La popolazione elvetica rifiuta la proposta di abolizione dei pesticidi e la legge sulle emissioni di CO2. Questi i risultati dello storico referendum in Svizzera.
Il 13 giugno i cittadini hanno votato ben cinque referendum in Svizzera, esprimendosi su tematiche calde e molto attuali. Rifiutate le proposte di mettere al bando i pesticidi e concedere sussidi alle aziende agricole che non ne avrebbero fatto uso. Una scelta probabilmente spinta dalla consapevolezza di contribuire al fallimento di numerosi lavoratori. Bocciata anche la proposta di legge sulle emissioni di CO2, sebbene delle norme più severe sarebbero state fondamentali per rispettare gli accordi di Parigi.
Invece, via libera alle nuove misure di polizia per la lotta al terrorismo, le quali incentivano gli interventi preventivi delle forze dell’ordine. In ultimo, i cittadini si sono espressi favorevoli ai provvedimenti straordinari del Governo, adottati per fronteggiare la pandemia di Covid-19.
Pesticidi in agricoltura, la voce del popolo
Tra i favorevoli alla messa al bando c’era il Comitato anti-pesticidi che, composto da un team di scienziati, legali e agricoltori, sosteneva di non aver visto la Svizzera particolarmente impegnata nella riduzione dell’uso di sostanze chimiche. Tuttavia, la proposta è stata bocciata dal 60,68% dei cittadini, che si sono dichiarati non propensi all’idea di imporre un divieto nazionale sui pesticidi sintetici entro dieci anni. Non trova il favore del popolo nemmeno il divieto di importare dall’estero derrate alimentari chimicamente trattate.
Le posizioni del Governo
Le due iniziative, pubblicizzate rispettivamente con i nomi “Per acqua potabile pulita e cibo sano” e “Per una Svizzera senza pesticidi sintetici”, erano appoggiate solo dalla sinistra e da una piccola parte del centro. Infatti, il Governo e la maggioranza del Parlamento avevano manifestato la loro opposizione, sottolineando come già esistano severe limitazioni.
La questione delle emissioni di CO2
Secondo i dati, in Svizzera gli effetti dei cambiamento climatici sono maggiori. Ad esempio, l’aumento delle temperature è due volte più veloce rispetto al resto del mondo e tra le principali cause c’è l’anidride carbonica. Anche da queste evidenze aveva preso forma la proposta di legge sulle restrizioni alle emissioni di CO2. Di fatto, la nuova normativa comportava un rafforzamento di quella già vigente, con il fine di riuscire a rispettare gli obiettivi prefissati nell’Accordo di Parigi sul clima.
Governo vs popolo
Contrariamente all’opinione pubblica, il Governo e Parlamento erano a sostegno della Legge federale, la quale prevedeva anche degli aggravi fiscali sulla base del principio “chi inquina paga”. Tuttavia, il popolo svizzero ha espresso comunque la sua contrarietà alla legge, sebbene non sia contrario all’intenzione di rafforzare i provvedimenti contro il cambiamento climatico. Infatti, come dichiarato dal Ministro dell’ambiente, “il no di oggi non è un no alla tutela del clima, è un no alla legge su cui abbiamo votato”.
La pandemia nel referendum in Svizzera
Il 25 settembre 2020 il Governo federale votò la Legge nazionale Covid-19, con la quale aveva acquisito poteri straordinari per prendere provvedimenti straordinari contro l’emergenza sanitaria. L’obiettivo principale era stato cercare di mitigare l’impatto socio-economico della pandemia sulla popolazione, tramite il versamento di diversi miliardi a titolo di indennità. Tuttavia, se da un lato l’esecutivo federale la considerava “necessaria per fare fronte alla crisi più grave dalla Seconda Guerra mondiale”, dall’altro, il comitato referendario aveva criticato l’aver preso tale decisione senza consultare i cittadini.
Si è giunti quindi al referendum in Svizzera, durante il quale gli Elvetici hanno espresso parere favorevole con il 60,2% dei voti. La legge in questione non comprende provvedimenti in merito alla campagna vaccinale.
Ma la Svizzera si è schierata veramente contro l’ambiente?
Paese da sempre considerato un modello per la sensibilità di tutti i cittadini alle problematiche ambientali e la partecipazione attiva del Governo alla tutela degli ecosistemi, oggi, con questi risultati, sembra rispecchiare un’immagine molto diversa.
Per quanto concerne l’utilizzo di pesticidi, la Svizzera si colloca a metà della classifica dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), che conta complessivamente 37 paesi. Più precisamente, secondo la FAO l’uso di pesticidi nel territorio è di 4,9 chilogrammi/ettaro, un valore non così distante da quello di nazioni come la Francia (4,5 kg/ha) e il Regno Unito (3,2kg/ha). Inoltre, negli ultimi anni si è osservata anche una riduzione maggiore dei consumi di pesticidi rispetto a quanto registrato in altri paesi (Eurostat, 2019).
Qualità e quantità a confronto
Sebbene la quantità sia un dato importante e da non sottovalutare, anche la qualità riveste un ruolo determinante nelle scelte gestionali. Ad esempio, in Svizzera si è verificato un calo del 63% della vendita di glifosato, un composto chimico piuttosto controverso, sul quale l’EFSA, l’OMS e la FAO hanno sollecitato da tempo misure di cautela.
Attenzione al Bromadiolone (C30H23BrO4 )
Tra i primi cinque pesticidi più venduti in Svizzera spiccano lo zolfo (fungicida) e l’olio di paraffina (insetticida), che sono tra i pochi consentiti anche nell’agricoltura biologica e rappresentano il 40% del totale delle sostanze utilizzate sul territorio. Dal confronto della classifica di pericolosità dell’OMS con le 360 sostanze ammesse nel Paese, solo una è risultata particolarmente pericolosa: l’agente attivo bromadiolone. Quest’ultimo è venduto in Svizzera con il nome commerciale Arvicolon 200 CT ed è usato per avvelenare i topi (rodenticida).
Il problema dell’importazione
Il referendum in Svizzera sembra non aver posto l’attenzione su un dato. Il 60% dei prodotti vegetali arriva dall’estero ed è quindi soggetto alle normative del paese di provenienza, nel quale spesso si usano sostanze pericolose. Secondo un’indagine dell’Ong Public Eye, più del 10% degli alimenti contiene sostanze chimiche vietate nel paese elvetico. Quindi, alla luce di queste evidenze, il problema principale per la salute dei cittadini potrebbe venire dall’esterno. In particolare, le derrate alimentari con percentuali maggiori di pesticidi arrivano dai paesi asiatici, soprattutto Thailandia, Vietnam e India.
Un assurdo inaccettabile
In tutta questa storia, indubbiamente complessa da gestire e controllare, emerge un aspetto ancora poco conosciuto. Una verità che fa riflettere, in quanto figlia di ragionamenti che potremmo trovare interessanti nel teatro dell’assurdo, ma non nella governance di un paese. Infatti, tra i pesticidi vietati e più frequentemente rilevati nei campioni di controllo ci sono sostanze commercializzate proprio da colossi svizzeri che poi le esportano all’estero. Tuttavia, ironia della sorte, molte di queste sostanze nocive tornano in Svizzera e nel modo più pericoloso possibile: nel cibo.
“Se un Paese vieta l’uso di pesticidi perché ritenuti troppo pericolosi, non dovrebbe consentire alle sue aziende di esportarli, né dovrebbe accettare l’importazione di alimenti prodotti con queste sostanze”.
Questo doppio standard, che probabilmente ha dei vantaggi economici notevoli per continuare a esistere, ha quindi il suo rovescio della medaglia. Assurdo. Inizialmente comico e successivamente umoristico, nel senso pirandelliano del termine.
Perché dietro una simile situazione, che inizialmente può far tanto ridere, si nasconde una riflessione amara e profonda, capace di esaltare il ridicolo delle cose con estrema e disarmante semplicità.
Carolina Salomoni