Le Residenze per il ricovero di autori di reato incapaci di intendere e di volere sono piene, e le liste d’attesa si allungano. Ma, se da una parte il governo propone di aumentare i posti, dall’altra gli esperti avvertono: “Rischio di un ritorno alla logica manicomiale”
Le Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) sono strutture residenziali per l’accoglienza di autori di reato ritenuti mentalmente infermi o seminfermi, nonché socialmente pericolosi.
Sono state introdotte nel 2014, con lo scopo di superare il modello manicomiale degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG). Le Residenze, infatti, sono ad esclusiva gestione sanitaria, e hanno come obiettivo quello di recuperare, riabilitare e reintrodurre in società gli individui ricoverati.
Secondo i programmi regionali approvati dal Ministero della Salute, i posti disponibili hanno attualmente un tetto massimo di 771, distribuiti in 30 strutture sul suolo nazionale. Tuttavia, secondo il Garante nazionale per i diritti dei detenuti, alla fine del 2023 erano ben 675 le persone in lista d’attesa per il ricovero.
Da qui, la volontà del governo di aumentare i posti disponibili.
Ma, se l’istituzione delle Rems a numero chiuso era stata pensata proprio per favorire la disposizione di percorsi alternativi al ricovero; l’ampliamento del tetto massimo ci avvicina pericolosamente a un ritorno al sistema degli ospedali psichiatrici.
Le Rems e il superamento legale e culturale del “manicomio”
Prima che fossero istituite le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, i detenuti mentalmente infermi venivano internati negli OPG, Ospedali Psichiatrici Giudiziari. I quali, prima del 1975, erano conosciuti come manicomi giudiziari.
L’internamento, nella maggior parte dei casi, si traduceva in un “ergastolo bianco“, ossia un ricovero senza fine.
Il passaggio, nel 2015, alle Rems è stato pensato principalmente per evitare queste condanne, passando da un’ottica prettamente punitiva a una riabilitativa e incentrata sulla cura della malattia.
A sancire questo passaggio sono principalmente due aspetti che caratterizzano le Residenze: l’assunzione di personale qualificato e la progettazione di percorsi terapeutici e riabilitativi.
Inoltre, come specificato nella legge 81/2014, la presa in carico nelle Rems è riservata a una specifica tipologia di paziente, ossia quello giudicato “socialmente pericoloso“.
La legge n. 81/2014 prevede che dette strutture esplichino funzioni terapeutico riabilitative e socio riabilitative a favore di persone affette da disturbi mentali, autrici di reato e che la magistratura ha stabilito essere socialmente pericolose, dietro parere espresso da un perito psichiatra
In tutti gli altri casi, “Il giudice dispone nei confronti dell’infermo e del seminfermo di mente l’applicazione di una misura di sicurezza, anche in via provvisoria, diversa dal ricovero“.
Infine, sempre secondo la legge del 2014, l’individuo ricoverato deve essere dimesso nel momento in cui non risulta più socialmente pericoloso. Elemento fondamentale anche in un’ottica di superamento culturale dello stigma, perché si consideri il mentalmente infermo non più come pericoloso, ma come destinatario di cure mediche.
[…] le persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose devono essere senza indugio dimesse e prese in carico, sul territorio, dai Dipartimenti di salute mentale
Il passaggio effettivo, però, come ha osservato il professore associato dell’Università di Torino, Michele Miravalle è molto lento e “a macchia di leopardo“.
Sulle 30 strutture presenti in Italia, sono poche quelle che hanno assunto un approccio che supera l’internamento.
Il punto centrale è l’approccio che si ha alla residenzialità psichiatrica, perché dipende da come viene implementata, può aprirsi al territorio oppure no.
Semplificando, dipende dalla domanda da cui si parte: dove lo metto oppure che cosa faccio. Se la richiesta è ‘datemi delle mura’ è chiaro che ci si avvicina all’OPG
Numero chiuso nelle Rems, gli esperti: “Un baluardo da difendere”
La legge prevede che le Residenze abbiano un tetto massimo di posti disponibili, a differenza dei precedenti OPG.
Questa, secondo Antonio Esposito, ricercatore indipendente con numerose pubblicazioni sul tema della detenzione e della salute mentale, è la vera e propria rivoluzione portata dalle Rems.
La legge prevede che il ricovero avvenga solo laddove il servizio sanitario territoriale non ha alternative possibili di presa in carico del paziente.
Questa è la vera ‘rivoluzione’ di quella legge: la privazione della libertà è l’extrema ratio
Per questo motivo, come sottolinea il professor Miravalle, la prospettiva di ampliare il numero di posti disponibili è pericolosa.
Questo all’inizio era un aspetto molto criticato ma è un baluardo da difendere, perché il ritorno agli Ospedali psichiatrici giudiziari, se decade il numero chiuso, è a un passo
Difatti, il problema delle liste d’attesa – che ha raggiunto il Consiglio d’Europa durante l’estate 2024 – secondo gli osservatori, non dipende da una spaventosa crescita di rei mentalmente infermi e socialmente pericolosi. Bensì, da alcune carenze della legge, ossia la permanenza e l’abuso del sistema a “doppio binario” (un percorso giudiziario speciale, differente da quello degli altri cittadini), la mancanza di standard nazionali e di gerarchie d’ingresso.
A spiegarlo è lo psichiatra Giuseppe Nese.
C’è una forbice molto ampia tra chi ha una misura formalmente consona per entrare Rems e chi poi effettivamente deve farlo.
Se prendo in esame la lista d’attesa di Campania, Emilia-Romagna e Piemonte al 20 maggio 2024 su un totale di 160 persone formalmente in lista, il 26% non potrebbe in concreto entrare in una Rems anche se fosse disponibile il posto, il 42% è già assistito adeguatamente all’esterno e solamente le restanti 52 persone avrebbero bisogno di un inserimento. C’è una bella differenza tra 160 e 52.Per questo motivo la lista va qualificata secondo criteri chiari, anche valutando le necessità di assistenza, esattamente come quando al Pronto soccorso chi ha un raffreddore passa per ultimo e chi ha un infarto per primo
Il problema è stato osservato anche da Michele Miravalle, che sottolinea come nelle Rems vengano spesso ricoverati individui che non ne avrebbero bisogno, ma che risultano difficili da inserire in un carcere.
C’è una quota crescente di persone ristrette che non hanno una grave patologia psichiatrica ma che essenzialmente hanno un disturbo antisociale di personalità e sono scomode da tenere in carcere.
Il rischio è di trasformare quelle strutture in una sorta di discarica sociale di persone che hanno vulnerabilità tra lo psichiatrico e il sociale
Rems e rei psichiatrici: “C’è ancora molta strada da fare”
La questione dei ricoveri nelle Rems è un problema che necessita di essere risolto.
Uno dei punti principali da trattare, come ha spiegato lo psichiatra Nese, è quello economico.
C’è un problema di costi per venti persone si spendono circa tre milioni di euro l’anno e per i 200 posti in più di cui spesso si parla almeno 60/70 milioni l’anno che possono essere investiti più efficacemente sui servizi territoriali. Sono più dei soldi che lo Stato ha investito per potenziare i Dipartimenti di salute mentale. Bisognerebbe investire su quello, per garantire una presa in carico più adeguata ai pazienti. Aumentare la capienza è solo un diversivo, erroneo ma soprattutto inefficace per risolvere i veri problemi
Un aspetto, quello economico, che è intrecciato a quello culturale, come ha evidenziato il ricercatore Esposito.
C’è una psichiatria che fa dei passi indietro e non investe su quell’aspetto, in parte per mancanza di fondi ma anche per un arretramento culturale. Sempre di più il ‘chiudere’ le persone viene visto come soluzione positiva
Di conseguenza, come pubblicato da State of Mind – primo giornale italiano su psicologia, psicoterapia, psichiatria e neuroscienze – il percorso è ancora molto lungo.
Il vero superamento da un’ottica primitiva prettamente punitiva del reo ad una considerazione dello stesso come soggetto da assistere e riabilitare tramite la pena è un percorso piuttosto lungo e difficile. Non lo abbiamo ancora raggiunto e c’è ancora molta strada da fare.
L’interesse a trovare un filo conduttore multidisciplinare esiste, e si alimenta tramite la formazione continua, gli aggiornamenti, i congressi che favoriscano confronti multiprofessionali […]
Un aspetto da coltivare è il coinvolgimento della popolazione stessa, incrementandone la cultura con la speranza di una diminuzione dello stigma e con conseguente accettazione di un sistema carcerario più leggero per una determinata tipologia di criminale.Permane il dubbio se interessi maggiormente la sorte dell’imputato o la gravità del reato commesso secondariamente ad una patologia psichiatrica