF AdvisorShares Pure US Cannabis è salito del 21%. Le azioni delle società canadesi Green Thumb Industries e Trulieve Cannabis hanno registrato un aumento rispettivamente del 25% e del 31%.
Le azioni delle società di marijuana quotate in borsa negli Stati Uniti avevano registrato un’impennata simile nel 2019, dopo che il Canada aveva legalizzato l’uso di marijuana a scopo ricreativo, per poi crollare l’anno successivo, quando i numeri dei ricavi non sono stati in grado di giustificare le loro valutazioni elevate.
Contrari e favorevoli
Alcuni critici sostengono che la DEA non dovrebbe cambiare rotta sulla marijuana, affermando che la riclassificazione non è necessaria e che potrebbe portare a effetti collaterali dannosi. Inoltre, secondo loro, se la marijuana diventasse farmaco della Tabella III, la DEA non sarebbe attrezzata a gestire tutte le richieste che i circa 15.000 dispensari di cannabis degli USA dovrebbero inviarle per registrarsi come normali farmacie.
Non manca chi vede nell’apertura alla cannabis il rischio che si lanci un segnale troppo permissivo circa il consumo di droga. Jack Riley, ex vice amministratore della DEA, ha detto di essere preoccupato per il cambiamento proposto perché pensa che la marijuana rimanga una possibile “droga di passaggio”, che potrebbe portare all’uso di altre droghe.
All’estremità opposta dello schieramento ci sono i favorevoli alla riclassificazione della cannabis. Questi sostengono che la marijuana dovrebbe essere trattata come alla stregua dell’alcol e che sia un passo in avanti importante, per un paese libero, riconoscerne il consumo. A questa corrente di pensiero appartiene non solo gran parte della società civile, ma anche esponenti politici di spicco.
Il leader della maggioranza al Senato, il senatore Chuck Schumer di New York, ha espresso in una nota l’intenzione che sia superato l’approccio proibizionista verso cannabis: “Il Congresso deve fare tutto il possibile per porre fine al divieto federale sulla cannabis e affrontare i danni di lunga data causati dalla guerra alla droga”.
Vincenzo Ciervo