Facebook a breve bloccherà anche in Italia i contenuti sensibili condivisi sul social senza consenso.
Una storia finita male, una vendetta o, semplicemente, un brutto scherzo. Un video girato insieme, una foto della propria ex ragazza, un momento che in quel momento era fidato. Mettete insieme questi due elementi e otterrete il revenge p*rn, un fenomeno diffusissimo sui social network che ogni giorno mette ingiustamente alla gogna ragazze e ragazzi di tutto il mondo. Un fenomeno meglio conosciuto come “Condivisione non consensuale di materiale erotico”. Stupro virtuale, lo definisce la polizia postale.
Revenge p*rn, cos’è?
Analizziamolo più nel dettaglio. Su Facebook, su Instagram, ma soprattutto sulle chat di Whatsapp e Telegram, migliaia di uomini (ma anche donne, seppur in netta minoranza), nascosti da nickname o esibendo foto e nomi reali, diffondono scatti rubati di donne, foto dei profili social, filmati e immagini intime, il tutto accompagnato da numeri di telefono e informazioni personali di ex fidanzate “da punire”. Le vittime la maggior parte delle volte rimangono all’oscuro di tutto e, in caso lo venissero a scoprire, non saprebbero come denunciare.
Forse la vergogna, forse la consapevolezza di aver di fronte ai propri occhi una foto fatta consapevolmente, forse la paura di un giudice che potrebbe non capire il punto di vista della donna. Se la sarà cercata, come sempre. Aveva da tenere nascosti i suoi gioielli, se non voleva andare incontro a tutto quello. Aveva da non fidarsi tanto della persona amata, si legge tra le righe. In queste chat si può letteralmente fare tutto quello che è illegale e perverso. Diversi i reati a cui vanno incontro le belve da tastiera: dalla detenzione di materiale pedopornografico allo stalking, dalla diffamazione al bullismo.
Manca, tuttavia, un reato che prenda il nome proprio di revenge p*rn. Ma grazie alla denuncia dell’associazione Insieme in rete e dell’attivista Silvia Semenzin, si sta stanno muovendo i primi passi in avanti verso la direzione giusta. Il 25 gennaio a Montecitorio le associazioni Insieme in rete, i Sentinelli e Bossy, che hanno raccolto 100mila firme sulla piattaforma di petizioni online Change.org a sostegno della loro proposta di inserire nel codice penale un reato specifico contro il revenge porn, hanno incontrato l’ex presidente della Camera, Laura Boldrini e un gruppo di avvocati e psicologi, per stendere la proposta da presentare al Parlamento.
Facebook ha sviluppato una nuova tecnologia artificiale
Facebook ha sviluppato una nuova tecnologia artificiale in grado di riconoscere e bloccare la condivisione di immagini intime divulgate senza consenso. Si tratta di modificare l’attuale algoritmo usato da Facebook per riconoscere i corpi nudi e, grazie all’intelligenza artificiale, fare in modo che possa anche rilevare soggetti in intimo. Si riuscirebbe, così, a trovare i contenuti sensibili condivisi senza autorizzazione sia su Facebook sia su Instagram, anche senza la segnalazione da parte degli utenti.
Ecco come funziona più nel dettaglio.
Le vittime di revenge p*rn possono inviare tramite un apposito canale di emergenza una propria foto al social network. L’intelligenza artificiale creerà una “impronta digitale” del soggetto che servirà da confronto per trovare i contenuti incriminati.
L’intelligenza artificiale, una volta individuata l’immagine o il video in questione, la invierà a un membro dello staff di Facebook che esaminerà personalmente il contenuto. In caso quest’ultimo violasse gli standard comunitari, verrà immediatamente eliminato e l’account che lo ha caricato, senza l’autorizzazione del soggetto, sarà disabilitato. In caso di errore si potrà fare ricorso.
Il sistema di rilevamento dei contenuti è stato testato in collaborazione con delle organizzazioni in supporto alle vittime di abusi. Già attivo negli Stati Uniti, nei prossimi mesi sarà esteso in altri mercati. Annuncia Antigone Davis, responsabile globale della sicurezza: “costruiremo un kit di strumenti di supporto alle vittime, per fornire alle persone di tutto il mondo maggiori informazioni tramite il supporto locale e culturale”.
Ilaria Genovese