Bosnia, riaperta al pubblico la moschea Arnaudija a Banja Luka

moschea Arnaudija a Banja Luka

La moschea Arnaudija a Banja Luka, in Bosnia – Erzegovina, è stata riaperta al pubblico nei giorni scorsi al termine dei lavori di ristrutturazione iniziati nel 2017. L’edificio, costruito alla fine del 500′ dagli Ottomani, fu gravemente danneggiato nel maggio del 1993 durante la guerra scoppiata nella ex Jugoslavia.

I lavori sono stati finanziati in gran parte dalla Turchia, in particolare dalle fondazioni Waqf ovvero associazioni di beneficenza di religione islamica. Il progetto è costato tra i quattro e i cinque milioni di marchi bosniaci ( tra i due e i 2,5 milioni di euro) e Arnaudija è l’ultima moschea riaperta delle 16 distrutte durante il conflitto.

La moschea Arnaudija a Banja Luka assieme a quella di Ferhadija, a circa 500 metri di distanza, sono i due principali edifici religiosi musulmani in una città oggi a maggioranza serba e quindi ortodossa; entrambe le strutture furono distrutte dalle forze serbo bosniache e la moschea di Ferhadija, che prima del conflitto era un bene protetto dall’UNESCO, è stata ristrutturata nel 2017.

La difficoltà e l’importanza di tale progetto di ristrutturazione è dovuta anche al meticoloso e necessario lavoro di ricerca e raccolta dei pezzi e dei frammenti della vecchia moschea abbandonati nelle discariche o dispersi nel vicino fiume Vrbas. A tale impegno ha partecipato con un fondamentale lavoro di studio e registrazione dei documenti storici anche la professoressa universitaria e architetto Sabira Husedžinović, figura culturale fondamentale per la città, e rappresentata alla cerimonia dal suo parente Ismir attuale presidente della comunità islamica di Banjaluka.

Nelle sue parole durante l’evento anche una speranza per il futuro: «Crediamo che questo sia qualcosa su cui possiamo finalmente porre fine a ciò che è accaduto prima e andare avanti. I bosniaci ora possano respirare liberamente qui.»



L’operazione militare che ha causato il grave danneggiamento delle due moschee faceva parte di una più ampia campagna di pulizia etnica con lo scopo di eliminare o cacciare la popolazione non serba dalla regione. Sebbene i responsabili della distruzione delle moschee non siano mai stati identificati una sentenza del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia ha poi condannato a 32 anni di reclusione Radoslav Brđanin, generale e politico serbo bosniaco, il quale ha avuto un ruolo di prim’ordine nella campagna politica e militare che si proponeva di creare uno Stato serbo etnicamente puro.

La cerimonia di apertura e le parole distensive di Milorad Dodik

La cerimonia di riapertura della moschea Arnaudija a Banja Luka si è svolta martedì scorso, 14 maggio, e all’evento hanno partecipato anche Husein Kavazovic, Gran Mufti della Comunità islamica in Bosnia ed Erzegovina, Milorad Dodik presidente dell’entità statale serba e Mehmet Nuri Ersoy, ministro turco della Cultura e del Turismo, arrivato in Bosnia in rappresentanza del presidente Recep Tayyip Erdogan.

Per l’occasione il ministro di Ankara ha sottolineato il valore di tale progetto: «La moschea che inauguriamo oggi è stata costruita sulla pace, la fratellanza e l’armonia.»

Dodik ha fermamente condannato la distruzione delle moschee commentando l’accaduto come:

«Un errore e un atto di follia. L’esistenza di tali luoghi di culto non può essere messa in discussione da alcuna demolizione o profanazione»

Tali parole di apertura e solidarietà sembrano però essere in contraddizione con la politica portata avanti dallo stesso presidente della Republika Srpska primo sostenitore della secessione dell’entità statale serba dalla Bosnia – Erzegovina e, per esempio, fermamente contrario all’istituzione di una giornata mondiale in ricordo del genocidio di Srebrenica, proposta attualmente discussione presso l’ONU.

Il ruolo centrale della Turchia nella riapertura della moschea Arnaudija a Banja Luka va quindi oltre il semplice lato economico poiché la presenza di Ankara è sembrata decisiva anche nell’avvicinare, almeno per un giorno, due parti del paese, quella serbo-bosniaca e quella musulmana ancora profondamente divise e spesso in contrasto anche sui più normali temi di amministrazione del paese.

Andrea Mercurio

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