La netta posizione anticostituzionale di Carles Puidgemont, l’atteggiamento intransigente del Presidente del Governo Mariano Rajoy o una terza, sicuramente meno drastica, più lenta e dall’incerta efficacia, opzione, quella diplomatica, per scongiurare l’ormai annosa questione del referendum, che vede contrapposti il Governo centrale di Spagna e la comunità autonoma della Catalogna?
Le domande, i dubbi, le incertezze così come le certezze, queste ultime solo per alcuni, si susseguono ma la risposte continuano ad essere più di una, considerando la posizione, arroccata, assunta dalle parti.
Il popolo catalano, nel frattempo, continua a manifestare dando voce alla propria azione di protesta, accentuatasi lo scorso mercoledì, quando, la Guardia Civile, è intervenuta detenendo ben 14 persone, tra cui alcuni esponenti dello stesso Governo catalano, coinvolte nella logistica finalizzata al buon esito della consulta.
Le parti sembrano così aver assunto un atteggiamento ancor più antagonista abbandonando, per adesso, la strada del dialogo. Tale spaccatura provoca una sensazione di disagio e per certi versi di paura, che, apertamente dichiarata, dilaga a livello nazionale, in vista della ormai imminente data nella quale si dovrebbe svolgere il referendum.
Il resto della Spagna, dunque, si trova ad assistere quasi incredula all’acutizzarsi di una situazione che, da una parte provoca sconcerto per l’atteggiamento estremista delle istituzioni catalane, mentre dall’altra lascia spazio agli inevitabili dubbi sulla gestione del tema da parte delle istituzioni centrali.
Il Governo infatti, forte dell’applicazione dell’art 155 della Costituzione spagnola, sta assumendo tutta una serie di provvedimenti atti ad ostacolare il regolare funzionamento della Catalogna. Tra questi quello con cui il ministro dell’economia e delle finanze spagnolo, Cristóbal Montoro, ha stabilito che la Catalogna, da ora in poi, non potrà più disporre liberamente del suo badget annuale. Ciò significa che qualsiasi spesa sostenuta dalla Regione dovrà prima essere approvata dal Governo centrale.
Non solo il Governo sta attuando indirettamente contro Carles Puidgemont al fine di esautorarlo, ma lo sta facendo anche direttamente minacciando “El President” di incorrere nei delitti di disobbedienza, malversazione e prevaricazione con il conseguente rischio di essere condannato e detenuto, in base a quanto stabilito dal Codice Penale spagnolo.
Anche la polizia catalana, los Mossos de Escuadra, sono stati allertati con il fine di operare secondo le direttive del Governo centrale.
Apparentemente impassibile all’azione di accerchiamento, Carles Puidgemont, fermo nel dar attuazione alla consulta del 1 Ottobre, sta cercando “alleati” fuori dalla Catalogna e chiaramente fuori dalla Spagna. I paesi Europei chiamati in causa hanno sonoramente chiuso le porte a tale richiesta d’aiuto. Ciò non è però valso a demoralizzare Puidgemont ed il suo Esecutivo che procurano redigere ed inviare, settimanalmente, ai suddetti paesi, un rapporto, con il quale denunciano l’interpretazione, secondo loro alquanto limitata, che il Governo Spagnolo starebbe facendo della Costituzione.
A dar maggior risalto al già piuttosto complicato quadro è giunta notizia di come anche il Vaticano possa pesare nella consulta referendaria. Sembra infatti cha alcuni sacerdoti catalani si siano espressi in favore del referendum, provocando la rezione del governo spagnolo che ha lamentato la violazione del codice di diritto Canonico nonché dello spirito su cui si fondano gli accordi tra Spagna e Santa Sede sottoscritti nel 1979.
La confusione descritta lascia interdetti e soprattutto inquieti ad appena soli sei giorni dall’inizio delle consultazioni referendarie. Infatti, di fronte all’incognita del 1 di ottobre, l’unica certezza è quella di una Spagna nuovamente trascinata nel vortice delle dicotomie delle proprie regioni autonome.
Turi Ambrogio