Quando lo incontro al rettorato della Federico II faccio per stringergli la mano, ma ce l’ha fasciata, rotta durante la manifestazione dell’8 aprile in via Toledo, dove studenti armati di idee hanno subito la carica di centinaia di poliziotti, armati e basta.
Nicola, innanzitutto, chi siete?
Siamo una rete studentesca per la Palestina che coinvolge non solo collettivi ma anche singoli studenti che condividono le stesse idee. La nostra posizione è il pieno sostegno al popolo palestinese, che in questo momento sta subendo un vero e proprio genocidio, ma anche il sostegno alla resistenza palestinese, in quanto crediamo che qualsiasi paese sfruttato, invaso o colonizzato abbia il diritto non solo di difendersi, ma di ribellarsi.
Cosa rispondi a chi vi identifica come “violenti”?
Che non lo siamo, anzi, spesso la violenza l’abbiamo subita attraverso operazioni di repressione, penso ai fatti di via Toledo dell’8 aprile: noi stavamo solo manifestando per esprimere il nostro dissenso nei confronti di un’organizzazione militare (la NATO) che nasce per questioni difensive, ma che nei 75 anni della sua esistenza ha esportato guerra ovunque. Ci hanno addirittura definiti “antisemiti” e “terroristi”, ma noi siamo solo degli studenti e soprattutto non siamo armati.
Ecco, a proposito della manifestazione in Via Toledo, puoi dirci di più?
Al San Carlo si stavano festeggiando i 75 anni dalla nascita della NATO, con un concerto per noi assurdo: mentre i palestinesi muoiono, loro ascoltano musica classica. Avevamo più volte richiesto, in modo civile, di avere un presidio sotto il teatro, ma tali richieste non sono mai state accolte.
Allora abbiamo organizzato un corteo, partito da via Toledo in direzione del San Carlo. Ad un certo punto è partita la carica delle forze dell’ordine -saranno state un centinaio- senza che noi avessimo attaccato o minacciato di farlo. Questo atteggiamento rientra in un ambito di repressione e di restringimento della democrazia.
Eppure siete stati proprio voi definiti “antidemocratici” quando, con le vostre proteste, avete fatto saltare il convegno di Maurizio Molinari alla Federico II. Perché vi siete scagliati contro il direttore di Repubblica?
Secondo noi La Repubblica asseconda l’apparato propagandistico israeliano attraverso la diffusione di notizie mirate. Ma non volevamo impedirgli di parlare in università, solo di fare un monologo. Puntavamo piuttosto a un dibattito. Abbiamo delle registrazioni in cui diciamo ai responsabili della Digos di volere un incontro con Molinari per intavolare un dibattito che facesse emergere anche la nostra posizione, ma ci è stato negato. Chi è l'”antidemocratico”?
Inoltre, essere antidemocratici, quindi esercitare la censura, presuppone il fatto di trovarsi in una posizione di potere, cosa che gli studenti e le classi popolari non hanno. La veemenza con cui abbiamo reagito al convegno di Molinari alla Federico II era proprio motivata dal fatto che in questi sei mesi di genocidio palestinese non siamo stati ascoltati e non abbiamo visto un’alternativa all’apparato mediatico-propagandistico che si è sollevato in favore di Israele.
Parliamo dell’occupazione. Cosa vi ha spinto a occupare il rettorato della Federico II?
Abbiamo occupato il rettorato della Federico II per opporci all’accordo di Cooperazione Industriale, Scientifica e Tecnologica tra Italia e Israele. Il bando MAECI, la fondazione Med-Or, gli accordi accademici, economici e militari con Israele e alcune sue università rappresentano per noi la complicità delle università italiane -non solo della Federico II- con il genocidio del popolo palestinese.
Il rettore della Federico II Matteo Lorito -come il rettore dell’Orientale Roberto Tottoli- fa parte della Med-Or, una fondazione di Leonardo spa, tra i principali produttori ed esportatori di armi al mondo. La Federico II ha più volte invitato la Leonardo per convegni. Noi non vogliamo che le università diventino funzionali alle industrie belliche.
Fino a quando si protrarrà l’occupazione?
Occuperemo il rettorato della Federico II fino a quando non riusciremo ad avere un incontro col rettore e fino a quando non riusciremo a raggiungere i nostri obiettivi. Vogliamo che gli accordi con Leonardo e con le università israeliane vengano rescissi.
Siamo fiduciosi perché abbiamo visto che in questo periodo le manifestazioni e le occupazioni, come le nostre, stanno portando a dei risultati: il rettore di Bari ha deciso di uscire dalla Med-Or, il senato accademico della Bicocca di Milano ha dichiarato di non voler partecipare al bando MAECI, anche l’università di Torino e la Normale di Pisa hanno deciso di rompere gli accordi di cooperazione scientifico-tecnologica con Israele. In tutto questo, il nostro rettore non si è ancora espresso, è un silenzio che fa rumore.
I vostri prossimi appuntamenti sono datati 19 e 25 aprile. Puoi spiegarci per cosa manifesterete?
Il 19 aprile si svolgerà l’ultimo giorno del G7, al quale parteciperanno gli stessi ministri che hanno reso possibile il genocidio palestinese. In questa occasione faremo partire un corteo da Piazza Garibaldi, alle 9:30. Inoltre il 19 aprile si scenderà in piazza in tutto il mondo per lo sciopero globale per il clima, indetto da Fridays for future, un movimento climatico che si è sempre schierato dalla parte dei palestinesi.
Il 25 aprile vogliamo esprimere la necessità di supportare qualsiasi forma di lotta per la liberazione, in questo caso la liberazione del popolo palestinese, che si ritrova sotto un’occupazione militare. Come la resistenza italiana ha lottato per la fine dell’occupazione nazi-fascista, così riteniamo giusto che anche il popolo palestinese abbia questo diritto. Tra l’altro, lo stesso diritto internazionale riconosce l’autodeterminazione dei popoli e quindi la possibilità di difendersi da un’eventuale occupazione militare da parte di un altro Stato.
Vincenzo Ciervo