Regime totalitario e immagine: come la manipolazione visuale alimenta il potere

Qual’è il rapporto tra regime totalitario e immagine? Ecco come la manipolazione visuale viene sfruttata ancora oggi

Icone e idoli sono elementi culturali attribuiti tipicamente alle comunità primitive. L’attribuzione di potere sovrumano ad un’immagine o un manufatto è una pratica che in antichità ha accomunato molte popolazioni dislocate sul globo. Le popolazioni indoeuropee, germaniche, asiatiche e di oltreoceano hanno per lungo tempo attribuito valore divino ad oggetti di uso comune, e questa tendenza emerge in modo particolare quando il loro utilizzo si collega ai rituali legati alla fertilità. Queste pratiche propiziatorie permettono la comunicazione tra l’umano e il divino tramite l’immagine, che diviene dunque simbolo e oggetto di fede.

Anche il regime totalitario affonda le sue radici in tempi remoti. Il termine “tiranno” ha infatti origine nella Grecia classica, e designa colui che dopo aver raggiunto il potere lo esercita in maniera egemonica. L’idea di regime totalitario ha assunto per molti una connotazione prettamente negativa in tempi moderni, ma in passato la tirannide non era sempre associata ad un governo dispotico, anche se l’abuso di potere era frequente.

Oggi sembra essere pensiero comune che le pratiche rituali legate alle immagini siano scomparse del tutto, o comunque rimaste relegate a piccole comunità abitanti di luoghi remoti e incontaminati. Diversamente, la tirannia è ancora presente in maniera evidente in molti paesi del mondo. Gli ultimi episodi di dittatura nei paesi europei sono recenti, e nonostante la piaga sia stata debellata la consapevolezza per evitare situazioni del genere non sembra essere mai abbastanza. Lo spettro del regime totalitario continua ad aleggiare non come una minaccia imminente, ma come un qualcosa che esiste e che può accadere.

Ma come il riconoscimento di potere in un’immagine si collega all’instaurarsi del regime totalitario? La risposta potrebbe forse trovarsi in un elemento comune sia alle dittature che ai culti agricoli: l’attribuzione arbitraria di potere all’immagine, la deificazione di un oggetto di uso comune – o di un individuo qualsiasi che sappia sfruttare la propria immagine per governare, manipolando la percezione altrui.
Riflettere su elementi tipici del regime totalitario potrebbe far emergere lo stretto legame esistente la germinazione di una tirannia e lo sfruttamento dell’immagine a tali scopi.

Soprattutto quando incontra il terreno fertile della paura e del malessere, la riscrittura della realtà tramite la manipolazione demagogica dell’immagine diviene incredibilmente facile. La coscienza debole, esausta, è anche malleabile e incline alla fede, propensa all’abbandono acritico di sé stessa e all’assunzione di verità arbitrariamente stabilite come principi univoci e validi – soprattutto se diffusi tramite violenza e repressione.

Troviamo un esempio emblematico di manipolazione dell’immagine nell’ascesa del partito nazista. Nel ventennio che precedette il secondo conflitto mondiale, la propaganda capillare fu uno degli elementi decisivi che che contribuirono all’affermazione del regime totalitario in una Germania devastata dalla crisi economica.

Hitler era stato un pittore in giovane età e, anche se da artista non aveva riscosso molto successo, era senza dubbio cosciente dell’importanza dell’immagine per trasmettere in maniera effettiva la sua ideologia e renderla appetibile alle masse. Non a caso i numerosi manifesti nazisti sono di impressionante livello artistico: il messaggio controverso e opinabile che veicolano è raffigurato in maniera chiara ed esplicita come la cosa giusta da fare, ed è così che effettivamente apparve agli occhi dei seguaci del regime nazista.

Incentivi a temere e discriminare ebrei raffigurati con volti deformi; giovani ragazze che felici nelle loro uniformi invogliano i loro coetanei a partecipare alle attività per i giovani; ragazzi giovani raffigurati come eroi in poster che promuovono l’arruolamento in esercito dei minorenni. Come abbiamo detto, messaggi tutt’altro che edificanti ma ben veicolati, in un clima propizio alla divulgazione di ideali che rendevano la discriminazione e l’immolazione per la patria una realtà quotidiana.

Nonostante sembri esserci una sorta di primitivismo nella manipolazione e deificazione dell’immagine, è interessante come questa pratica sia sopravvissuta evolvendosi, e quanto ancora riesca effettivamente nei suoi intenti.

Possiamo trovarne esempi quotidiani non direttamente legati ai regimi totalitari anche nella pubblicità, nella moda, e in molti altri elementi della cultura contemporanea che sono i cosiddetti “idoli moderni”. Non è un caso che il fenomeno rivoluzionario degli ultimi decenni sia la nascita e la diffusione dei social network, piattaforme digitali all’insegna della condivisione di idee e soprattutto di immagini.

E allora sembrano anche inevitabili le misure recentemente adottate dal regime nord coreano sulla limitazione dell’uso dei social. Il paese in questione è l’esempio emblematico di dittatura riuscita, che si perdura ormai da tre generazioni principalmente grazie all’ambiente ermetico che ha edificato attorno ai propri confini. Il controllo sulla moda e sull’abbigliamento è un altro tipo di manipolazione dell’immagine che si ritrova nel regime totalitario dei Kim. Sono stati resi noti suggerimenti da parte dello stato su tipi di taglio di capelli “consoni”, come anche divieti sull’uso di abbigliamento di marchi esteri.
In questo caso è l’immagine dell’individuo – imprescindibile dalla sua identità – ad essere manipolata sulla base di come il regime vorrebbe che il singolo si percepisse per poter essere parte di una collettività che rispecchi gli ideali del dittatore.

La manipolazione dell’immagine serve spesso a costruire l’identità del dittatore in quanto essere legittimato nelle sue azioni da potenze sovrumane. Per fare ciò, la censura e la riscrittura di eventi storici o della propria vita, è utile al fine di guadagnare totale consenso da parte del popolo. Kim Jong-il istituì, sulle orme di suo padre, un vero e proprio culto della propria personalità. Nelle scuole i bambini venivano istruiti alla deificazione del regnante attraverso storie sulla sua origine divina e sui suoi poteri, che si dice potessero cambiare le condizioni metereologiche.

Immaginiamo il pensiero individuale come una successione di immagini soggettiva e personale. Cosa succede quando c’è una forza esterna che propone immagini volte a modificare la percezione della realtà del singolo?

“Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo?”
George Orwell

 

Ginevra Patacchini

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