Reddito e Covid 19: la crisi che ne consegue pone un dilemma globale. Dobbiamo creare le condizioni per creare lavoro o ci orientiamo verso schemi sul modello del reddito di cittadinanza e di disoccupazione sociale?
Il rischio della crisi indotta dalla pandemia potrebbe portare a crisi sociali ingovernabili causate dalla mancanza o perdita di lavoro e quindi di reddito.
Il lavoro si crea con l’attività economica esercitata dalle imprese attraverso gli investimenti e con interventi coordinati dallo stato. Negli Stati Uniti dopo la crisi del 1929, il governo federale promosse un programma di lavori infrastrutturali (Tennessee Valley Authority) che diede lavoro a milioni di persone. In India, negli anni Sessanta, a seguito di una gravissima siccità, il governo dello stato del Maharashtra creò un programma dove si offriva un salario giornaliero a tutti i lavoratori su base volontaria. Uno schema tuttora in funzione a disposizione di chi cerca o non ha un lavoro.
Quando la Germania si riunificò nel 1990, vennero iniettati nel sistema 1.500 miliardi di odierni Euro. Una parte importante di quegli aiuti furono usati per sostenere il reddito dei cittadini della Germania dell’Est che videro trasformare i loro risparmi in marchi tedeschi al tasso di 1 à 1. L’Unione Europea per uscire dal COVID-19 si è impegnata ad attuare delle misure che mobiliteranno in totale circa 3 000 miliardi di Euro da qui al 2027.
In questo periodo emergenziale moltissimi Paesi hanno attuato misure di sostegno al reddito (helicopter money ). Il dilemma si pone nel momento in cui termina l’emergenza e inizia la ricostruzione. La risposta europea è centrata sulla ripresa dell’attività economica, più che al sostegno del reddito per sé. Molti stati europei stanno attuando programmi ambiziosi che promuovono l’economia circolare (green economy) e l’economia digitale.
Un’economia quindi altamente sostenibile che non lascia indietro nessuno
Il programma europeo è una grande occasione per l’Italia non solo per liberarsi dalla trappola del debito ma anche per ridare forza all’ idea che il lavoro sia alla base della ricostruzione della sua economia e quindi di un vivere sociale improntato alla prosperità e alla pace sociale.
La proposta per un reddito permanente di cittadinanza è motivata da aspirazioni legittime che si ispirano alla tradizione solidaristica della nostra società. Si inserisce nella discussione sulle disuguaglianze crescenti e al contraddittorio infinito tra chi vuole crescere e chi pensa a distribuire. Anche su questo la proposta europea prova a dare una risposta credibile, improntata al principio di redistribuzione, dove i paesi più ricchi accettano un trasferimento di risorse ai paesi in difficoltà. Queste misure saranno finanziate attraverso il bilancio dell’UE senza fare ricorso a trasferimenti diretti dai paesi membri ma raccogliendo i fondi sul mercato. La discussione è iniziata, ma l’accordo tra i paesi membri dell’Unione non è scontato.
Un punto di non ritorno
Il dilemma è reale e la soluzione che si proporrà, più sussidio o più lavoro, dirà molto sulla direzione che l’Italia e l’Europa prenderanno nel periodo post-COVID 19. Un fattore che potrebbe dimostrarsi fondamentale nel far ripartire su basi nuove e concrete iniziative l‘idea di un Europa federata necessaria a preservare il modello sociale di mercato che ci contraddistingue. Soprattutto a garanzia delle libertà fondamentali di cui godiamo.
Omar Conzato