La repressione transnazionale di dissidenti e attivisti del governo thailandese

repressione transnazionale della Thailandia

Dal colpo di stato militare del 2014 in Thailandia, i rifugiati e i richiedenti asilo nel paese sono stati sempre più spesso vittime di sorveglianza, violenze, rapimenti, sparizioni forzate e rimpatri coatti a causa del governo thailandese. Contestualmente, le autorità hanno intrapreso azioni di repressione transnazionale contro attivisti thailandesi esiliati nel Sud-Est asiatico.

Le violenze ai danni dei dissidenti stranieri

Un tempo rifugio sicuro per esiliati dai paesi vicini e attivisti, a seguito del colpo di Stato militare del 2014, la Thailandia è ormai diventata un luogo pericoloso per coloro che fuggono dalle persecuzioni. Un numero crescente di dissidenti e attivisti in esilio è stato infatti oggetto di intimidazioni, molestie e violenze fisiche.

Tra questi, i membri dell’opposizione cambogiana e gli attivisti rappresentano un numero significativo dei casi documentati da Human Rights Watch.  Queste pratiche sono state facilitate dalla stretta relazione tra l’ex Primo Ministro Gen. Prayut Chan-ocha e le autorità thailandesi con il precedente governo di Hun Sen in Cambogia. In un caso, un dissidente cambogiano fuggito in Thailandia nel luglio 2022 ha iniziato a ricevere lettere da funzionari cambogiani che lo esortavano a disertare dal principale partito di opposizione cambogiano. Dopo aver ricevuto queste lettere per mesi, uomini non identificati lo hanno aggredito nell’agosto 2023: “non mi hanno detto nulla, sono semplicemente usciti e hanno iniziato a picchiarmi”, ha raccontato il dissidente.



Anche dissidenti vietnamiti sono stati rintracciati e rapiti, così come sostenitori della democrazia laotiani sono stati fatti sparire con la forza o uccisi, e un’influencer malaysiana per i diritti LGBT è stata presa di mira per il rimpatrio. Le autorità thailandesi hanno allo stesso modo detenuto e deportato illegalmente dissidenti e rifugiati cinesi, apparentemente su richiesta di Pechino. In sintesi, oltre a perpetuare aggressioni, rapimenti, sparizioni forzate e altri abusi,  le autorità thailandesi hanno ripetutamente violato il principio di non-refoulement, che proibisce il ritorno di chiunque in un luogo dove affronterebbe un reale rischio di persecuzione, tortura o una minaccia alla propria vita.

Gli accordi swap mart e la repressione transnazionale

I governi del Sud-Est asiatico sono stati a lungo sospettati di impegnarsi in accordi di scambio reciproco sui rifugiati e i richiedenti asilo, colloquialmente noti come accordi di swap mart. Sospetti confermati da Elaine Pearson, direttrice per l’Asia di Human Rights Watch, cha osservato come “le autorità thailandesi sono sempre più impegnate in un ‘swap mart’ con i governi vicini per scambiare illegalmente i dissidenti l’uno dell’altro”.

Questi accordi sono diventati sempre più frequenti da 10 anni a questa parte. Sotto il governo militare del Consiglio Nazionale per la Pace e l’Ordine che è salito al potere e il governo post-2019 si è registrato un evidente aumento della repressione diretta contro i cittadini stranieri che cercavano protezione come rifugiati in Thailandia, nonché contro i cittadini thailandesi che vivevano in esilio nei vicini paesi del Sud-Est asiatico: diversi attivisti thailandesi sono stati uccisi o fatti sparire in Cambogia, Laos e Vietnam. I corpi mutilati di due di loro sono stati rinvenuti nel fiume Mekong.

Gli accordi di swap mart rientrano nelle pratiche di repressione transnazionale portate avanti in Thailandia, che sono state estensivamente documentate da Human Rights Watch tra il 2014 e il 2023.

L’espressione ‘repressione transnazionale’ descrive gli sforzi dei governi o dei loro agenti di silenziare o scoraggiare il dissenso perpetuando violazioni dei diritti umani contro i propri cittadini al di fuori della loro giurisdizione territoriale. Questi abusi includono sorveglianza, molestie, violenza, rapimenti, sparizioni forzate, rimpatri forzati, nonché intimidazioni ai danni dei membri della famiglia del target.

Risulta evidente come la Thailandia stia affrontando un vertiginoso tracollo democratico. Questa spirale discendente di violazioni del diritto internazionale e domestico segue un percorso costellato dalla morte di attivisti politici. Ogni attacco, ogni sparizione, ogni corpo ritrovato senza vita non è solo una tragedia individuale, ma una ferita profonda alla dignità e alla speranza di chi crede in un futuro più giusto.

 

Elena Miscischia

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