Manca una settimana. Non sto parlando del derby capitolino tra Roma e Lazio, se non ve ne fosse accorti fra soli 7 giorni il popolo italiano sarà chiamato al voto. Bisognerà scegliere tra il si e il no nel referendum costituzionale. L’esito del voto sancirà se la riforma Renzi-Boschi possa essere attuata. La domanda che vi viene fatta è « Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016? ». C’è una cosa che mi suona male “riduzione dei costi”. A me sembra come chiedere ad una volpe se gli piace il pollo, ma sicuramente sono io. Questo referendum è stato paragonato a quello tra repubblica e monarchia, l’unica cosa che mi sembra simile è la corona che una certa persona non disdegnerebbe. Ma a parte abbaiare uno contro l’altro realmente cosa stiamo andando a votare?
In primo luogo andiamo a diminuire il numero dei senatori che passerebbero da 365 a 100 e il loro potere viene notevolmente limitato, togliendo per esempio la possibilità di dare fiducia o sfiducia al governo. I rappresentanti del senato verranno eletti non più dai cittadini ma bensì 5 dal presidente della repubblica e gli altri dai vari consigli regionali. 21 saranno sindaci e 74 consiglieri regionali. Queste eliminerebbe le diatribe tra Stato e Regioni, ma il problema è che queste elezioni non sembrano per nulla trasparenti.
Un altro punto è la revisione del Titolo V. Il Titolo V disciplina il riparto tra Stato e Regioni, è già stato modificato nel 2011 ma è stato fatto in modo poco chiaro. Chi deve fare le leggi è la prima cosa non chiara e per questo la Corte costituzionale si è fatta carico di molti contenziosi tra Stato e Regioni. Con questa revisione si cerca di fare chiarezza abolendo definitivamente le provincie, il Cnel ( Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) e viene fatto ordine su chi deve decidere su un determinato tema tra Stato e Regione.
Il punto più infuocato come sempre sono i soldi. Con questa riforma si fa credere che ci siano risparmi elevatissimi visto che i senatori percepiscono solo lo stipendio da consiglieri. Ma questi consiglieri che diventando anche senatori hanno il diritto al rimborso spese che i governati non menzionano mai. I rimborsi posso essere anche superiori dello stipendio stesso. Quindi si risparmia un pochino ma non così tanto come ci vogliono far credere. Il risparmio potrebbe essere maggiore con una diminuzione degli stipendi dei parlamentari che potrebbe essere approvato con una semplice legge.
Il tempo è un altro dei fattori predominanti. Ora per approvare una legge questa legge deve fare avanti e indietro tra le camera e senato fiche tutte e due non approvino la stessa legge non cambiando neanche una virgola. Questa navetta viene abolita dalla riforma, visto che il senato non avrebbe più voce in capitolo su molti temi. Il problema dell’allungamento dei tempi è dovuta al fatto che la legge non vuole essere fatta perché essendoci la pluralità dei pensieri il dibattito si allunga. Questo significa che si vorrà tagliare anche i pensieri contrastanti nel prossimo futuro?
E alla fine si arriva al famoso combinato disposto. Questo significa che se la riforma viene attuata e viene confermata una legge elettorale come l’Italicum coloro che andranno al governo se la canteranno e se la suoneranno come vorranno. Questo credo che non sia molto positivo. Almeno adesso sappiamo cosa andiamo a votare. Ognuno è libero di pensare ciò che vuole ma l’importante è non dare ascolto alle menzogne di colui che ha passato più tempo in Rai di quanto ne abbia passato Pippo Baudo, non mi fate dire il nome avete capito.
Claudio D’Adamo