Sopravvissuta all’era del colonialismo e una serie di regimi militari autoritari, la Repubblica Centrafricana sta vivendo una delle crisi umanitarie più ignorate del nostro secolo.
Una vita politica travagliata
Incastonata nell’area di fuoco incrociato tra Sudan e Congo, la Repubblica Centrafricana è un Paese caratterizzato da una biodiversità ricchissima quanto da una grande instabilità politica e da un’economia sull’orlo del collasso. Da molti anni, il Paese è infatti tra i primi 10 posti nella classifica del Fragile State Index stilata dal Fund for Peace: nonostante sia stato registrato un lieve miglioramento, è necessario indagare ciò che nascondono questi dati allarmanti partendo proprio dalle tragiche vicende storiche che la nazione africana ha dovuto attraversare.
Come molti stati africani, anche la CAR ha subito il tragico sfruttamento coloniale da parte della Francia che, oltre a numerosi problemi che permangono ancora oggi, ha anche portato alla lotta per l’indipendenza, raggiunta nel 1960 grazie all’azione del MESAN (Mouvement de l’Evolution Sociale en Afrique Noire). Ben presto però le istanze riformatrici ed emancipatorie vennero spazzate via da un susseguirsi di colpi di Stato e guerre civili: la spietata dittatura del “Napoleone d’Africa” Jean-Bédel Bokassa che si é autoproclamato imperatore, gli scontri tra fazioni politiche, etniche e religiose differenti e le sanguinose lotte dei ribelli contro il potere del generale François Bozizé.
Lo spettro della Wagner
Ad aggravare ulteriormente la situazione in cui versa la Repubblica Centrafricana è la presenza della Wagner, l’organizzazione paramilitare russa di Yevgeny Prigozhin. I mercenari della Wagner, con la complicità dell’attuale presidente centrafricano Faustin-Archange Touadéra, dal 2018 si occupano di addestrare i militari della CAR, di controllare i siti minerari e di assicurare la sicurezza personale del Presidente. A ciò si aggiungono gli interessi economici nel business di oro e diamanti e il coinvolgimento nella lobby delle armi.
Durante tutta la loro presenza nel territorio della Repubblica Centrafricana, gli uomini della Wagner (che ora opera con il nome di “Africa Corps”) si sono macchiati di reiterate violazioni dei diritti umani, come abusi sessuali nei confronti delle donne, uccisioni di giornalisti che avevano criticato il loro operato e massacri di civili all’interno delle miniere.
L’attività della Wagner – che resta di fatto impunita – si qualifica dunque come come una vera e propria forma di neo-colonialismo da parte della Russia, la quale utilizza arbitrariamente la società militare privata per portare avanti i suoi disegni geopolitici sfruttando un Paese già fortemente destabilizzato.
L’assenza di garanzie costituzionali
Il quadro storico-politico appena descritto sembra allontanarsi fortemente dall’idea federalista e anticoloniale su cui si basava inizialmente la Repubblica Centrafricana e ciò ha avuto ovviamente delle ripercussioni disastrose sullo sviluppo dei diritti umani nel Paese. I report di molte organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno segnalato numerose violazioni, tra cui: pratica della FGM, tortura, condizioni detentive disumane, lavoro minorile forzato e la mancanza di un giusto processo.
Ad oggi, il Paese ha uno dei tassi più alti di insicurezza alimentare, con il 40% dei bambini che soffre di malnutrizione e 2/3 della popolazione senza accesso all’acqua potabile. A causa di questa situazione ai limiti della carestia unita alla spaventosa precarietà dei governi, circa 6 milioni di centrafricani sono attualmente profughi nelle nazioni circostanti e circa l’80% della popolazione vive sotto la soglia di povertà.
Il Presidente Touadéra non ha però dato segnali di volersi allontanare dalle azioni violente dei suoi predecessori né di preoccuparsi dei diritti umani nel Paese e lo scorso anno è riuscito a far approvare un referendum farsa volto a modificare la Costituzione con l’intento di prolungare nuovamente il suo mandato.
Tra silenzio e mancanza di accountability
Per molti anni la comunità internazionale non solo ha trascurato la situazione della Repubblica Centrafricana ma ha anche deliberatamente peggiorato la crisi del Paese: come per Cuba, nel 2013 l’ONU aveva istituito l’embargo sulle armi nei confronti della CAR, colpendo però di fatto la popolazione civile che é stata lasciata sola in balia di conflitti e abusi.
Qualche mese fa l’embargo é stato sollevato ma la comunità internazionale non si é ancora attivata a dovere contro i soprusi da parte della Wagner così come le operazioni ONU di peacekeeping non hanno dato vita a risultati consistenti.
Negli ultimi anni, la Repubblica Centrafricana ha investito molto sulle relazioni bilaterali con Paesi come la Cina o il Pakistan per risollevare la propria economia ma questo potrebbe non essere abbastanza.
Perché gli Stati falliscono?
Alla luce di quanto qui descritto, la Repubblica Centrafricana sembra rientrare a pieno nella nozione di “Stato fallito” coniata da Madeleine Albright e misurata appunto dal Fragile State Index. Uno Stato fallisce quando non riesce a espletare le sue funzioni in materia di sicurezza, legittimità politica, stabilità economica e welfare: si tratta di situazioni di impossibilità di adempiere ai compiti di natura istituzionale e di fornire servizi pubblici adeguati.
In particolare, il governo di Bangui ha performato molto male per quanto riguarda il monopolio dell’uso della forza, come dimostrano gli alti tassi di violenza non legittimata, l’enorme numero di fazioni differenti e la forte pressione demografica.
D’altra parte, negli ultimi anni é diventato sempre più difficile distinguere uno Stato fallito da uno debole o sull’orlo del collasso e le vicende altamente mutevoli della CAR lo dimostrano.
Gli scenari futuri
I dati attualmente a disposizione sembrano indicare un’accumulazione di trend negativi che potrebbe di fatto svuotare il Paese della sua popolazione.
L’intervento della Wagner – a cui si sommano le ambizioni cinesi nella regione – non sembra volersi arrestare così come la volontà di Touadéra di restare alla guida del Paese, facendo aumentare il rischio di un’escalation tra gli svariati gruppi politici in ostilità tra di loro.
L’aiuto umanitario si presenta nella Repubblica Centrafricana come un’attività di mero tipo emergenziale (e liberale) che non é in grado di risolvere i numerosi problemi del Paese. Forse, solo un ritorno all’idea originaria di “Federazione Africana” fortemente voluta da Barthélemy Boganda e improntata su un reale processo di decolonizzazione, sarebbe in grado di ripristinare lo stato di diritto nella Repubblica Centrafricana.
Fino a quando la comunità internazionale non affronterà le radici profonde e diversificate di questa grave crisi e farà i conti con l’accountability del proprio operato, la Repubblica Centrafricana diventerà giorno dopo giorno sempre più simile a uno “Stato fantasma”.
Sara Coico