Ricchi ricchissimi praticamente in mutande o poveri poverissimi praticamente in Ferrari?
Posso immaginare la tua reazione, mentre facendo danzare le pupille tra un dispositivo e l’altro e fingendo di ascoltare chi ti sta parlando, leggi questo titolo e magari pensi:
“Cosa ha bevuto questo? Sarà forse stato in giro per bar con Keith Richards, Steven Tyler e Jhonny Depp?”
Magari amico lettore, purtroppo non è così.
La verità è che navigando in rete ho scovato uno strumento di misurazione della ricchezza – “Global Rich List” – che dapprima mi ha sorpreso, divertendomi e poi mi ha spinto a fare qualche riflessione.
Come già fece l’OCSE, con un breve sondaggio sulla percezione della ricchezza, questo strumento permette di misurare il tuo reale benessere materiale.
Il sito offre la possibilità di effettuare la simulazione con le entrate annuali “INCOME” oppure con il patrimonio “WEALTH”.
Utilizzando i dati MEF relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2017 mi sono concentrato sulla categoria “income”.
Le suddette statistiche ci dicono che l’entrata annua media netta dei lavoratori dipendenti è circa 20.600 €. Il 49% dei contribuenti IRPEF – di cui faccio parte – si colloca nella fascia tra 15 mila e 50 mila € mentre il 45% al di sotto di essa.
Ti sei mai chiesto a che livello ti piazzi nel mondo? Con i tuoi venti, dieci o addirittura cinque mila euro l’anno?
Pur ritenendomi relativamente felice e soddisfatto delle mie entrate, personalmente non avrei mai immaginato di far parte dell’1,38% tra le persone più ricche del pianeta.
Lo sbalordimento lascia presto il posto al senso di colpa per tutte le volte che mi sono detto:
- “Eh cavolo, io devo girare con questo rottame e i ricchi se la spassano”;
- “Che rabbia non posso spendere quelle 150€ per l’ennesimo concerto dell’anno”;
- “Per dindirindina! Guarda quei ricchi fighetti con le scarpe da 200€ per dito e il vestito in seta d’oro. E io devo aspettare i saldi!”
Si perché mentre io perdo tempo prezioso a lamentarmi di questa o quella quisquilia, in Indonesia si guadagna (si fa per dire) 0,32 € l’ora. Realizzo anche che per raggiungere l’importo delle mie entrate annuali, un fratello Ghanese dovrebbe lavorare CENTOSETTANTANOVE anni. Hai letto bene 179!!!
A questo ritmo lo stesso amico del Ghana avrà bisogno sette ore di lavoro, per esempio, per acquistare una Coca-Cola, contro i miei due minuti. E se hai visto il film “In Time” sai quanto può essere inquietante il rapporto tra tempo e denaro. Il divario tra ricchi e poveri è qualcosa che riguarda tutti.
Per quanto io mi ritenga bravo in quello che faccio, sicuramente non ho mai direttamente contribuito a salvare o far nascere vite umane. Ebbene con le mie entrate mensili potrei pagare lo stipendio di CENTOVENTICINQUE medici Kirghisi. Ma ci pensi quanti ospedali si possono gestire con 125 medici? Quante persone curare?
I nostri stipendi “da fame”!
Spostiamoci ora a quegli stipendi che in Italia sono considerati, a ragione, ai limiti della legalità e della dignità sancita all’articolo 36 della Costituzione. Le retribuzioni tipiche dei precari o dei call-center, qualcosa come 4800€/anno – vale a dire 400 al mese.
La vicinanza ai veri ricchi si abbassa. Nonostante ciò si rimane ancora nel 22% tra le persone più ricche del pianeta. Per raggiungere lo stesso reddito il nostro solito amico Ghanese dovrebbe lavorare ben trentacinque anni.
Inoltre, in Kirghizistan, con 400 € al mese si potrebbero pagare VENTICINQUE medici.
La pagina di “Global Rich List” si chiude con una domanda retorica.
Ti senti un po’ più ricco?
Queste simulazioni nulla tolgono alle reali difficoltà quotidiane di tutti noi. I salti tripli per arrivare a fine mese, far studiare i figli e bla bla bla.
Comunque può essere utile fermarsi un paio di minuti per domandarsi:
“Quanto dovrei guadagnare esattamente per sentirmi più ricco e felice?”
La risposta è controversa. Ci troviamo di fronte a quello che Richard Easterlin, nel 1974, definì “Paradosso della felicità”.
In sostanza dimostrò ciò che la cultura popolare aveva già compreso. I soldi, pur essendo utili alla sicurezza e soddisfazione dei bisogni primari, non fanno la felicità.
Quando aumenta il reddito, la felicità aumenta fino a un apice, per poi discendere indipendentemente dai guadagni.
“E’ chiaro che non è la ricchezza il bene da noi cercato: essa ha valore solo in quanto utile, in funzione di qualcos’altro”
Aristotele
Prima Dante Alighieri e poi Gordon Gekko ci hanno sapientemente illustrato l’umanità dei sentimenti di cupidigia.
A noi rimane comunque la libertà di scegliere se guardare al reale con una patina ricca e opacizzata oppure godersi la purezza limpida della semplicità.
“Poor man wanna be rich
Rich man wanna be king
And a king ain’t satisfied
‘Til he rules everything”
Bruce Springsteen – Badlands (1978)
Daniele Fiorenza