Requiem per un viale di oleandri

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– Di Francesca de Carolis –


Gli alberi sono angeli feriti. Parola del “Filosofo Ignoto”, eco di Guido Ceronetti in una delle sue più belle e doloranti raccolte di versi e pensieri, le “Ballate dell’Angelo Ferito”, appunto. Oggi che l’uomo non vede più gli angeli…

E una strage di angeli mi ha sorpresa ferendomi agli occhi questa mattina mentre mi affaccio sulla breve traversa dietro casa…
E’ vero, era stato annunciato da sinistri stridori di sega, nei giorni scorsi. Tutta una mattina, e poi la mattina seguente ancora. Un lamento da brividi, da perforare il cervello e l’anima. Bloccata in casa dal covid proprio ne ho rimosso da me il pensiero. Ma poi…

La sorpresa, nella grigia luce di questo fine settimana, della strada decapitata della sua folta galleria d’oleandri…
E’ rimasta una teoria di braccia di rami troncati che a guardarli è davvero un pianto. Ah, vedo risparmiati due o tre alberelli che erano stati piantati lo scorso anno, che quelli troppo ingombro ancora non danno…

Certo, si dirà che erano malati, con quei fusti a tratti ritorti nei bozzi di quella sorta di tumore che avvinghia le piante costrette a respirare i malsani umori delle nostre città (ma nessuno si è mai occupato di curarli); certo si dirà che erano pericolosi, con qualche fusto inclinato a inseguire la luce che nella strada s’insinua di sghembo (ma nessuno, negli anni, ha mai pensato di potarli aiutandoli a raddrizzarsi); certo, e questo è sembrato forse davvero intollerabile (!?), troppa resina cadeva dalle piante sulle nostre lustre automobili. Una bella seccatura…

Certo, che volete che importi… un mucchietto di alberi decapitati di una strada secondaria. Alberi che nessuno sa più curare, potature che sono piuttosto capitozzature… Che significa, li avrete visti ovunque, tagli drastici dei tronchi e dei rami primari. Chi qualcosa ne sa da tempo denuncia questo sistema di “potatura”, sbrigativo e drastico, come una delle cause principali delle cattive condizioni in cui versano gli alberi di tante città, i nostri alberi “ornamentali”, che così crescono male, brutti, snaturati e senza difese…
Dimenticando, o volutamente ignorando, chi si occupa del nostro verde, quanto da tempo si sa a proposito della vita delle piante. Della loro architettura, della loro saggezza, della loro intelligenza. Di quanto siano consapevoli, le piante, di ciò che accade in loro e intorno a loro.

Le trattiamo malissimo, eppure quanto avremmo da imparare…
Leggevo proprio in questi giorni un interessantissimo articolo di Riccardo Venturi, o meglio una sua conversazione con Emanuele Coccia, filosofo, autore fra l’altro de “La metafisica della mescolanza”…
Fra le tante cose ci ricorda che le piante sono gli unici esseri viventi “liberi dalla predazione animale”, che per vivere non hanno bisogno di uccidere altri esseri viventi. Le piante piuttosto permettono agli animali di vivere, anche con i loro prodotti di scarto, come l’ossigeno.

“Nelle piante è evidente che la vita è qualcosa che viene sempre da un altro vivente per andare verso un altro vivente… una metafisica della mescolanza che contiene un insegnamento profondo per il nostro modo di stare insieme…”.

E il modello “politico” diventa la foresta, se questa parola viene dal latino foris, “tutto quello che resta una volta che la città si è chiusa su di sé, l’insieme dei viventi esclusi da quella che viene considerata civiltà”. “Mentre la città si costituisce esiliando fuori da sé l’albero e la vita che esso rappresenta”.

E siamo ancora qui, dunque, a esiliare e soffocare la vita…
Guardando questi fantasmi di tronchi smozzicati e nudi di foglie dietro casa, come non sentire il lamento che invade il viale?
Canto, come di requiem, per angeli caduti. Che, nonostante nella caduta feriti, pure rimangono sulla terra. Rimangono, nonostante noi, per aiutarci a comunicare fra noi e non solo, ostinatamente cercando di tessere ponti impossibili fra il “diabolico” e il “simbolico”, per noi che gli angeli non riusciamo più a vederli, né a sentirli.
Certo, torneranno per come potranno le foglie, magari fiorirà, pure, quel che resta degli oleandri… che la vita della natura è più forte della violenza degli uomini…
Rimane oggi la mestizia, sotto il cielo grigio, di questo breve cimitero di tronchi spogli e un addio, per chissà quanto, all’esplosione di fioriture immense, traboccanti di feste di colori che ogni estate riempivano l’aria di gioia…

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