A Ravenna, un avvocato è entrato in aula con un fascicolo con su scritto, a caratteri cubitali, la parola “negro“. Questo l’appellativo con cui intendeva identificare un imputato nigeriano.
L’episodio di razzismo in tribunale è avvenuto durante l’udienza preliminare per lesioni personali. La cartella in questione era stata poggiata su una delle sedie del corridoio del palazzo di giustizia. In molti l’hanno notata e hanno documentato l’accaduto scattando delle foto. L’ex giudice del lavoro, ora consigliere della Cassazione, Roberto Riverso ha denunciato il caso di razzismo in tribunale sui social. Riverso ha pubblicato la foto del fascicolo, accompagnata da una riflessione sull’accaduto:
L’avvocato si presenta oggi in udienza davanti al giudice per le udienze preliminari e al pubblico ministero del Tribunale di Ravenna ed esibisce un fascicolo sul quale identifica la propria controparte (l’imputato di colore) non con le sue generalità ma chiamandola negro. E qui devo sospirare profondamente. Perché le parole vengono meno. Non è la commissione di un crimine o di un illecito disciplinare che vengono in mente; ma la confessione dell’estraneità di questo soggetto alla civiltà del diritto. Una barbarie. Che denuncia una regressione a uno stadio pregiuridico. Commessa da uno che si definisce avvocato. Una cosa inimmaginabile. Fino a oggi.
Razzismo in tribunale: indignazione e clamore sui social
Il post dell’ex giudice del lavoro è diventato subito virale. In molti hanno espresso il loro sdegno e la loro solidarietà all’imputato. Altri hanno sperato si trattasse di un malinteso. È stato ipotizzato, infatti, che Negro potesse essere un cognome, e non un becero epiteto razzista. Riverso, però, ha spiegato di aver oscurato i nomi delle parti per evitare clamori. L’appellativo, infatti, compare sul bordo del fascicolo. In copertina, invece, i nomi appaiono cancellati. L’ex giudice ha aggiunto di aver già segnalato l’episodio di razzismo in tribunale all’ordine degli avvocati.
Laura Bellucci