Il Memorandum d’Intesa che verrà firmato il prossimo 22 marzo tra Italia e Cina è un tema che divide la maggioranza di governo. Al centro della questione c’è soprattutto l’inserimento delle telecomunicazioni nell’accordo, con la Lega che, su pressione degli Stati Uniti (dove è stato recentemente il sottosegretario Giorgetti), ha spinto per una maggior cautela. Ciò che preoccupa gli statunitensi è il crescente protagonismo cinese nel campo della rete 5G e delle nuove tecnologie.
In Italia, dalla fine del 2017, sono partite le sperimentazioni della rete 5G (in cinque località: Milano, L’Aquila, Prato, Matera, Bari) con protagoniste proprio due aziende cinesi leader nel settore, Huawei e Zte. Lo spauracchio agitato dagli Usa è il pericolo che queste aziende – avendo accesso ad una grandissima mole di dati e su input del governo cinese – agiscano come agenzie di spionaggio, mettendo in pericolo la sicurezza nazionale dei Paesi e dei loro alleati. Gli Stati Uniti sono arrivati anche a ventilare alla Germania la possibilità di interrompere le relazioni di intelligence nel caso in cui la collaborazione con Huawei non fosse stata interrotta.
Paesi quali Italia, Germania e Francia non hanno però ritenuto necessario escludere dallo sviluppo della rete 5G l’azienda cinese, come invece hanno fatto ad esempio Australia, Nuova Zelanda e Giappone.
Rete 5G e Intelligenza Artificiale
Alla base delle preoccupazioni nordamericane c’è il ruolo che la Cina sta assumendo nel contesto economico globale e nel campo delle nuove tecnologie. Il principale settore di interesse per lo sviluppo della rete di quinta generazione è quello dell’Intelligenza Artificiale, la cui espansione è correlata al 5G. Questa nuova rete, infatti, permette la trasmissione di grandi quantità di dati (fino a 1000 volte superiore rispetto al 4G) in un tempo brevissimo, consentendo un sensibile miglioramento delle prestazioni nei campi di applicazione dell’Intelligenza Artificiale. Sia che questi riguardino le tecnologie mediche, agricole o le Smart Cities, sia che riguardino le tecnologie militari.
Gli investimenti cinesi nella ricerca e nello sviluppo stanno aumentando ad un ritmo maggiore di quello statunitense: dal 2010 al 2016 sono passati dall’ 1,71% del PIL al 2,1%, mentre gli Usa sono rimasti stabili sul 2,74% (dati Banca Mondiale, 2016).
È quindi in questo settore, che sarà il fulcro dell’economia globale dei prossimi anni, che il gigante asiatico costituisce una minaccia per gli Stati Uniti ed è per questo motivo che questi stanno cercando di limitare il più possibile il ruolo centrale che Huawei sta assumendo nel mondo delle telecomunicazioni.
Equilibri geopolitici
Non è però solo un problema di egemonia economica, ma anche di equilibri geopolitici
Nella proposta del budget militare del Pentagono per il 2020, il governo Trump ha stanziato 718 miliardi di dollari, destinati in larga parte a rispondere alla rapida crescita militare cinese, considerata da Washington come una delle principali minacce alla sicurezza nazionale. Il Segretario della Difesa pro tempore, Patrick Shanahan, appena insediatosi ha ricordato agli ufficiali dell’esercito statunitense un concetto da tenere bene a mente: “Cina, Cina, Cina“.
La contrapposizione Usa-Cina è ormai una realtà su scala globale. Anche in America Latina gli investimenti e i finanziamenti cinesi sono ingenti e rischiano di minacciare la secolare egemonia statunitense nella regione. La Cina è attualmente tra i principali partner commerciali di Cuba, Perù, Cile, Bolivia, Argentina, Uruguay, Paraguay e Brasile, oltre che costituire una sponda contro il blocco finanziario statunitense al governo del Venezuela.
“L’America Latina – ha detto in proposito l’ex Segretario di Stato degli Stati Uniti, Rex Tillerson – non ha bisogno di nuove potenze imperiali che mirano esclusivamente a trarre benefici per la propria gente. Il modello di sviluppo a traino statale della Cina rievoca il passato. Non c’è bisogno che diventi il futuro di questo emisfero.”