Adios Fidel.
Cosa non si fa per una goccia di Rhum.
Bandiere a strisce bianche e blu con una grande stella bianca su uno sfondo rosso.
Ecco che drappeggia l’orgoglio cubano; un marasma infinito di ballerini di salsa, bevitori di Rhum e amanti del tutto.
Fidel Castro e Che Guevara, non dimentichiamoci i volti, l’erba coltivata e poi fumata, gli stereotipi pompati e inceneriti, e barbe lunghe del centro america. Non scordiamoci le opere buone, rivoluzionarie, le dittature, il proibizionismo, il sangue.
25 anni fa il socialismo cubano iniziò a scricchiolare, la terra a tremare, la gente a fuggire. Il Rhum, quel gioiellino puro di estrema prelibatezza quello no; il Rhum restava.
“Castro ha fatto buone cose, ottime per il suo popolo. Ma quando è caduto il muro sono iniziati i problemi, e ho iniziato a vedere le cose diversamente. Non era possibile crescere, quindi ho deciso di partire”.
Cuba, più di 25 anni fa, la vie en rose, sembra essere morta e sepolta, sotto litri di Rhum. O forse non è mai esistita. Un popolo stringe i denti, ingoia rabbia, odio, si macchia di sangue e sbornie infinite. Meno bocche da sfamare. I fiumi di Rhum continuano a scorrere come liquido caldo e rassicurante, lungo la gola dei veterani.
“La morte di Fidel è un dispiacere, ma la fine di questa epoca è anche una speranza”.
Coraggio versami da bere.
Rhum, claro que si!
“Per il barbuto patriarca caraibico, dopo il lungo autunno, infine, è arrivato l’inverno e il buio”.
Doppio Rhum, prego.
E se il fallimento economico, il disastro, il turismo sessuale, il proibizionismo, la libertà rubata, le persecuzioni restano vivide nella memoria della gioventù perduta del tempo, la distrazione, la perdizione, il piacevole offuscamento della mente assume un colore scuro, amarognolo, un liquido che divenne ben presto oppio per il popolo. Nient’altro che nettare degli Dei, ottenuto dalla distillazione della canna da zucchero.
“15 uomini sulla cassa del morto io-ho-ho, e una bottiglia di Rhum”.
Bianco, oro, scuro che sia, invecchiato, speziato, overproof, abbinato ad essenze di frutta tropicale; la bevanda s’incarna in un corpo ed una mente, e diventa un’essenza a se stante. Divenne popolare già nelle colonie americane, dove un gran numero di schiavi furono deportati nelle isole caraibiche per la coltivazione della canna da zucchero.
Cosa non si fa per una goccia di Rhum.
Questo liquido, che abbonda nei nostri bicchieri, nelle menti, nel fegato, e corrode le pareti della nostra faringe di estrema, alcolica felicità, vanta un secolo di storia.
Fidel è morto, il Rhum vive ancora.
Tra le righe qualcuno lo ammette: è stata una disfatta, una sconfitta, un’ennesima illusione.
L’Avana contro Whashington, Davide contro Golia; potevano forse esserci vincitori? E non vorrei addentrarmi nella spinosa questione dei 236 modi per uccidere Fidel Castro, machiavellicamente pensati, punto per punto, dalla diabolica e fantasiosa mente statunitense. Castro pareva immortale, neanche il sigaro esplosivo poteva mandarlo a miglior vita.
E una bottiglia di Rhum.
Ecco cosa succede oggi. Ecco come ci svegliamo, dopo quasi 60 anni di sbornie infinite.
L’Avana è a corto di liquidi; ecco, non QUEL liquido, ma quel materiale cartaceo, verde, violaceo, scomodo e ingombrante, si dice serva per vivere, spesso manca, ed è da sempre causa di odio o morte.
Il Ministero delle finanze ceco stima che il debito cubano rasenti all’incirca le 7 miliardi di corone, equivalenti a 260 milioni di Euro.
Si legge su “Le Monde” che le autorità cubane avrebbero presentato una lista di materie prime per risaldare l’increscioso debito, e sarebbero incluse numerose marche di pregiati Rhum.
Un’altra battaglia di Rhum;
Ma c’è poco da festeggiare.
Solo pochi giorni fa, di fatto, la commissione economica per l’America Latina e i Caraibi rilevava come l’economia cubana chiuderà l’anno con un aumento del pil dello 0,4 % nel 2016. Un anno difficile da versare in un cocktail a base di Rhum, insieme alle copiose lacrime versate per il caro Fidel. Stabile la disoccupazione, al 2,4%.
Come sarà la Cuba che verrà? Ce lo chiediamo in tanti, ma od oggi, possiamo solo imparare dal passato e annegare la speranza nel Rhum con il ghiaccio. E sperare che galleggi.
Alla vigilia della Rivolucion l’isola cubana aveva un’economia decisamente prospera… E oggi è una delle più povere.
Tra miseria, povertà, e fiumi di Rhum.
In mezzo, quasi 60 anni di Castro e socialismo.
Secondo uno studio condotto da tre economisti di un’università brasiliana,
“La causa della paralisi economica del sistema cubano è tutto da ricercare nelle scelte politico- ideologiche del regime, che in pochi anni ha abolito la proprietà privata, distrutto i meccanismi di mercato e il sistema dei prezzi, istituito una pianificazione dell’economia su modello staliniano”.
Cuba attraversa strade tortuose; sarà il Rhum a risolvere la situazione?
Come recita una celebre ballata de “I Ministri”:
Veramente vivo in tempi bui, e non è per rovinarti il pranzo, che ti dico arriva la marea, e tu la scambi per entusiasmo”.
Elisa Bellino