Appena una settimana fa avevo scritto di videogiochi ed intelligenza, ma qui siamo in un campo del tutto diverso, oggi parliamo non dei normali videogiochi che agognate trovare (fisicamente o metaforicamente) sotto l’albero di Natale, ma di videogiochi realizzati ad hoc per aiutare persone che necessitano di riabilitazione, magari dopo un ictus che ha lasciato un braccio poco funzionante. L’idea della riabilitazione con i videogiochi non è nuova, quanto realizzato all’Imperial College di Londra dimostra che rendendo sociale il gioco, cioè facendo giocare il paziente con un’altra persona in maniera collaborativa, si ottengono risultati molto migliori.
A pensarci bene l’idea che dei videogiochi realizzati ad hoc possano essere utili nella riabilitazione sembra abbastanza banale. il punto è realizzarli poi questi videogiochi, studiare il tipo di esercizio che persegua l’effetto voluto risultando anche divertente e infine verificare scientificamente la loro validità.
Anche divertenti dicevo, e già perché il punto per cui si è iniziato a pensare di usare i videogiochi per la riabilitazione è che questa richiede azioni ripetute e costanza da parte del paziente di portarla avanti. Fra scoraggiamento e frustrazione per via delle difficoltà e noia del compito in se ottenere un impegno costante del paziente è uno dei grandi ostacoli da superare. Eppure c’è qualcuno che compie con costanza azioni ripetitive senza che nessuno lo costringa e questi sono i videogiocatori.
Il videogioco per riabilitazione ideato all’Imperial College di Londra
Il gioco si chiama Balloon Buddies (gli amici del pallone) mentre l’articolo scientifico uscito su Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation è intitolato “Balancing the playing field: collaborative gaming for physical training” laddove gioco collaborativo spiega che i giocatori non sono amici del pallone nel senso che hanno una palla per amica ma compagni che collaborano in un gioco che coinvolge un pallone.
Il gioco consiste nel tenere una palla in equilibrio su una trave alla cui estremità ci sono dei palloni azionati dai videogiocatori, come tipo di animazione il gioco ha gli elementi dei giochi classici con stimoli visivi, sonori e feedback nei controlli. Quel “balancing” sta a indicare che la caratteristica del gioco è che il partner più abile può aiutare quello meno dotato, nel nostro caso il paziente in riabilitazione. Lo studio è consistito nel far giocare sia i pazienti che i volontari sani prima in modalità solitaria e poi multigiocatore. I risultati sono stati che persino i giocatori normodotati si divertivano di più perché vedevano aiutare il giocatore meno dotato come una sfida, mentre i giocatori meno dotati (cioè i pazienti in recupero) si sentivano enormemente stimolati e gratificati, soprattutto quelli con deficit più gravi che non riuscivano a giocare da soli e sono quelli che più hanno guadagnato dal gioco collaborativo.
Infine il controllo non è un normale joystick che trovate al supermercato ma uno pensato apposta per persone che in seguito a un ictus hanno un braccio con poca forza e si chiama GripAble, infatti i soggetti dello studio erano 32 soggetti sani e 16 pazienti in recupero da un ictus.
Adesso i ricercatori vogliono effettuare uno studio con più soggetti perché ci sono molti aspetti da approfondire, ad esempio: i pazienti giocano volentieri, ma l’esercizio è anche più efficace nei risultati rispetto a una riabilitazione tradizionale? I pazienti sono più motivati a continuare la terapia per lunghi periodi? Giocare con un parente dà risultati migliori che farlo con un estraneo?
Fonte immagine: jneuroengrehab.biomedcentral.com
Roberto Todini