La nuda cronaca : nell’ambito della discussione nazionale in merito al referendum costituzionale del 4 dicembre, un comitato di studenti per il No della Sapienza di Roma si è vista negare un’aula per ospitare una propria iniziativa pubblica.
Il comitato è quello di Link, gruppo di studenti di sinistra radicale.
Gli studenti avevano chiesto un’aula della facoltà di Giurisprudenza, ma il preside il prof. Paolo Ridola non ha concesso l’utilizzo dello spazio perché il convegno avrebbe ospitato solo opinioni a favore del No al referendum.
In questo modo, secondo il preside, verrebbe violata la par condicio fra le due posizioni in campo (ma non esiste nessun regolamento ufficiale per una par condicio in merito alle iniziative studentesche, e avrebbe dovuto essere discusso e varato in seno agli organi collegiali misti di studenti e professori).
Dalle proposte alle proteste
La reazione è stata prevedibile: proteste, polemiche, e una assemblea “pirata” nell’atrio della Facoltà che si terrà domani – tutti seduti a terra in circolo come ai bei tempi degli indiani metropolitani, come a i bei tempi delle assemblee studentesche di ogni epoca.
Dal mio punto di vista, l’unico risultato raggiunto dal Preside in questo caso è stato quello di ostacolare ulteriormente la funzionalità della vita di facoltà – perché comunque non sono gli atri degli edifici, ad essere preposti ad ospitare assemblee e dibattiti.
Si dirà : come si può attribuire al Preside la responsabilità dell’occupazione di uno spazio non adatto da parte di un gruppo di studenti?
Ma il ruolo di un Preside dovrebbe essere proprio quello di dialogare con tutte le sensibilità presenti nella comunità universitaria – sennò proprio del Preside stesso si potrebbe fare a meno.
E’ degli studenti che non si può fare a meno (le prime Università vennero fondate da “consorzi” di studenti che si associavano per pagare dei bravi professori).
D’altro canto, non si poteva nemmeno pensare che gli studenti del comitato per il No al referendum soggiacessero al ricatto messo in opera dal preside – che si fa forte di criteri di mero carattere formalistico e legalistico.
Perché legalità e legittimità devono comunque andare di pari passo, sennò sono guai.
Si parva licet questa faccenduola ricorda quella del Giuramento della Pallacorda – coi rivoluzionari francesi costretti a riunirsi su un campo da tennis perché il Re aveva fatto chiudere gli spazi dell’Assemblea col pretesto di lavori in corso.
Avrebbero mai potuto arrendersi di fronte a simili furbizie di bassa caratura?
Ma chi può dirsi sopra le parti?
Infatti, il Preside Ridola ha aderito ad un Comitato per il Sì al referendum, e perciò il suo comportamento risulta inevitabilmente sospetto di partigianeria – proprio nel momento in cui invoca imparzialità e libertà di confronto!
Strumentalizzare la democrazia, per mettere in atto decisioni che sono oggettivamente poco democratiche, è brutta cosa.
Credo che la censura sia sempre brutta in qualsiasi forma, salvo casi estremi : e che sia meglio in ogni caso proporre in positivo iniziative che controbilancino le opinioni che si ritiene di contestare, piuttosto che mettere a tacere queste ultime.
Col solo risultato di dar ad esse il risalto che merita ogni opinione ” perseguitata”.
E’ strano che un preside di facoltà e docente universitario a tutt’oggi non abbia ancora compreso questi elementari principi di governo.
Perché poi, naturalmente, non pochi studenti di Legge di Roma fanno presente che nel campo studentesco il numero delle iniziative è nettamente sbilanciato per il No al referendum – per cui gli strali del Comitato di Link sono perlomeno esagerati e strumentali a loro volta.
Ma è normale che gli studenti, i giovani, siano più propensi ad opporsi a iniziative di stampo governativo – come è oggettivamente la riforma costituzionale su cui siamo chiamati ad esprimerci nel prossimo referendum.
Il referendum : specchio della crisi della democrazia
Ma dicevamo di legalità e legittimità : è questo il vero tema del Referendum, perché è il problema di fondo del nostro periodo storico.
La ragione per cui la democrazia è in crisi.
Il sentimento e il dilemma che pervade la nostra società, quotidianamente.
Quel “plebiscito quotidiano” che consiste nella democrazia – secondo la classica formula di Renan – oggi avrebbe un esito dubbio.
Il dissidio fra legalità e legittimità – e invece la necessità che esse si accordino per il buon funzionamento della politica e della vita collettiva – questo tema ha caratterizzato molte pagine di una, molto controversa, autorità nel campo della filosofia politica come quella di Carl Schmitt.
Un politologo così radicale e perspicace, che sebbene abbia sostenuto il regime nazista oggi rappresenta un punto di riferimento per il pensiero di sinistra più profondo e critico (per es. Giorgio Agamben in “Crisi della legittimità e ipertrofia della legalità” o Piero Ignazi in ” Forza senza legittimità”).
Insomma : andare a cercare in marchingegni legalistici e procedurali la soluzione ai problemi di legittimità politica – come è nell’intento dei promotori della riforma costituzionale e del Sì al referendum – è un grave errore.
E’ un errore analogo, ma su scala molto più grande, di quello di un Preside che per paura di chi ha opinione contrarie alle sue, e per incapacità di organizzare iniziative di segno contrario ma di analoga efficacia, decide di impedire qualsiasi dibattito o quasi.
Come ho avuto modo di argomentare, in una circostanza esattamente contraria (il caso degli studenti che fecero irruzione nell’aula delle lezioni del prof. Panebianco e gli impedirono di parlare http://www.ultimavoce.it/6513-2/) le opinioni che si ritengono errate si contrastano con gli strumenti della democrazia.
Le idee si combattono con le idee, e le parole con le parole.
La democrazia, come spiega nei suoi classici studi Vernant, è l’agorà : cioè è il pubblico e libero confronto fra idee diverse.
Se si chiude la bocca anche solo a una persona, è la democrazia stessa ad essere in pericolo.
Si spera che le iniziative maldestre di un Preside non rispecchino le astute strategie di un blocco politico nazionale, come quello che sostiene il Sì.
Ma è lecito semplicemente sperare ?