«Sono lombardo e voto lombardo». Lo sostiene il presidente Roberto Maroni a margine del decreto con cui viene indetto per il 22 ottobre il referendum per l’autonomia della Lombardia. In un giorno simbolico, quello della festa regionale, arriva la conferma della decisione presa nel mese di aprile di comune accordo con Roberto Zaia: le due regioni andranno al voto insieme.
La proposta
Si tratterà di un referendum consultivo, i cui esiti, in ogni caso, non saranno vincolanti. Sostanzialmente sarebbe la prima fase di un processo che, in caso di successo della proposta, porterà all’avanzamento di una richiesta formale allo Stato al fine di ricevere maggiore autonomia. In ogni caso l’ultima parola spetterà allo Stato stesso, ma sicuramente andrà tenuto conto della volontà popolare.
Questo sarà il contenuto del quesito posto agli elettori:
«Volete voi che la Regione Lombardia, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma della Costituzione?».
Propaganda o opportunità?
Del doppio referendum per l’autonomia se ne parlava da tempo, ora i tempi sono maturi. Maroni ha voluto precisare l’importanza del voto, sia dal punto di vista simbolico («il coronamento di tante battaglie, si realizza un sogno»), sia dal punto di vista sostanziale, dato che si potrebbe arrivare ad un punto di svolta per quanto riguarda la gestione delle risorse «che ci servono per fare tutte le cose che dobbiamo fare», come sostiene il presidente lombardo. Nei fatti, andrà verificato se ad un eventuale sì dei cittadini corrisponderà una rapida apertura dell’iter per l’autonomia.
Dopo la firma del decreto, il Carroccio si aspettava il supporto di altre parti politiche, ma ha dovuto sostenere le critiche da parte del Pd e del M5S. A sfavore del referendum si è espresso, fra gli altri, anche il Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, dato che, a suo dire, la proposta sarebbe poco più che uno strumento propagandistico: «se la Lombardia avesse voluto fare un lavoro serio per il federalismo lo avrebbe fatto senza spendere 50 milioni e senza perdere tempo. Non lo ha fatto e guarda caso lo scopre adesso, a qualche mese dal voto».
Questa visione è condivisa da diversi osservatori, secondo i quali la consultazione verrebbe effettuata allo scopo di verificare il consenso rispetto all’operato dei governi leghisti in carica, mentre gli effetti concreti dovrebbero essere limitati. In quest’ottica va segnalato che entro un anno si dovrebbero tenere le elezioni regionali in entrambe le regioni ed anche per questo le tempistiche sarebbero abbastanza sospette.
Election Day 2.0?
Come sottolinea il Fatto Quotidiano, la data scelta potrebbe procurare un ingorgo istituzionale non da poco, a causa della potenziale prossimità del referendum con il voto alle politiche nazionali. Ingorgo che potrebbe essere ulteriormente affollato dalla possibile anticipazione delle regionali nel caso in cui si andasse a votare per le politiche prima della naturale scadenza del mandato. A tal proposito, Maroni ha aperto ad un possibile “Election Day” 2.0, sulla scia di quanto avvenuto nel 2013, quando si verificò l’accoppiata Politiche-Regionali nella stessa data. In questo caso, sarebbe la seconda volta consecutiva in cui le legislature non completerebbero il proprio ciclo completo.