La rete globale delle nuove destre a difesa del Capitale

Il paradosso delle destre: si dicono nazionaliste ma sono intrecciate globalmente

nuove destre

L’ascesa delle nuove destre nel panorama politico mondiale non è un evento completamento spontaneo. Questi gruppi hanno trovato la strada spianata da una fitta rete globale. Tra flussi di denaro, alleanze politiche e un’ideologia condivisa basata sulla paura, i gruppi di estrema destra stanno trovando alleati ovunque, riuscendo a unire forze diverse in nome della difesa del sistema economico e della lotta contro le istanze progressiste. I gruppi di opposizione dovrebbero guardare alla loro storia passata per trovare una soluzione e offrire una visione del mondo alternativa.

Il paradosso del nazionalismo globale

Dalla scalata al potere delle nuove destre in tutto il mondo appare, all’occhio più attento, un paradosso. Pur predicando il nazionalismo e criticando le istituzioni transnazionali, questi gruppi hanno intessuto per anni una fitta rete globale. Non solo di alleanze politiche ed economiche tra gruppi dirigenti, ma anche di supporto dal basso. I seguaci delle nuove destre esultano indifferentemente per i successi dei propri idoli dentro i confini nazionali e per quelli degli omologhi oltreconfine. Usano spesso gli stessi termini e non è impossibile essere etichettati come “woke” anche dal signore di mezza età che, solitamente, parla solo dialetto.

La forza unificante delle nuove destre

Qual è la ragione di questo globalismo delle idee? Qual è la forza unificante che porta milioni di persone, in ogni parte del mondo, a idolatrare con tale forza queste figure? La maggior parte delle analisi si concentra sulle colpe delle sinistre, sul loro essersi dimenticate delle classi subordinate per concentrarsi solo su questioni di libertà individuale. Per quanto in parte vera, questa considerazione non è sufficiente a spiegare l’ascesa contemporanea di tutti questi governi di estrema destra. Un tassello per la comprensione può arrivare dalla conoscenza delle collaborazioni internazionali tra gruppi radicali e associazioni che per anni si sono occupate di promuoverli e incoraggiarli.

Flussi di denaro tra le sponde dell’Atlantico

Il processo che ha portato le nuove destre, prima all’attenzione mediatica, poi al potere, parte da lontano e non è stato completamente spontaneo, guidato dalla sola volontà popolare, ma fortemente voluto e indirizzato. Sono noti da tempo i flussi di denaro che, da una parte all’altra dell’Atlantico, hanno viaggiato verso partiti minori, al tempo ai margini della scena parlamentare e fuori dall’attenzione dei media mainstream. Tutte le investigazioni giornalistiche che se ne sono occupate sono risalite allo stesso responsabile, o meglio, a una galassia di responsabili collegati tra loro: il mondo cristiano-conservatore americano.


Le lobbies cristiane e la difesa del capitale

Secondo un’inchiesta di openDemocracy del 2019, lobby, associazioni, think tank e fondazioni cristiane fondamentaliste hanno investito più di 50 milioni di dollari in campagne conservatrici dirette all’opinione pubblica europea. Alcuni di questi gruppi sono stati accusati in passato di campagne in Africa, Sud America e Giappone, mentre la loro influenza in Europa restava nell’ombra. Molti sono legati al Congresso Mondiale delle Famiglie e hanno inserito lobbisti all’interno delle istituzioni europee per influenzarne le politiche. Una delle associazioni è particolarmente attiva in Italia nel finanziamento dei gruppi antiabortisti.

Sarebbe ingenuo pensare che il fine ultimo di questi gruppi sia la semplice salvaguardia delle “origini cristiane dell’occidente”. Il vero obiettivo è quello di salvaguardare il capitale e soffocare sul nascere le istanze progressiste che mettono in discussione il sistema economico, razziale e patriarcale su cui si è costruita l’egemonia occidentale. Sono gruppi che vogliono porre limiti alle vite dei cittadini, ma che non vogliono alcun vincolo sull’economia.

Risalire all’esatta portata di questi flussi di denaro è impossibile, a causa delle esenzioni fiscali per i gruppi religiosi, ma in diversi casi si incontrano i fratelli Koch, magnati dell’industria dei combustibili fossili attivi nella promozione del negazionismo sulla crisi climatica. Un altro burattinaio delle alleanze globali conservatrici è Steve Bannon, ex spin doctor di Trump con il sogno di istituire una scuola di “moderni gladiatori” per formare i leader illiberali di domani. Il sogno di Bannon si è infranto quando il governo italiano ha revocato il permesso di usare un monastero del tredicesimo secolo per l’operazione.

Sempre nel 2019, un’inchiesta dell’Espresso ha ricostruito le reti di finanziamento a quello che, allora, era solo un piccolo partito: Fratelli d’Italia. Tra i benefattori dell’attuale partito al governo compaiono non solo multinazionali del tabacco, ma anche la Heritage Foundation, diventata drammaticamente nota per aver redatto il piano distopico che guiderà Trump nella sua presidenza: il Project 2025.

La narrazione comune: paura, nemici e tanto odio

Italia, Ungheria, Portogallo, Olanda, Germania, Stati Uniti, Svezia, Finlandia sono solo alcuni dei paesi governati dall’estrema destra, ed è difficile immaginare possano avere interessi in comune. Basti pensare alla promessa di Trump di introdurre i dazi alle merci europee, o la storica riluttanza dei paesi nordici ad accettare politiche in favore dei paesi del sud Europa. Eppure, nonostante divergenze in materia di vera politica economica, le destre sono riuscite a fabbricare una narrazione capace di formare un immaginario comune basato sulla paura, sull’odio e sulla rabbia.

Il perno su cui gira tutto è la costruzione di un nemico che vuole invadere l’occidente. Che questo nemico arrivi dall’esterno, nella forma dei migranti, o dall’interno, in quella di nuove ideologie e istanze progressiste, poco importa. Ciò che serve è spostare l’attenzione dal vero responsabile delle diseguaglianze: il sistema economico.

Che il fascismo sia stato il braccio armato della borghesia non è un’idea nuova. Ma oggi, con l’alleanza Musk-Trump diventa sempre più evidente come il capitalismo finanziario attuale abbia bisogno di capi popolo che tengano a bada il malcontento con la soppressione del dissenso e con le spiegazioni alternative.

Un nemico senza nome

Il nazionalismo e l’antielitismo sono solo maschere di facciata. La rete globale che lega insieme questi movimenti è nutrita da capitali transnazionali controllati sempre più in maniera oligarchica. Molti di coloro che soffrono le conseguenze del neoliberalismo non ne riconoscono le radici, complice una carenza di educazione critica e di consapevolezza economica.

Questo vuoto interpretativo si traduce in una mancanza di strumenti cognitivi capaci di identificare il neoliberalismo come fonte di malessere sociale, lasciando spazio a spiegazioni erronee offerte dai movimenti di destra. Il risultato è che a votarli non è solo la piccolissima parte di ricchissimi che non vogliono perdere i propri privilegi, ma anche chi privilegi non ne ha mai avuti e incolpa chi ne ha ancora meno, mentre allo stesso tempo idolatra il miliardario che si appresta a diventare trilionario.

Un sistema economico complesso come il nostro è difficile da identificare come responsabile dei propri problemi. È più facile credere che non troviamo lavoro a causa dei migranti, che non ci siano più i valori di una volta perché gli uomini si sposano tra loro, che le donne ci rifiutano perché non vogliono più fare figli, che i disastri naturali a cui assistiamo non sono colpa nostra ma di chi bombarda le nuvole per far piovere e per farci comprare le macchine elettriche.

Risposte semplici a problemi complessi, leader più simili a personaggi che a persone, una narrazione finanziata da miliardari ma che è riuscita a convincere che le élite globaliste, gli antagonisti, fossero gli altri. Puro genio (del male). E così assistiamo a capovolgimenti clamorosi e revisionismi di ogni sorta. Come Netanyahu che ridimensiona le responsabilità di Hitler nella Shoah, o partiti neo-nazisti che spostano il loro odio dagli ebrei ai musulmani. L’importante tanto è odiare.

Quello che viene da chiedersi è come sia possibile che le sinistre, con la loro vocazione internazionalista, non siano state capaci di creare una rete globale propria, proprio quando la rivoluzione digitale l’avrebbe reso più semplice, per costruire un immaginario alternativo.

Guardare le cose in prospettiva: opposizione e reazione nella Storia

Secondo alcuni studiosi, ci troviamo oggi in una situazione che, con i dovuti distinguo, è molto simile a quella degli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale. La Grande Guerra ha sempre ricevuto meno attenzione rispetto alla seconda, nonostante sia l’evento che ha plasmato gli Stati Uniti d’America nella potenza egemone che abbiamo conosciuto per tutto il secolo successivo.

In quegli anni, l’Europa attraversava cambiamenti sociali ed economici profondi. L’industrializzazione avanzava rapidamente, trasformando la produzione e aumentando la migrazione verso le città. Le disuguaglianze sociali si accentuavano, alimentando malcontento tra le classi lavoratrici sfruttate. Al contempo, l’economia globale era caratterizzata da una crescente competizione tra potenze imperiali e dal capitalismo finanziario, con crisi cicliche che esacerbavano le diseguaglianze. Tutto questo sfociò nel primo conflitto globale e spianò poi la strada ai totalitarismi. Ma non solo. Nacquero i movimenti sindacali e il socialismo trovò il suo spazio come ideologia possibile.

I gruppi progressisti riuscirono a fare rete sin dall’Ottocento, con le varie associazioni transnazionali conosciute come Internazionali. La Prima Internazionale (1864) riuniva lavoratori e anarchici, marxisti, repubblicani mazziniani e socialisti, ma si sciolse nel 1876 per le tensioni ideologiche interne. Nel 1889 la Seconda Internazionale, con partiti socialisti e laburisti, abbracciò il riformismo, dissolvendosi con la guerra. Nel 1919, i bolscevichi fondarono la Terza Internazionale, mirata alla Rivoluzione Mondiale voluta da Lenin. Un’ondata di scioperi e agitazioni attraversò l’Europa e in Italia viene ricordata come “biennio rosso”.

Quello che venne dopo è storia conosciuta ai più: Stalin, Mussolini, Hitler, la guerra, l’egemonia americana, il capitalismo ormai senza freni e senza alternative possibili, la sconfitta e la damnatio memoriae del comunismo rivoluzionario. Tuttavia, i gruppi di sinistra, in un modo o nell’altro, erano riusciti a costruire un immaginario per le classi subalterne che si tradusse, nei decenni successivi, in importanti conquiste sociali.

Poi arrivarono gli anni ’80 e ’90 e le cose si complicarono di nuovo, il capitalismo assunse la forma attuale neoliberalista, Thatcher e Reagan, deregolamentando e privatizzando, convinsero tutti che non c’era alternativa al sistema, e il crollo del Muro sembrò dargli ragione.
A quest’ultima metamorfosi del capitalismo provarono a opporsi altri gruppi, legati tra loro a livello transnazionale. Siamo soliti definirli no-global, ma è una definizione che impedisce di coglierne gli aspetti più profondi e il modo in cui si organizzarono.

Il popolo di Seattle e il World Social Forum riuscirono a organizzare campagne mondiali contro la globalizzazione economica, puntando l’attenzione sulle ingiustizie globali, sullo sfruttamento dei paesi più poveri e dell’ambiente. La repressione, basti pensare al G8 di Genova del 2001, fu durissima. L’attentato alle Torri Gemelle fece il resto.

Questo schematico, e parziale, recap storico vuole cercare di ampliare lo sguardo. Per analizzare i fenomeni che ci sembrano improvvisi bisognerebbe sempre assumere una prospettiva storica e guardare indietro. La storia si ripete, si dice sempre. E di nuovo oggi, quando nuove istanze dal basso sembravano spingere l’occidente a fare i conti con le proprie colpe, a dare spazio a chi era stato escluso dalla Storia, come le donne e le minoranze, una fortissima ondata reazionaria finanziata dal Capitale è arrivata a sommergerle e silenziarle.

Reti di resistenza: una risposta globale e collettiva alle nuove destre

Incolpare le sinistre parlamentari per le proprie negligenze è la spiegazione standard che ha accompagnato l’ascesa delle nuove destre. È una spiegazione di comodo, che permette di ignorare la forza e l’importanza della rete globale che sostiene le destre economicamente, mediaticamente e politicamente. È una spiegazione di comodo che permette al vero nemico delle classi “dimenticate” di nascondersi e puntare il dito sul migrante, sulla donna, sulla persona transgender.

È una spiegazione di comodo anche per chi quella narrazione la rifiuta, ma che ritiene questo capitalismo immanente, impossibile da cambiare, e allora addita l’elettore come ignorante, cadendo anch’esso nella trappola dell’uno contro l’altro mentre il terzo gode.
Quello che si può imparare dalle nuove destre, ma che è sempre stato nel corredo genetico dei progressisti, è l’urgenza di un’organizzazione reticolare che travalichi i confini. In assenza di capitali globali a finanziarla, non può che essere una rete che parte dal basso. Se i problemi sono globali, primo tra tutti la crisi climatica, anche le soluzioni dovrebbero esserlo.

Per chi non si riconosce nella narrazione delle nuove destre questo è un momento buio, in cui sarebbe facile scivolare nel terrore e nel nichilismo. Ma, come la storia insegna, è proprio in questi momenti che deve cominciare la costruzione. Non sarà semplice né immediato, a remare contro ci sono forze che sembrano invincibili, ma dovremo tutti lavorare alla costruzione di un immaginario diverso, che sia in grado di suscitare emozioni opposte a quelle di paura e odio diffuse artificialmente. Il modo in cui va il mondo non è una legge fisica immutabile. È un insieme di scelte. E anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza.

Sara Pierri

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