È uscito il rapporto Riciclo in Italia che si occupa di monitorare l’andamento del riciclo nel nostro paese: l’Italia si conferma leader europeo in questo ambito.
Buone notizie per il riciclo in Italia
Il tasso di riciclo in Italia è del 72%, mentre la media europea è del 53%. In generale in Europa ci sono ottimi tassi di recupero di vetro, alluminio e carta mentre fanno fatica il riciclo di plastica, legno, organico, fibre tessili, materiali da costruzione e demolizione. Eppure l’economia circolare è essenziale per uno sviluppo green ed è necessario per ridurre la dipendenza da risorse primarie.
Il Rapporto Riciclo in Italia
Il rapporto è promosso dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, ISPRA e dal Sistema nazionale per la Protezione dell’Ambiente. Si occupa di monitorare le prestazioni di 19 filiere del riciclo (dalla plastica al tessile) ed evidenzia per molte di esse una situazione ben migliore rispetto agli altri paesi europei. Questa è un’ottima notizia perché, come sottolinea il Rapporto:
“Per un Paese come l’Italia, con una consistente industria manifatturiera e fortemente dipendente dall’importazione di materie prime, il riciclo dei materiali è importante non solo per ragioni ambientali e climatiche, ma di competitività economica. Ciò richiede innovazioni tecnologiche dei processi di riciclo e nuove misure per consentire al mercato di riconoscere e valorizzare, in modo più esteso, gli effettivi vantaggi ambientali, di autonomia e sicurezza strategica dei materiali generati dal riciclo”.
Il riciclo in Italia è ottimo per quanto riguarda la carta e il cartone, il vetro, l’acciaio e l’alluminio. È a un buon livello anche il recupero di bioplastica compostabile, dei fanghi di depurazione (che perlopiù vengono convertiti in fertilizzanti agricoli), di oli minerali e di pneumatici.
Il recupero degli oli vegetali è in netta crescita (+20% in un anno), tuttavia il riciclo in Italia di questo materiale è reso difficile dalla scarsa conoscenza dei cittadini sull’importanza del recupero dell’olio esausto. Ma un suo errato smaltimento, purtroppo, ha un enorme impatto sull’ambiente.
Perché è importante raccogliere gli oli vegetali esausti e smaltirli correttamente?
Questi oli (usati soprattutto in cucina per le fritture) non sono biodegradabili, quindi non possono essere gettati negli scarichi dei lavandini o dei wc, né tantomeno versati in giardino o nell’orto. Così facendo, infatti si inquinano le falde acquifere e si creano danni a flora e fauna circostanti. Il modo corretto per smaltire gli oli vegetali esausti, quindi, è raccoglierlo in appositi contenitori (o in bottiglie di plastica) e portarli nei punti di raccolta.
Inoltre, se vengono correttamente recuperati, possono essere una risorsa preziosa. Diventano infatti fonti di energia rinnovabile o biolubrificanti per macchine agricole e nautiche e, inoltre, possono essere impiegati nei prodotti di cosmesi, saponi industriali, grassi per la concia delle pelli, cere per auto e così via. Inoltre, circa il 90% degli oli vegetali esausti recuperati viene utilizzato per produrre biodiesel, cioè un combustibile vegetale biodegradabile e non tossico, utilissimo per ridurre le emissioni di CO2 nel settore dei trasporti. Quindi ci sono solo buoni motivi per recuperare questo materiale!
I punti dolenti del riciclo in Italia
“Per fare un salto di qualità nella circolarità della sua economia, molto importante sia per la competitività economica di un Paese grande importatore di materie prime, sia per ridurre i suoi impatti climatici e ambientali, l’Italia non si deve sedere sui positivi risultati raggiunti, ma deve fare ulteriori passi avanti nel riciclo dei rifiuti: recuperare i ritardi che permangono in alcune filiere (come i Raee), sviluppare nuovi settori (come il riciclo delle batterie e dei pannelli solari), rafforzare i mercati delle materie prime seconde in modo che si riduca il consumo di materie prime primarie e sviluppare alcune innovazioni in alcune filiere (come il riciclo chimico delle plastiche)”.
In particolare, rimangono al di sotto della media europea il recupero di pile e accumulatori di energia (33% contro il target europeo del 45%) e il recupero dei veicoli dismessi (83,4% contro l’obiettivo del 95%). Sono in netto aumento, invece, i rifiuti di costruzione e demolizione, soprattutto a seguito degli incentivi statali per le ristrutturazioni. Di questi ne viene comunque recuperato l’80%, riconvertito in materiale per calcestruzzo o asfalto. Risultano in calo, invece, il riciclo dei solventi chimici e il recupero dei RAEE. Il riciclo in Italia di questi ultimi è solo del 34%.
I RAEE
I RAEE sono Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, cioè di tutti quei prodotti che per essere utilizzati fanno uso di corrente elettrica e/o campi elettromagnetici. Includono un amplissimo insieme di prodotti tra cui gli elettrodomestici (frigoriferi, lavatrici, forni, impianti di condizionamento, frullatori, aspirapolveri…), le apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni (computer, stampanti, telefoni…), alcuni strumenti di lavoro come i trapani, alcuni giocattoli e strumenti per il tempo libero e molto altro.
Tutti questi prodotti, quando smettono di funzionare, non possono essere smaltiti nella raccolta indifferenziata ma vanno portati negli appositi punti di raccolta. Ognuno di essi, infatti, contiene sostanze tossiche per l’ambiente e deve quindi essere smaltito correttamente. Inoltre, fatto non irrilevante, tutti loro sono costituiti da numerosi materiali che possono essere recuperati e riciclati.
Le buone norme
Il riciclo in Italia, in ogni caso, è a buon punto. Ma non per questo dobbiamo ritenerci soddisfatti. Si può e si deve fare ancora molto per promuovere un’economia circolare che punti a limitare il consumo di materie vergini e, contemporaneamente, la produzione di rifiuti. Da questo punto di vista, infatti, non ci stiamo comportando bene: negli ultimi anni c’è stato un incremento della crescita della produzione dei rifiuti del 10%, contro la decrescita media dell’intera Europa (-3%) che vede nella Francia (-13%) e nella Spagna (-23%) le punte di diamante.
In ogni caso, il tema del riciclo si stringe a quello più ampio di economia circolare. Di questo si occupa il Circular Economy Network nel suo rapporto sull’economia circolare in Italia, che invita ognuno di noi a un consumo responsabile su tre fronti:
- Acquisto: è bene incentivare l’acquisto di prodotti usati poiché in Italia c’è poca abitudine al riuso e spesso i prodotti vengono realizzati per durare poco. Acquistare capi di abbigliamento, mobili, oggetti, elettrodomestici usati, invece, oltre a offrire un cospicuo risparmio economico, consente di ridurre la produzione di rifiuti.
- Uso: è bene utilizzare quanto più a lungo possibile un prodotto. Come? Avendone maggiore cura, riparandolo quando possibile e sottoponendolo a manutenzione regolare.
- Smaltimento: quando un prodotto non può essere più utilizzato in alcun modo e, quindi, è necessario smaltirlo, è bene farlo nel modo corretto. Dunque seguendo i criteri della raccolta differenziata e portando i rifiuti “speciali” nei corretti luoghi di smaltimento.
Le proposte di Circular Economy Network per migliorare il riciclo in Italia:
- Promuovere un programma nazionale di educazione e informazione sui modelli di consumo circolari.
- Rendere più chiare le forme di comunicazione e di etichettatura sulle caratteristiche di circolarità dei prodotti.
- Migliorare le normative in fatto di garanzie di durata e riparabilità.
- Promuovere riparazione, rigenerazione dei prodotti e la vendita dell’usato.
- Promuovere le modalità di sharing, leasing e noleggio.
- Prevenire la produzione di rifiuti.
Insomma: consumare meno e usare meglio.