Rgowans manipola foto e video dei migranti ma il JLProject l’ha scoperto e intende utilizzare le prove per colpire le attività criminali in Libia.
Rgowans manipola foto e video dei migranti: si tratta di un account Twitter che ad essere precisi prende il nome di “Rgowans – Migrant Rescue Watch” che dal 2017 si è eretto a portavoce dei libici.
Tuttavia, l’account divulga sistematicamente foto e video in cui la guardia costiera libica appare come figura salvifica in contrapposizione con le malvagie ONG collaboratrici dei trafficanti. Si tratta di una lettura della realtà volutamente distorta ma dopo anni gli attivisti di Josi Loni Project (JLP) hanno finalmente scoperto i colpevoli. JLProject è un progetto legale contro i respingimenti in Libia. Nell’ultimo periodo si è occupato della raccolta di varie prove con lo scopo di colpire le azioni della guardia costiera libica e delle altre persone coinvolte nelle attività criminali.
La realtà che Rgowans vuole coprire è infatti ben diversa da quella mostrata sui social. Naturalmente l’account omette il fatto che le guardie costiere libiche sparino a vista sui gommoni con i fucili. L’unica parte del video caricata online è quella durante la quale i migranti spaventati vengono recuperarti dall’acqua.
L’account non parla, anzi addirittura nega, le torture, gli stupri e gli omicidi che avvengono nei lager di Tripoli per mano delle guardie.
Sono sorti dubbi anche riguardo la collaborazione di Rgowans e Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. L’account Twitter pubblica, infatti, materiale riservato europeo. Ne sono un esempio la divulgazione di foto aree scattate dai droni di Frontex e di documenti della Guardia Costiera Italiana.
Dopo numerose indagini i membri di JLP sono riusciti a identificare il portavoce di Rgowans come ‘Robert’ e a definirne un profilo specifico. Si tratta di un ex guardiacoste, con contatti pregressi nel Parlamento Europeo. La persona dietro all’account risulta, inoltre, essere connessa a Frontex e in rapporti con i miliziani e guardiacoste libici addestrati in Italia.
Un membro di JLP è stato minacciato dall’account come spesso accade a chi si avvicina a verità scomode. Tuttavia, per essere certi che si tratti della stessa persona che collabora con Frontex e non di un omonimo sono necessarie ulteriori indagini, anche tra i colleghi dello stesso.
La piattaforma Mediterranea chiede alla procura di continuare le indagini sull’identità di Robert e di accettarne i legami con i servizi segreti dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) che in Libia collaborano con i trafficanti.
JLProject ha dovuto impiegare molto lavoro e tempo per dimostrare questa inquietante correlazione tra Libia e Italia. Gli attivisti sono riusciti a raggiungere la verità tramite alcuni errori commessi da Robert. Attualmente si attende il processo nella speranza che venga fatta definitivamente giustizia.