Di Clara Campi
Il 22 luglio 1988, Richard Ramirez si presenta in tribunale per il suo processo mostrando un pentacolo disegnato sulla mano e dichiarando:
“Ave Satana”
Ad ogni udienza del suo processo, durato più di un anno, si moltiplicano le fan fuori dal tribunale, che lo accolgono con urla e striscioni, come se fosse una rockstar.
Centinaia di ragazze gli scrivono in galera, molte mandando anche foto piccanti.
Tutti lo vogliono fotografare ed intervistare, incluse le testate per adolescenti.
Richard è ormai una vera e propria rockstar, pur non avendo mai cantato o suonato uno strumento.
Si era limitato a commettere una ventina d’aggressioni, uccidendo almeno tredici persone.
Richard Ramirez nasce nel 1960 a El Paso, Texas, vicino ad una zona militare dove l’esercito faceva dei test per la bomba atomica.
Durante tutta la gravidanza, sua madre, Mercedes, continua a lavorare in fabbrica, a stretto contatto con agenti chimici.
Da subito il padre, Julian, si dimostra il classico padre padrone violento, così Richard fa di tutto per non restare a casa e si rifugia spesso da suo cugino Miguel, detto Mike, un ex berretto verde veterano del Vietnam.
Quando Richard ha circa undici o dodici anni, Mike gli mostra delle polaroid scattate in Vietnam, che lo ritraggono con in mano teste mozzate o nell’atto di violentare donne vietnamite, e gli racconta di tutti gli abusi, stupri e uccisioni che lui e i suoi commilitoni avevano allegramente commesso in Vietnam.
Richard trova la cosa “molto eccitante”.
Quando non ha ancora tredici anni, assiste all’omicidio della moglie di Mike, ad opera del cugino stesso, che le ha sparato in faccia durante una litigata.
Giura di non dire nulla a nessuno e mantiene la promessa, ma Mike viene ugualmente arrestato, anche se verrà dichiarato non colpevole per infermità mentale.
Mentre Mike è in custodia in un istituto psichiatrico, Richard trova un nuovo mentore: Roberto, il marito di sua sorella Ruth, che aveva una passione per spiare i vicini di casa dalle loro finestre, passione che trasmette a Richard che, in quel periodo, inizia anche ad intensificare l’uso di sostanze stupefacenti.
Lascia la scuola e, per mantenersi, inizia a lavorare in un hotel, dove arrotonda rubando dai clienti.
Una sera entra in una stanza e, trovando dentro una donna, cerca di assalirla, ma per fortuna dopo poco rientra anche il marito che lo ferma e lo riempie – giustamente – di botte.
A 22 anni Richard si trasferisce in California e due anni dopo commette il suo primo omicidio, uccidendo una bambina e lasciandola impiccata al piano interrato di un hotel.
Due mesi dopo uccide una signora anziana accoltellandola nel suo letto.
Quasi un anno dopo, nel 1985, commette quattordici aggressioni, una dietro l’altra, tutte nella zona di Los Angeles, entrando di notte in casa della gente, a volte uccidendola e a volte aggredendola sessualmente, lasciando in vita diversi testimoni.
Il 18 agosto aggredisce una coppia a San Francisco, uccidendo il marito e violentando la moglie.
La sindaca della città, Dianne Feinstein, rivela in conferenza stampa che sulla scena del crimine sono state ritrovate le impronte di una scarpa. Impronte che sono identiche a quelle trovate sulle scene dei crimini di Los Angeles.
Richard allora va sul Golden Gate Bridge e butta le scarpe in acqua, per poi tornare a LA, dove compirà la sua ultima aggressione.
Il 31 agosto 1985 Richard sta tornando da Tucson, Arizona, dov’era andato per fare una visita a suo fratello, e appena scende dall’autobus vede la sua foto sulle prime pagine dei giornali.
Tenta allora di rubare una macchina per la fuga, ma dei ragazzi lo vedono mentre cerca di buttare una donna fuori dalla sua automobile e lo aggrediscono con un tubo in metallo.
Richard viene circondato da una folla infuriata e sarà la polizia a salvargli la vita, arrestandolo.
Il 20 settembre 1989 Ramirez viene condannato a morte in camera a gas, ma morirà in carcere per leucemia nel 2003.
Ma perché tutto questo successo tra le ragazze? Perché Richard attirava schiere di fan (sposandone anche una mentre era in carcere)?
Banalmente, parte dell’interesse che riscuoteva era dovuto al suo aspetto fisico, al suo atteggiamento da bello e dannato e, soprattutto, al suo portamento da rockstar.
Era un bellissimo ragazzo, almeno finché apriva bocca e rivelava la terribile dentatura, accompagnata da un alito pestilenziale, a detta di alcune vittime sopravvissute.
Ma il successo che riscuoteva era anche dovuto al fatto che fosse nel braccio della morte, rendendolo quindi un pericolo solo teorico, uno di quegli idoli adolescenziali passeggeri, che ci fa riflettere sul concetto di bene e male mentre se ne sta, al sicuro, dietro le sbarre.