L’Italia. Paese d’arte, letteratura, poesia, teatro, grandi imprese. Immensi nomi italiani sono scolpiti negli annali della storia dell’umanità, ma il popolo nostrano, sembra classificare come orgogli italici solo coloro il cui tono di pelle non sfiora neanche una tonalità più scura del bianco o del rosato.
È recentissimo l’ultimo evento di razzismo in Italia, e il nome della vittima in questione appartiene a una donna che di situazioni come queste sulla sua pelle tanto discriminata ne ha subiti molti, ovvero Paola Egonu.
Classe 1998, nata a Cittadella, comune nella provincia di Padova, la 23enne è una delle migliori pallavoliste del nostro tempo. Forte, scattante, vincente, un orgoglio per lo sport in questione, e per il nostro paese.
Ma Paola, italiana doc, a molti non sembra appartenere al paese tricolore per un semplice motivo: è nera.
E a testimoniarci ciò, sono gli ennesimi commenti in merito dopo la partita valida per la finale mondiale tra Italia e Brasile, vinta poi dagli ultimi.
Tanti sui social durante e nel post partita, si sono scatenati con insulti razziali nei confronti della giocatrice, accusandola di non essere italiana, con termini spregevoli che si spera un giorno possano non essere più usati, alimentando fino ad ora il mostro del razzismo in Italia.
All’ennesimo commento Paola non ce l’ha più fatta. Dopo la partita si è lasciata andare in un pianto a bordo campo, sfogandosi sui continui commenti riguardo la sua etnia, i quali le hanno addirittura fatto prendere la scelta di concedersi una pausa dalle partite con la nazionale, per disintossicarsi da situazioni analoghe.
Questo testimonia quanto il mostro del razzismo in Italia faccia di un sol boccone talenti come Paola, la quale dovrebbe essere vista come un motivo di orgoglio per un paese intero, il quale invece continua a catalogare come italiani solo bianchi dai lineamenti “classici”, lanciando odio in ogni dove.
Ma il caso di Paola non è l’unico ad alimentare il tragico fenomeno del razzismo in Italia correlato a personaggi pubblici e alle loro imprese.
Mahmood, orgoglio musicale, ma non italiano
Correva l’anno 2019 quando Mahmood, nato a Milano da padre egiziano, trionfava a Sanremo, il festival della canzone italiana per antonomasia.
Ma purtroppo, per molti, di italiano vi era solo la canzone vista l’enorme quantità di commenti relativi alla discendenza del cantante lombardo, tutti carichi di pregiudizio e testimoni del crescente razzismo in Italia.
Tutti premevano sulla sua nazionalità, altri si spingevano oltre criticando anche il suo orientamento sessuale, con messaggi meritevoli di una laurea ad honorem in ignoranza e bigottismo.
Commenti testuali sono ad esempio:
“se avessimo chiuso i porti, questo non avrebbe cantato a Sanremo”
oppure:
“Se il padre e egiziano per mè e egiziano anche se nato in Italia non centra dove nasci ma da chi nasci”
e no, le “e” non sono private dell’accento, e la grammatica non è errata, per una svista.
Sono solo le ennesime testimonianze dell’arretratezza non solo mentale, ma anche culturale e grammaticale di cui sono intrisi questi omuncoli da due soldi.
Il suo caso, come gli altri, ci insegna che non importa il dove tu sia nato, non importa che tutto il mondo osanni te e il tuo paese incidendo un’ulteriore pagina importante nella sua storia. Ciò che conta è che tu sia bianco, e che non abbia origini straniere, poi tutto il resto passa in secondo piano.
Ma i casi di razzismo in Italia si spingono anche al di fuori delle carriere agonistiche e musicali, spostandosi anche su un’ulteriore territorio fresco, dinamico, ma intriso di pregiudizi e odio: il mondo degli influencer.
Khaby Lame, tra il successo e l’ignoranza della gente
Khaby Lame è un 23enne senegalese naturalizzato italiano, trasferitosi con la sua famiglia da Dakar a Chivasso quando aveva solo un anno.
Il ragazzo è conosciuto per essere attualmente l’utente più seguito sulla piattaforma TikTok, vantando circa 150 milioni di follower, un record quindi tutto italiano.
Ma purtroppo anche lui, come i due citati precedentemente, condivide con sé il fardello di essere nero, tra un popolo intriso di pregiudizi, e tra episodi di razzismo in Italia sempre più dilaganti e opprimenti.
Inoltre Khaby ha dovuto lottare anche per l’ottenimento della cittadinanza italiana, avuta solo quest’anno dopo 21 anni di residenza in Italia.
È vergognoso pensare a quanto qualcuno debba aspettare per vedersi riconosciuti dei diritti da un paese che il tempo stesso indica come suo, a differenza di uno stato bigotto ed etnocentrico.
Inoltre, se Khaby Lame non fosse stato famoso, probabilmente tutt’ora non avrebbe ancora quella desiderata cittadinanza che gli sarebbe aspettata anni prima, unendosi al coro di voci mai ascoltate, che desiderano solo poter essere viste come italiani, godendo di tutto ciò che il paese è disposto ad offrire.
Ma questo posto è così. Finché sei uno qualunque, puoi anche annegare tra le onde impetuose del razzismo in Italia, ma quando l’onda che cavalchi è quella del successo, ecco che il nostro bel paese si fa avanti concedendoti tutto (tranne che i diritti da parte di un pubblico discriminante, come abbiamo visto prima), vedendoti però solo come un miserabile oggetto su cui lucrare.
Conclusioni
Viviamo in un paese dove un italiano su tre è favorevole a discriminare uno straniero, dove i casi di razzismo in Italia raggiungono cifre esorbitanti ogni giorno che passa.
Gente che vive quotidianamente tra insulti, minacce, percosse, e talvolta, con la visione del proprio assassino come ultima scena prima della chiusura del sipario di una vita nata nel corpo giusto, ma nel posto sbagliato.
L’Italia è un paese in cui non importa quanto alto è l’onore che porti ad esso, il colore della tua pelle sarà sempre ciò che determinerà la tua vita e la tua appartenenza al tricolore.
Bambini desiderosi di giocare con altri bambini, cacciati per dei semplici geni. La consapevolezza che cresce tra l’ignoranza. La spugna gettata dopo aver pensato che infondo è inutile sognare di diventare il miglior calciatore italiano, tanto per tutti sarai solo nero.
La vita che termina lì, senza un preavviso, senza un perché, solo per un colore, un’etnia, una cultura diversa.
Ma è ora che il bel paese inizi a cambiare rotta, e diventi non solo patria di geni passati, monumenti meravigliosi e ottimo cibo, ma che diventi anche una casa per chi sogna di essere accettato, una culla per i diritti di tutti, una zona riconosciuta per la tolleranza, l’amore verso il prossimo, e il cui motivo di vanto sia l’unione e non un tipo di pasta, perché tutto ciò per cui l’Italia è riconosciuta, così come tutto ciò per cui il mondo è riconosciuto, non varrà mai quanto un singolo diritto, di una singola persona sulla Terra