Relazioni e robot: I’m your man, una riflessione d’autore

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In questi giorni, nelle sale dei Cinema che si occupano di pellicole l’autore, possiamo trovare I’m your man, che affronta il tema delle relazioni tra esseri umani e robot umanoidi.
Il film, presentato in anteprima al 71° Festival Internazionale del Cinema di Berlino nel marzo 2021, è di Maria Schrader, irriverente regista della serie Netflix di successo, Unorthodox, che parla della vita di una giovane, ribelle al cappio della vita da ebrea ortodossa.

Relazioni e robot: un’umana deve decidere sulla vita di un umanoide

I due protagonisti sono Alma, un’antropologa da poco rimasta single, dopo una lunga relazione con un collega, adesso impegnato con un’altra donna, e Tom, un robot umanoide costruito secondo i desideri, analizzati da migliaia di test, di Alma.
Essendo Alma l’unica dipendente single, viene incaricata di vivere tre settimane con Tom, e di produrre una relazione finale: da essa dipenderà il destino di Tom (potrebbe essere “disabilitato”) e quello dei Robot umanoidi, che potrebbero ottenere “diritti parziali” umani.




L’inconsapevole discriminazione nel relazionarsi alla diversità

Relazioni e robot: quando la normalità si relaziona alla differenza

Come molte pellicole che trattano di Robotica, il film è uno spunto per parlare del tema dei diritti alle minoranze. In una scena, una “robo-psicologa” sottopone la coppia ad una seduta per capire come sta andando al convivenza, e rimprovera Alma di trattare Tom “come una macchina”, ignorando i suoi sentimenti.
La scena può risultare comica, a tratti paradossale, ma è qualcosa che coinvolge molte coppie “miste” dove una delle due persone appartiene ad una minoranza discriminata e l’altra agisce dimenticando la sensibilità necessaria quando ci relaziona a qualcuno che appartiene ad una realtà diversa.
In un certo senso, pone una riflessione sul come ci si relaziona quando si è detentori di un privilegio a propria insaputa.

Altre pellicole che hanno da insegnare sulle relazioni e il rapporto con la differenza

Un’altra pellicola, sempre europea (nel caso specifico, italiana), “Tutta colpa di Freud”, mostra una coppia formata da una persona udente ed una non udente. Cosciente della sua incapacità di relazionarsi ad un partner non udente, il personaggio si confida col padre, che dà un unico consiglio: “non trattarlo da disabile, ma non dimenticare mai che lo è”, frase che fa riflettere sul delicato funambolismo che riguarda chi si avventura in una relazione in cui deve imparare a conoscere una diversità e rispettarla, trattando il partner da pari, ma, allo stesso tempo, mettendolo a proprio agio relativamente alla sua differenza.

Dai robot umanoidi ad altre diversità, che sono valori

Accade anche nelle relazioni in cui una delle due persone è di etnia non caucasica, professa una religione minoritaria, è bisessuale, o ha un’identità di genere non conforme.
Parlare di robot umanoidi è quindi un modo di parlare di tutte le diversità che non siamo in grado di accogliere con l’atteggiamento corretto, semplicemente perché non abbiamo (ancora) gli strumenti.
In Alma non c’è cattiveria, come non c’è in tante persone che commettono continue gaffe, ferendo inconsapevolmente delle persone portatrici di una differenza, che è un valore.
Allo stesso modo, anche noi, che magari ci riteniamo “equipaggiati” all’inclusione, e che magari siamo noi stessi, in prima persona, portatori di una diversità rispetto al “mainstream”, potremmo non essere attrezzati per accogliere altre differenze.

I robot come osservatori di un’umanità malata e imperfetta

Un altro tema importante riguarda le relazioni ideali.
Alma ha paura di questa “intesa perfetta”: vuole allontanarla da sé, la considera sbagliata e diseducativa. Definisce le sue conversazioni con Tom come un monologo, non riconoscendogli una coscienza, ma, quando lo allontana, osserva le relazioni tra “umani”, tra portatori delle cosiddette “reazioni umane”, impulsive, passionali, contraddittorie, e si interroga se in quel considerare “sbagliata” una relazione con una persona “ideale”, con un essere umano “2.0” non ci sia, in realtà, un desiderio nichilista.

Interessante anche il momento in cui Tom, in un bar, osserva degli “idioti” che ridono per delle registrazioni amatoriali dove alcune persone si sono fatte male: gli “epic fail”, in Italia portati da trasmissioni “nazionalpopolari” come Paperissima.
Nell’osservare il mondo con gli occhi di Tom, vediamo quanto “umani” non sia solo un complimento, ma anche un aggettivo che descrive inutile cattiveria, superficialità e stupidità.

Il sessismo denunciato dalla robotica, e il problema delle relazioni ìmpari

Relazioni e robot: incel e donne oggetto

Sempre legato al tema delle relazioni ideali è il momento in cui Alma incontra un altro “beta tester”, un signore di mezza età che potremmo definire “incel” (celibe involontario): un uomo eterosessuale impacciato, di aspetto non gradevole, che ha passato senza una compagna tanti anni, prima di scoprirsi felice, e trattato con gentilezza, da una robot dalle sembianze di una donna dell’est Europa.
La metafora della donna robot è stata usata spesso, nella narrativa legata alla fantascienza e alla robotica, per denunciare il “colonialismo sessuale” che riguarda uomini bianchi, benestanti, anziani, e poco attraenti, che “ripiegano” su donne originarie del Sud del mondo (o dell’Est), magari molto più giovani, perché non hanno “mercato” tra le connazionali.

Felicità vs contatto con la realtà: qual è il giusto equilibrio?

Questi uomini, “drogati” dal feedback che ricevono da queste donne, devote e che non mostrano alcuna resistenza al sessismo, perdono il contatto con la realtà e con come vengono percepiti all’esterno, dal resto del mondo.
Eppure, quell’uomo, con la sua compagna robot, è “finalmente felice” dopo mezzo secolo di vita frustrante.
E’ difficile prendere una posizione definitiva, ed infatti il film stesso ha un finale aperto.

La robotica e le riflessioni che ci stimola

Pellicole come questa, ma anche autori come Asimov e Dick, che utilizzano la fantascienza per scuotere il lettore e incoraggiarlo a fare profonde riflessioni etiche, spingono chi ha la passione per il genere a riflettere, tramite mondi futuristici e distopie, sulla società vigente, ed acquisire, tramite la trasfigurazione proposta, nuove prospettive su situazioni che vivono o hanno già vissuto.


Nath Irriverender Bonnì

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