Tutti guardiamo con ammirazione alle perfomance degli atleti specializzati negli sport di grande fatica che richiedono uno sforzo fisico prolungato nel tempo, dalle massacranti corse ciclistiche a tappe come il Tour e il Giro a discipline persino più estreme come le ultramaratone e l’Iron man thriathlon (una versione del thriathlon in cui gli atleti invece che sulle classiche misure olimpiche si sottopongono a: 3,86km di nuoto, 180,260 km in bicicletta e 42,195 km di corsa), la domanda che di tanto in tanto si ripropone (così come per altri aspetti dei record sportivi, quanto veloce si può andare, quanto in lungo si può saltare, etc.) è: c’è un limite che non si potrà mai valicare imposto dalla fisiologia umana? Ora, arriva dalla Duke University una risposta per quel che riguarda proprio la resistenza umana ed è affermativa, esisterebbe un limite. La ricerca è stata pubblicata su Science Advances. Gli autori principali dello studio Herman Pontzer, professore associato di antropologia evoluzionistica alla Duke University e John Speakman dell’università di Aberdeeen e dell’Accademia cinese delle scienze, hanno monitorato numerosi atleti nel corso delle più massacranti attività sportive e hanno scoperto che gli umani possono bruciare calorie a un ritmo massimo di 2,5 volte il loro tasso metabolico a riposo, superato tale limite il corpo comincia a cibarsi dei tessuti per compensare il deficit calorico.
La domanda che sorgerebbe spontanea è: ma non basterebbe introdurre più calorie? Come gli atleti già fanno ovviamente rispetto a chi fa vita sedentaria. No, oltre quel limite di tasso metabolico si osservano comunque quegli effetti, Pontzer e Speakman ipotizzano che il limite sia nel nostro intestino, nella sua capacità di distruggere cibo per ricavarne calorie, probabilmente c’è un limite a quante calorie al giorno il nostro intestino può assorbire. Fra gli altri gli autori hanno monitorato i partecipanti a una massacrante competizione che si tiene attraverso gli USA i cui partecipanti corrono sei maratone la settimana per cinque mesi, il risultato osservato è una curva ad L, inizialmente il consumo di energia parte ad un ritmo relativamente alto ma poi si abbassa e si stabilizza sul suddetto 2,5 volte il loro ritmo basale per tutta la durate dell’evento sportivo. Studi precedenti avevano collegato la capacità di resistenza umana alla capacità di mantenere la temperatura corporea bassa ma il nuovo studio dice che c’è un limite legato al nostro intestino.
I ricercatori concludono che sono consci del fatto che essendo basato lo studio sull’osservazione delle performance degli atleti una possibile obiezione è: se non l’ha fatto (eccedere quel limite) nessuno degli atleti da voi osservati non è detto sia umanamente impossibile, infatti concludono che loro hanno trovato la concordanza su quel limite in tutti gli atleti di discipline diverse che avevano in comune solo di essere massacranti gare di resistenza ma lanciano una sfida/appello agli atleti ad essere smentiti, scoprire e monitorare scientificamente qualcuno che ecceda quel limite potrebbe aiutarli a capire se e dove hanno sbagliato.
Roberto Todini