In attesa di arrivare a un giorno in cui faremo a meno dei combustibili fossili arriva una promettente notizia dal Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab), un laboratorio di proprietà del Dipartimento dell’Energia condotto dalla famosa università californiana, la scoperta di un procedimento che renderebbe riciclare l’anidride carbonica prodotta dall’uso di combustibili fossili vantaggioso economicamente ed ecologicamente sostenibile. La ricerca che è frutto di una collaborazione tra il suddetto Berkeley Lab e il Joint Center for Artificial Photosynthesis è stata pubblicata su Nature Catalysis lunedì scorso.
I dettagli di come il team diretto da Joel Ager (ricercatore al JCAP, scienziato presso la divisione scienza dei materiali del Berkeley Lab e professore associato nel Dipartimento scienza dei materiali alla Berkeley University) sono abbastanza complessi ma il succo della notizia può essere riassunto in:
1) il processo utilizza un catalizzatore di rame;
2) che il fatto che dall’anidride carbonica utilizzando un catalizzatore di rame si potessero ottenere prodotti utili (etanolo, etilene e propanolo) non è una novità;
3) che però finora i processi per sfruttare questa proprietà non erano né vantaggiosi economicamente né sostenibili ecologicamente;
4) che il processo messo a punto al Berkeley Lab è diverso perché gli scienziati hanno percorso una strada contro intuitiva mettendo in dubbio un assunto dato per certo.
Se prendete in mano un pezzo di rame vi sembrerà liscio, ma in realtà non lo è, come spiega Ager nell’articolo, a livello microscopico la superficie è piena di bozzi, gli scienziati li chiamano siti attivi, è qui che avviene la maggior parte dell’elettrocatalisi, gli elettroni della superficie del rame interagiscono con l’acqua e l’anidride carbonica e in una serie di passi successivi danno origine ai prodotti di cui ho scritto al punto 2.
Sono proprio questi passi successivi il problema, passi attraverso i quali occorre separare il prodotto voluto da altri indesiderati, questo rende il processo costoso, lungo e anche non desiderabile ecologicamente visto che si ottengono prodotto di scarto.
Ovviamente la notizia è che il nuovo procedimento ha superato quello scoglio, per farlo i ricercatori hanno messo in dubbio l’assunto che i famosi siti attivi non siano prodotto specifici, cioè si sono chiesti se invece individuando siti attivi specializzati si potesse ottenere un prodotto specifico e puro.
Il procedimento per scoprire l’esistenza di siti attivi specializzati è molto complesso e coinvolge l’uso degli isotopi di carbonio (gli isotopi sono atomi di uno stesso elemento che però differiscono nel peso atomico) , i ricercatori associando il carbonio 12 all’anidride carbonica e il carbonio 13 al monossido di carbonio e poi analizzando il rapporto tra i due isotopi nei differenti prodotti sono stati in grado di individuare in quali siti attivi erano stati prodotti. Ora il lavoro futuro sarà individuare le caratteristiche di questi siti attivi in modo da poterli isolare e creare un catalizzatore che contenga siti attivi specifici per un solo prodotto, a quel punto l’elettrocatalisi dovrebbe produrre solo il prodotto desiderato in maniera pura, senza scarti ed eliminando costosi passaggi di separazione.
Roberto Todini