Richard Burlet, artista francese, omaggia il grande Gustave Klimt con quadri a foglie d’argento e fondali d’oro su cui si poggiano donne bellissime. È nei loro sguardi che si racchiude tutta la modernità di opere che riesumano l’Art Nouveau.
Richard Burlet ama sicuramente due cose: le donne e Gustave Klimt. E, se solo approfondissimo di più, sono certa che scopriremmo che Richard Burlet ama le donne solo nel modo in cui Gustave Klimt le rappresentava. E come dargli torto?
È indescrivibile il modo in cui Klimt abbia fatto scuola. Le “donne di Klimt” meritano uno studio a parte nell’approfondimento della sua carriera, essendo così legate a un periodo storico che le vedeva e le percepiva o come creature divine o sataniche e alle quali era relegato il ruolo di pericolo sociale. Klimt le ha elevate al divino caricandole di simbolismo e raffigurandole in allegorie, donando ai loro corpi un senso che andasse oltre il semplice ritratto.
E i suoi fondali di cerchi, triangoli, colori vivaci e oro ancora oggi continuano a deliziare gli occhi e inducono a desiderare di raggiungere quei luoghi dove queste figure si stagliano, sperando di raggiungere la stessa beatitudine e bellezza.
Richard Burlet, con le sue donne su mosaico, omaggia il maestro dell’Art Nouveau. Fondali dai colori intensi e avvolgenti racchiudono figure esili ed eleganti di donne bellissime, dallo sguardo seducente e immerso in pensieri lontani dallo spettatore.
La tecnica con cui Richard Burlet ricrea questa sorta di mosaici è la stessa adoperata da Klimt: sottili lamine d’oro e foglie d’argento su un collage di pittura ad olio e acrilici. Dunque un omaggio non solo per stile e soggetto, ma anche per tecnica.
Mentre lo sguardo vaga teneramente e totalmente ammaliato dalle figure allo sfondo e viceversa, una volta soffermato sul viso, in maniera del tutto inevitabile, è costretto a fermarsi. La bellezza e la sensualità dei loro volti è qualcosa che schizza via dall’ottocento e arriva fino ai nostri giorni.
Mentre in Klimt le donne sono eteree, sensuali sì, erotiche perfino, ma quasi impercettibilmente irreali, in Richard Burlet ciò che quei volti riescono a trasmettere si pianta fisso al terreno dei nostri anni duemila, non lasciando altra interpretazione che non sia la sola bellezza terrena.
Non ci sono allegorie, non ci sono simbolismi, non sono sguardi che raccontano storie lontane. Sono visi splendidi di donne belle, oggi. Malinconiche, ammalianti, sovrappensiero, presenti, oggi.
In un certo senso, Burlet adempie in pieno allo scopo che lo stesso Klimt ha compiuto nella sua carriera: lasciare che le donne ritratte raccontino un’epoca. E ci sono, in effetti, moltissime storie che queste donne possono raccontare.
Basta soffermarsi a guardarle e attendere che vi parlino.
Gea Di Bella